Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20476 del 05/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20476 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CECCHIN DANIELA N. IL 17/11/1956
avverso l’ordinanza n. 975/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
FIRENZE, del 11/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di sorveglianza di Firenze, con ordinanza in data 11.03.2014, ha
rigettato il reclamo proposto da Cecchin Daniela avverso il provvedimento con
cui il magistrato di sorveglianza in sede aveva rigettato l’istanza di integrazione a
75 giorni della liberazione anticipata concessa per ciascun semestre di pena
espiata, formulata ai sensi dell’art. 4 del D.L. n. 146 del 2013 con riguardo al
periodo 14.11.2009-14.05.2013, sul presupposto che la Cecchin, condannata in
espiazione pena per il reato di omicidio aggravato, non aveva dato prova, pur in

recupero sociale mediante comportamenti rivelatori del positivo evolversi della
sua personalità; il Tribunale rilevava che l’accoglimento del reclamo era precluso,
oltre che – nel merito – dal concreto atteggiamento tenuto dalla Cecchin durante
la detenzione, dalla sopravvenienza della legge di conversione n. 10 del 2014,
che aveva escluso dal novero dei beneficiari della liberazione anticipata speciale i
soggetti condannati per taluno dei reati ostativi previsti dall’art. 4-bis ord.pen..
2. Ricorre per cassazione Cecchin Daniela, a mezzo del difensore, deducendo due
motivi di censura, coi quali lamenta:
– violazione di legge in relazione al principio del tempus regit actum, dovendo
l’istanza della ricorrente essere valutata alla stregua della normativa vigente al
momento della sua presentazione;
– manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, a fronte
della riconosciuta regolarità del percorso intramurario della ricorrente, alla quale
non era addebitabile l’assenza di spazi di libertà utili a consentire
l’apprezzamento di ulteriori elementi rivelatori di un concreto recupero sociale,
motivazione che si poneva altresì in contrasto con l’avvenuta concessione,
invece, del beneficio per il semestre 14.05.2013-14.11.2013.
3. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto
del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato, per l’assorbente ragione,
correttamente valorizzata dall’ordinanza impugnata, che la legge n. 10 del 2014,
in sede di conversione del D.L. n. 146 del 2013, ha soppresso la norma
originariamente contenuta nel 4° comma dell’art. 4 del decreto d’urgenza – che
riconosceva anche ai condannati per taluno dei reati ostativi previsti dall’art. 4
bis ord.pen. (nei quali rientra il delitto di cui all’art. 575 cod. pen. oggetto della
condanna per la quale la ricorrente sta espiando la pena) la possibilità di fruire
dell’ampliamento a 75 giorni a semestre della detrazione di pena conseguente al
riconoscimento del beneficio della liberazione anticipata, alla condizione che essi
avessero dato prova nel periodo di detenzione di un concreto recupero sociale
1

(f)

presenza di un percorso intramurario sostanzialmente regolare, di un concreto

desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità escludendo in via assoluta tale categoria di condannati dal novero dei beneficiari
dell’ampliamento della misura premiale.
La norma preclusiva in via assoluta del beneficio, sopravvenuta al momento della
decisione, deve trovare immediata applicazione – proprio in virtù della regola
tempus regit actum invocata dalla ricorrente – nei procedimenti di sorveglianza
in corso, a prescindere dal momento di presentazione dell’istanza di liberazione
anticipata da parte del condannato, in applicazione del principio di diritto,

30/05/2006, Aloi (Rv. 233976), secondo cui le disposizioni concernenti
l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non
riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena, ma soltanto le
modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali,
e pertanto (in assenza, come nella fattispecie, di una specifica disciplina
transitoria) non soggiacciono alla disciplina della successione delle norme penali
nel tempo dettata dall’art. 2 cod. pen. e dall’art. 25 Cost..
Va inoltre rilevato che le disposizioni di un decreto legge non convertito perdono
efficacia sin dall’inizio (art. 77 comma 3 Cost.), e dunque non possono spiegare
alcun effetto ultrattivo con riguardo ai comportamenti e alle situazioni, ancora
sub iudice, ai quali la norma non recepita dalla legge di conversione collegava
l’aspettativa di un effetto favorevole (Sez. 1 n. 34073 del 27/06/2014, Panno).
2.

L’immediata operatività nel caso di specie del divieto sopravvenuto di

ampliamento del beneficio toglie qualsiasi rilevanza alla questione, che resta
pertanto assorbita, dedotta nel secondo motivo di ricorso con riguardo
all’adeguatezza logica della motivazione con cui il magistrato di sorveglianza,
sulla base del testo originario del decreto legge non convertito, aveva comunque
escluso – nel merito – la concreta sussistenza dei presupposti per concedere alla
Cecchin l’ampliamento a 75 giorni della detrazione di pena per i semestri
compresi nel periodo al quale si riferiva l’istanza della detenuta.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 5 marzo 2015

affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 24561 del

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