Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20468 del 27/03/2018


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Penale Ord. Sez. 2 Num. 20468 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: PARDO IGNAZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RICCIARDI ROBERTO nato il 10/05/1968 a CERCOLA

avverso la sentenza del 25/07/2017 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO;

Data Udienza: 27/03/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Ricciardi Roberto propone ricorso straordinario ex art. 625 bis cod.proc.pen. avverso la sentenza
della CORTE DI CASSAZIONE in data 25/07/2017, che dichiarava inammissibile il ricorso del
predetto avverso la pronuncia di appello che lo aveva ritenuto responsabile dei delitti di cui agli
artt. 73 e 74 DPR 309/90.
A sostegno del ricorso straordinario sostiene essere caduta la corte in un errore percettivo circa la
qualità della sostanza sequestrata e sottoposta ad analisi che era risultata in sede di rogatoria
trattarsi di licodaina e non di stupefacente.
Deduce pertanto essere caduta la corte di cassazione in un errore percettivo che ha influenzato il

della domanda avanzata in via straordinaria allegava atti della rogatoria internazionale nel corso
della quale si era proceduto al sequestro della sostanza.

giudizio in maniera decisiva da ripararsi attraverso il rimedio del ricorso straordinario; a sostegno

Ciò posto il ricorso è manifestamente infondato e proposto per motivi non deducibili con la

procedura di cui all’art. 625 bis cod.proc.pen. e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile con
ordinanza pronunciata de plano alla stregua della particolare disciplina dettata dal quarto comma
prima parte della suddetta norma.
E difatti va ricordato innanzi tutto che in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore

non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione
abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come
tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art.625-bis cod.proc.pen. (Sez. U, n. 37505 del
14/07/2011 Rv. 250527; Sez.U., n. 18651 del 26/03/2015 Rv. 263686).
Orbene, l’applicazione del suddetto principio al caso in esame comporta proprio la declaratoria di
inammissibilità posto che la corte di cassazione nella sentenza impugnata in via straordinaria ha già

adeguatamente risposto alla doglianza del Ricciardi evidenziando che le partite sequestrate
appartenevano, una a cocaina per grammi 3979,5 e, l’altra, a lidocaina, sicchè la affermazione di
responsabilità del ricorrente veniva confermata in relazione al possesso della prima sostanza
stupefacente.

E tale valutazione risultava peraltro già effettuata dai giudici di merito che avevano appunto
stabilito la diversità della lidocaina rispetto al quantitativo di cocaina di considerevole peso per il
quale era intervenuta condanna; e dinanzi a tali giudici il materiale probatorio che il ricorrente in

via straordinaria allega al ricorso era stato oggetto di compiuto e completo esame senza che allo
stesso si attribuisse efficacia decisiva alcuna.

Appare pertanto evidente che il motivo tende a sottoporre al giudizio di legittimita’ aspetti attinenti
alla ricostruzione del fatto ed all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito già oggetto di valutazione compiuta nel corso del procedimento
principale.
Si impone pertanto la declaratoria di inammissibilità de plano disciplinata dal quarto comma prima
parte del suddetto articolo 625 bis cod.proc.pen. secondo il quale, appunto, quando la richiesta è
formulata fuori dai casi previsti essa è dichiarata con ordinanza emessa d’ufficio inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Visto l’art. 625 bis comma 4 prima parte cod.proc.pen., dichiara inammissibile il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della
cassa delle ammende.

Così deciso il 27/03/201
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