Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20453 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20453 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da MILANO Francesco, nato a Crotone il 02/11/1966
avverso la sentenza emessa in data 27/11/2014 dalla Corte di appello di
Venezia.

Visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato Giovanni Gentilini per il ricorrente, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso, e in subordine la declaratoria di estinzione
del reato per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Venezia, riformando la
sentenza di assoluzione pronunciata in data 10/04/2012 dal Tribunale di Padova,
ha dichiarato Francesco MILANO responsabile del reato continuato di cui all’art. 2
I. 27 dicembre 1956, n. 1423 e lo ha condannato alla pena di due mesi di

1

Data Udienza: 23/04/2015

arresto.
Secondo la Contestazione, il MILANO «con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, senza preventiva autorizzazione, contravveniva al
provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio emesso da Questore di
Padova in data 8 agosto 2007. In Padova dal 9.12.2009 al 26.3.2010 e dal
5.3.2010 e 26.4.2010».
Nel corso del dibattimento di primo grado era emerso che il MILANO era di
fatto senza fissa dimora e il Tribunale aveva ritenuto illegittimo il provvedimento
di rimpatrio, disapplicandolo e assolvendo per l’effetto l’imputato.
l’imputato era stato sorpreso nelle quattro date indicate nel Comune di Padova;
che l’episodio riferito alla data del 9 dicembre doveva intendersi quello accertato
il giorno precedente, 8 dicembre, la data del 9 apparendo all’evidenza quella
della redazione della notizia di reato; che poteva dirsi provato anche l’episodio
del 5 marzo, nonostante l’agente accertatore non avesse riferito a dibattimento,
ponendosi detto episodio «in continuità fra quello precedente del 5 marzo e
quello successivo del 26.4.2010.
Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non aveva quindi rilievo la
circostanza che il MILANO non avesse effettiva dimora presso il Comune di
Crotone e neppure che non vi avesse mai fatto rientro. Il provvedimento si
componeva, difatti, di due intimazioni, tra loro distinte ed autonome, sicché era
sufficiente alla integrazione della violazione contestata la circostanza che il
Milano fosse stato sorpreso a Padova nelle quattro occasioni contestate.
Neppure, d’altro canto, poteva ritenersi che l’imputato non si fosse mai
allontanato da Padova, giacché i verbalizzanti avevano riferito di averlo più volte
visto, ma non di averne accertata la presenza diuturna e costante.
La pena veniva quindi determinata in un mese di arresto per la prima
violazione, aumentata di 10 giorni per ciascuna delle altre tre.
2. Ha proposto ricorso Franceso MILANO a mezzo del difensore, avvocato
Giovanni Gentilini, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
Denunzia violazione di legge e vizi di motivazione:
2.1. in relazione alla correlazione tra contestazione e condanna, ai sensi
degli artt. 517, 521 e 522 cod. pen. e in particolare,
– con riguardo all’affermazione, indimostrata, che l’episodio dell’8 dicembre
su cui aveva riferito il teste era quello che nella contestazione era datato 9
dicembre; e, comunque, alla differenza tra il dato formale contestato e quello
diverso ritenuto in sentenza;
– con riguardo alla affermata dimostrazione dell’episodio del 26 marzo, su
cui il teste chiamato non aveva deposto, ritenuto provato in base all’arbitrario
assunto che si poneva in continuità con il precedente e con il successivo;
– con riguardo alla trasformazione dell’addebito, che faceva all’evidenza
riferimento a due segmenti temporali tra di loro in continuazione, nella
imputazione di quattro episodi distinti;

2

d”

