Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20473 del 27/02/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20473 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAIAZZA MICHELE N. IL 06/09/1988
CAIAZZA PAOLO N. IL 02/05/1990
avverso l’ordinanza n. 5494/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
18/08/2014
senti la relazione fatta dal Consigliere Dott.pJACOMO ROCCHI;
le /sentite le onclusioni del PGDott.
,-(93-(1,
c

Uditi difensor Avv.;

m O N 95)-v-)W

Data Udienza: 27/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 18/8/2014, il Tribunale di Napoli respingeva la richiesta
di riesame proposta ex art. 309 cod. proc. pen. dal difensore di Caiazza Michele
e Caiazza Paolo avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dello
stesso Tribunale che applicava nei confronti di entrambi la custodia cautelare in
carcere.
Caiazza Michele e Caiazza Paolo sono indagati per l’omicidio aggravato in

nonché dei connessi reati attinenti alla detenzione e al porto di armi clandestine.
L’omicidio sarebbe stato frutto di un accordo segreto tra i gruppi
Amato/Pagano e Vinella Grassi ai danni di quello Abete/Abinante per accaparrarsi
il controllo e la supremazia delle attività illecite in alcuni quartieri. Secondo la
ricostruzione operata nell’ordinanza applicativa, Caiazza Paolo e Caiazza Michele
erano gli “specchiettisti”, oltre che fornitori delle armi e del supporto logistico: in
particolare, il gruppo di fuoco che aveva agito si era appoggiato
sull’appartamento di Caiazza Michele, molto vicino all’esercizio commerciale dove
era stato eseguito il delitto; egli aveva procurato anche le armi usate e il
motoveicolo utilizzato dai due killer (recuperato e risultato provento di furto).
Inoltre i due ricorrenti avevano il compito di effettuare perlustrazioni per
verificare e segnalare la presenza della vittima designata; il giorno del delitto,
dopo che Scognamiglio Fortunato era stato avvistato in un esercizio commerciale
di rivendita di autovetture, i due si erano recati sul posto e avevano parlato con
lui, così da trattenerlo sul posto e permettere ai killer di giungere.
Il Tribunale dava atto della concordanza delle dichiarazioni dei collaboratori
di giustizia, appartenenti a gruppi criminali diversi, sia sull’intervenuto accordo
tra i due gruppi, sulla programmazione di un omicidio, sulla intervenuta modifica
della vittima designata, sull’incarico conferito e sui ruoli svolti. In particolare, a
carico dei Caiazza stavano le dichiarazioni di Iliano Giovanni (colui che
materialmente aveva sparato i colpi, già condannato per l’omicidio in questione,
con il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione), Cerrato Carmine appartenente alla fazione degli Amato Pagano – Vitagliano Fabio e Marino
Giovanni (affiliato al clan Abete/Abinante); Guarino Rosario (affiliato del gruppo
Vinella Grassi) aveva confermato l’accordo tra i due gruppi e la comune decisione
di uccidere qualcuno del gruppo avversario.
Il Tribunale condivideva la valutazione di attendibilità dei collaboratori di
giustizia espressa dal Giudice per le indagini preliminari e sottolineava la
concordanza delle versioni anche su alcuni particolari, la natura circostanziata
delle dichiarazioni, la provenienza dei dichiaranti da gruppi criminali diversi.
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concorso di Scognamiglio Fortunato, avvenuto in Melito di Napoli il 16/1/2012,

Il ruolo di “specchiettista” veniva ritenuto niente affatto secondario per
l’esecuzione dell’omicidio, così come il supporto logistico e la fornitura di armi:
sussistevano, quindi, i gravi indizi di colpevolezza, così come le esigenze
cautelari affrontabili solo con la misura carceraria.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Caiazza Michele e di Caiazza Paolo,
deducendo mancanza e manifesta illogicità della motivazione e violazione degli
artt. 192 e 273 cod. proc. pen..

esclusivamente sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: ma il Tribunale
non aveva valorizzato le divergenze dei narrati, la mancanza di riscontri
estrinseci e gli elementi contrari alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Il ricorrente riporta le dichiarazioni di Cerrato Carmine, Iliano Giovanni e
Marino Giovanni sulla fase esecutiva del delitto, evidenziando che non si
comprendeva da esse chi fosse la persona che girava per Melito alla ricerca dello
Scognamiglio: se Roberto Rosica e i due ricorrenti o se Rosica con il solo Paolo
Caiazza; né chi aveva avvistato Scognamiglio nella concessionaria di rivendita
delle autovetture e, ancora, chi aveva avvisato gli esecutori materiali Caiazza
Antonio e Iliano Giovanni. Contrariamente a quanto affermato in ordinanza,
Vitagliano Fabio non aveva affatto confermato il ruolo di “specchiettisti” dei due
ricorrenti. Non vi era concordanza sulla persona con cui i due ricorrenti
avrebbero parlato quando si erano recati alla concessionaria per trattenere
Scog na miglio.
Mancava anche la concordanza sulla messa a disposizione dell’appartamento
di Caiazza Michele e sulla preparazione delle armi. Per di più, Iliano faceva
riferimento ad un appartamento disabitato che era vicino a quello di Michele
Caiazza a Melito.
Ancora: nessuno aveva riferito che fosse stato Caiazza Michele a fornire il
motoveicolo rubato utilizzato dagli attentatori.
Secondo il ricorrente, pertanto, non sussiste una convergente chiamata di
correo e, quindi, mancavano i presupposti previsti dall’art. 192 cod. proc. pen..
Mancano ulteriori riscontri esterni: Cerrato Carmine riferiva circostanze
apprese da Caiazza Antonio, che non le aveva confermate, avvalendosi della
facoltà di non rispondere, così come Raffaele Teatro e Mirko Romano non
avevano confermato quelle che Vitagliano aveva riferito sostenendo di averle
apprese da loro; inoltre Parisi Roberto, presente nella concessionaria al momento
della sparatoria e indicato come fonte di conoscenza da Marino Giovanni, non
aveva confermato la presenza dei fratelli Caiazza, così come non ne avevano
riferito tre dipendenti dell’esercizio commerciale.

