Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20446 del 27/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20446 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: PARDO IGNAZIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
CANALICCHIO ROSARIA nato il 17/12/1967 a CEFALU’
GLORIOSO VINCENZO nato il 01/12/1952 a CEFALU’

avverso la sentenza del 30/11/2016 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCO
SALZANO
che ha concluso per l’inammissibilita dei ricorsi

Data Udienza: 27/03/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.1 La CORTE APPELLO di MESSINA, con sentenza in data 30/11/2016, confermava la condanna
alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di MESSINA in data 21/05/2012, nei
confronti di CANALICCHIO ROSARIA e GLORIOSO VINCENZO, in relazione al reato, contestato in
concorso, di cui all art. 648 CP.
1.2 Propongono ricorso per cassazione gli imputati, attraverso distinti ricorsi, deducendo i seguenti
motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità per ciascuno
di essi in assenza degli elementi del contestato reato;

2.1 I ricorsi sono inammissibili perché manifestamente non fondati ed anche generici.

– estinzione del reato per intervenuta prescrizione anteriormente la pronuncia di appello.

Quanto ai motivi avanzati in punto affermazione di responsabilità di entrambi, la Corte di appello si

e’ correttamente conformata – quanto alla qualificazione giuridica del fatto accertato – al consolidato

orientamento di questa Corte (per tutte, Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, RV. 270120; n.
53017 del 22/11/2016, Alotta, RV. 268713; n. 29198 del 25/05/2010, Fontanella, Rv. 248265) per
il quale, ai fini della configurabilita’ del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo puo’

essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della

cosa ricevuta, la quale e’ sicuramente rivelatrice della volonta’ di occultamento, logicamente

spiegabile con un acquisto in mala fede. Non si richiede all’imputato di provare la provenienza del
possesso delle cose, ma soltanto di fornire un’attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle

cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi,
che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del

giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni

principi del libero convincimento (in tal senso, Sez. U, n. 35535 del 12/07/2007, Ruggiero, Rv.
236914). Peraltro l’elemento psicologico della ricettazione puo’ essere integrato anche dal dolo
eventuale, che e’ configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della

concreta possibilita’ della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio
(Sez. U, n.12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, RV. 246324), mentre la semplice mancanza

di diligenza nel verificare la provenienza della cosa connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto
di cose di sospetta provenienza.

E nel caso in esame, il giudice di appello, con valutazione del tutto conforme a quella operata in
primo grado, ha ritenuto che la non attendibile giustificazione fornita dalla Canalicchio circa le

modalità di rinvenimento del cellulare, unite all’utilizzo comune dell’apparecchio di origine furtiva,
fornissero dimostrazione della responsabilità di entrambi i ricorrenti con valutazione priva delle
lamentate illogicità o contraddizioni.
2.2 Quanto al motivo in tema di intervenuta prescrizione del reato anteriormente l’emissione della
pronuncia di appello, lo stesso è generico ed anche manifestamente infondato; difatti, a fronte di
una specifica indicazione contenuta nella sentenza di secondo grado circa l’individuazione al 5 luglio
2018 del termine di estinzione, la doglianza si limita a contestare la validità del calcolo per le
sospensioni operato dai giudici di appello senza confutarlo specificamente. Tra l’altro detta
doglianza appare anche manifestamente infondata posto che uno dei rinvii veniva disposto ex art. 2
ter D.L. n. 92 del 2008 con conseguente sospensione del procedimento e del termine di
prescrizione per anni 1 e mesi 6, sicchè alcuna estinzione poteva ritenersi maturata
precedentemente la pronuncia di secondo grado.
Al proposito occorre ricordare come secondo l’orientamento di questa corte il ricorrente che invochi

nel giudizio di cassazione la prescrizione del reato, assumendo per la prima volta in questa sede
che la data di consumazione del reato è antecedente rispetto a quella contestata, ha l’onere di
indicare gli elementi di riscontro alle sue affermazioni, indicando gli atti ai quali occorre fare
riferimento, essendo precluso in sede di legittimità qualsiasi accertamento di merito (Sez. 5, n.
46481 del 20/06/2014, Rv. 261525). Viceversa nel caso in esame il ricorrente non ha specificato in
alcun modo sulla base di quali elementi ritenere errato il calcolo operato nella sentenza di appello
ed in relazione a quali sospensioni avrebbe dovuto calcolarsi un minor periodo rispetto a quanto
determinato dal giudice di secondo grado.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dai ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), ciascuno al

P.Q.M.

versamento della somma, che si ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.

Così deciso il 27/03/2018
Il onsigliere Est sore

Il Pre idente
ANT 4
IO RESTIPINO

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