A ragione della differente conclusione la Corte di appello ha osservato che

- con riferimento alla indebita presunzione che l’imputato si fosse
allontanato dal territorio di Padova per farvi, ogni volta, rientro, mentre era
piuttosto da presumere che ciò non era mai accaduto, la stessa imputazione
facendo, d’altronde, riferimento al fatto che si era trattenuto a Padova dal 9
dicembre 2009 al 26 aprile 2010;
2.2. con riguardo alla indebita moltiplicazione degli addebiti, con riferimento
all’art. 649 cod. proc. pen., avuto riguardo alla condanna per 4 episodi a fronte
della contestazione di un periodo unitario mediante segmenti temporali che si
sovrapponevano.
del 3.2.2015] dell’episodio del 9 dicembre 2009.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso è fondato limitatamente all’aspetto
dell’indebito frazionamento della contestazione in quattro episodi distinti.
2. La contravvenzione al foglio di via obbligatorio, di cui all’art. 2 legge 27
dicembre 1956 n.1423, può realizzarsi, come la stessa Corte di appello
riconosce, con due condotte distinte: non ottemperandosi all’ordine di rimpatrio;
ovvero facendosi ritorno non autorizzato nel Comune da cui sia stato disposto
l’allontanamento. Si tratta di due condotte che possono sia coesistere sia essere
alternativamente realizzate (tra molte, Sez. 1, n. 46257 del 08/11/2012,
Rapisarda, Rv. 253966; Sez. 1, n. 4702 del 12/12/2013 dep. 2014, Florian, Rv.
259018), ma mentre la prima (omesso rimpatrio) ha natura di reato omissivo
istantaneo, che si consuma con la scadenza del termine entro il quale il soggetto
avrebbe dovuto raggiungere il luogo di destinazione, la seconda (indebito
ritorno) ha natura di reato permanente, perdurando lo stato antigiuridico per
tutto il tempo del ripreso soggiorno nel luogo vietato (Sez. 1, n. 1366 del
02/10/1997 Giunta, Rv. 209690)
Ora, come evidenziato in Fatto, nel capo d’imputazione si contestava al
MILANO che «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza
preventiva autorizzazione, contravveniva al provvedimento di rimpatrio con
foglio di via obbligatorio emesso da Questore di Padova in data 8 agosto 2007.
In Padova dal 9.12.2009 al 26.3.2010 e dal 5.3.2010 e 26.4.2010».
Nel caso in esame, perciò, il riferimento, inequivocabile, della contestazione
era al fatto che l’imputato, era risultato presente nel Comune di Padova,
facendovi indebito rientro, in un periodo che andava dal 9.12.2009 al 26.4.2014,
giacché sovrapponendosi temporalmente i due segmenti temporali a condotta
permanente, la protrazione della condotta non poteva che essere considerata
unitaria.
Il riferimento alla continuazione nell’ambito di una capo d’imputazione così
formulato era dunque erroneo. Ed arbitrario, perché in contrasto con la
ricostruzione fattuale oggetto di contestazione, risulta essere il frazionamento

2.3. Eccepisce, in subordine, l’intervenuta prescrizione [alla data del ricorso,

della condotta in quattro episodi distinti, posti tra di loro in continuazione
sull’opposto assunto, per altro oggetto di mera presunzione, che le quattro date
si riferissero a quattro successive, ed autonome, condotte di rientro.
3. Ricondotta ad unitarietà la contestazione le ulteriori contestazioni cadono
su aspetti irrilevanti.
Così, in particolare, può dirsi per la censura riferita all’inizio della condotta
permanente di illecito ritorno, contestata a partire dal 9 dicembre a fronte di una
dichiarazione testimoniale che datava già al giorno precedente l’accertamento
censura concernente la mancata deposizione a dibattimento dell’agente che
avrebbe ivi accertato la presenza del Milano nella giornata, intermedia del 26
marzo 2010. E’ la stessa difesa a sostenere, infatti, che a fronte dei dati acquisiti
era “certamente presumibile” che l’imputato non si fosse mai nel frattempo
allontanato da Padova, ivi trattenendosi, dal 9 dicembre 2009 al 26 aprile 2010,
come recitava il capo d’imputazione.
Nessuna specifica deduzione risulta invece articolata in relazione all’implicito
presupposto che doveva ritenersi che almeno nell’immediatezza della intimazione
l’imputato si fosse certamente allontanato dal Comune di Padova, la cui
plausibilità è confortata dal rilievo che le presenze oggetto di contestazione sono
state accertate solamente a distanza di oltre due anni e mezzo da quella data.
All’evidenza infondata risulta quindi la deduzione sulla prescrizione, che in
presenza di condotta permanente decorre dalla data di cessazione della
permanenza e dunque non risulta ad oggi maturata.
4.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata

limitatamente alla riconduzione della condotta contestata a reato continuato
anziché permanente, con data di ultimo accertamento della permanenza al 26
aprile 2010. E l’annullamento deve essere disposto senza rinvio potendo
procedere direttamente questa Corte alla eliminazione dei segmenti di pena, pari
a complessivi 30 giorni, inflitti a titolo di continuazione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla
continuazione, che esclude, e per l’effetto ridetermina la pena in un mese di
arresto.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 23 aprile 2015
Il consigl . e estensore

Il Presidente

della presenza dell’imputato nel territorio del Comune inibitogli, nonché per la

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