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L’affermazione dell’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza era basata quasi

Mancava, poi, il riscontro allo “squillo” che, secondo Iliano, Caiazza Michele
aveva fatto al telefono della moglie per avvisare che Scognamiglio si trovava
ancora all’interno dell’esercizio.
Nessuna impronta di Caiazza Michele e Caiazza Paolo era stata rinvenuta
sulle due pistole utilizzate dai killer e che, secondo i collaboratori, erano state da
loro fornite.
Il ricorrente contesta la rilevanza del riconoscimento della collaborazione nei
confronti di Iliano Giovanni e lamenta che il Tribunale del riesame abbia dato per

ambientali non la provassero affatto.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Il ricorrente evidenzia alcune divergenze nei narrati dei collaboratori di
giustizia con riferimento alla fase esecutiva del delitto, divergenze palesemente
secondarie e non rilevanti; così facendo dimostra, in realtà, che le dichiarazioni
dei collaboratori sono concordi sugli aspetti essenziali della vicenda: sul ruolo di
“specchiettisti” assunto dai due fratelli e sul compito specifico loro attribuito di
verificare se Scognamiglio era entrato nella concessionaria di autovetture dove
era stato deciso che sarebbe stato compiuto il delitto; sulle ricognizioni eseguite;
sulla loro presenza presso quell’esercizio commerciale poco prima dell’arrivo dei
killer, sul segnale dato ad Iliano Giovanni; ma ancora, sulla fornitura al gruppo di
fuoco delle armi (Vitagliano Fabio non parla della loro preparazione,

ma

conferma che Michele Caiazza era colui che teneva le armi); sull’appoggio
decisivo fornito con la messa a disposizione di un appartamento, che Iliano
Giovanni (che vi restò diversi giorni prima di partire per il delitto) precisa essere
un appartamento disabitato accanto a quello di Michele Caiazza, confermando
tuttavia che le armi erano custodite proprio nell’appartamento di Michele
Caiazza, mentre Vitagliano mostra di non conoscere l’esistenza
dell’appartamento disabitato e riferisce dell’appoggio presso quello di Michele
Caiazza.

Il ricorrente, ancora, sostiene che le dichiarazioni

de relato non sono

riscontrate da coloro che risultano essere la fonte di conoscenza, tralasciando la
giurisprudenza delle S.U. di questa Corte secondo cui la chiamata in correità o in
reità de relato, anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti
impossibile, può avere come unico riscontro, ai fini della prova della
responsabilità penale dell’accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, pur

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scontata l’omertà dei testimoni, benché le intercettazioni telefoniche ed

in presenza di determinate condizioni, che il Tribunale ritiene sussistenti (Sez. U,
n. 20804 del 29/11/2012 – dep. 14/05/2013, Aquilina e altri, Rv. 255143);
sottolinea che i testimoni non hanno confermato determinate circostanze, fatto
che il Tribunale analizza, ritenendo che i testimoni avessero avuto un
atteggiamento omertoso; rimarca che sulle pistole sequestrate non erano state
rinvenute impronte dattiloscopiche attribuibili a Michele Caiazza (dato che, senza
dubbio, costituisce un mancato riscontro, ma non una smentita al racconto di
Iliano); evidenzia, ancora, che le intercettazioni telefoniche ed ambientali non

testimoni: ma il Tribunale ha valutato l’attendibilità dei collaboratori e dei
testimoni stessi, attribuendo motivatamente ai primi un giudizio di attendibilità.

In definitiva, non si riscontra alcuna violazione di legge processuale, atteso
che l’ordinanza evidenzia numerose convergenze da parte di diversi collaboratori
di giustizia provenienti da gruppi criminali diversi; si deve ricordare che a dover
essere verificata è la concordanza sul nucleo essenziale del narrato, rimanendo
quindi indifferenti eventuali divergenze o discrasie che investano soltanto
elementi circostanziali del fatto, a meno che tali discordanze non siano
sintomatiche di una insufficiente attendibilità dei chiamanti stessi (Sez. 1, n.
7643 del 28/11/2014 – dep. 19/02/2015, Villacaro e altro, Rv. 262309). Il
Tribunale sottolinea la conformità del narrato agli elementi di prova differenti,
valuta come ampiamente attendibili i collaboratori e ritiene autonome le loro
propalazioni.
Non sussiste nemmeno il vizio denunciato della motivazione, non
emergendo affatto manifeste illogicità o contraddittorietà con atti del processo:
piuttosto il Tribunale valuta complessivamente gli elementi di prova con
un’argomentazione che i singoli elementi evidenziati nel ricorso non paiono
scalfire.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att.
cod. proc. pen.

Così deciso il 27 febbraio 2015–

Il Consigliere estensore

N CANCELLERIA

Il Presidente

hanno portato alcun elemento che riscontrasse l’atteggiamento omertoso dei

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