Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20440 del 07/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20440 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DI PISA FABIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NEACSU GHEORGHE nato il 30/07/1968

avverso la sentenza del 07/04/2016 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 07/04/2016 la Corte di Appello di Ancona confermava la sentenza
del Tribunale di Fermo in data 11/11/2013 in forza della quale NEACSU Gheorge è stato
riconosciuto responsabile del reato di appropriazione indebita della somma di euro 1.840,00,
consegnatagli da Massimo Rossi titolare della ditta di trasporti Autotrasporti s.r.l. per l’ attività
da svolgere, con condanna alla pena di giustizia.

1

Data Udienza: 07/03/2018

2. Avverso detta sentenza propone ricorso per Cassazione l’ imputato, a mezzo del suo
difensore, lamentando la manifesta illogicità della motivazione atteso che la corte territoriale
non aveva considerato che difettava nella fattispecie in esame la prova della appropriazione
della somma di denaro in contestazione atteso che negli atti (denunzia-querela; remissione di
querela con contestuale accettazione; relazione di servizio della Polizia di Stato; spontanee
dichiarazioni rese da Rossi Massimo in data 12/11/2011) si faceva riferimento solo all’
appropriazione da parte del ricorrente dell’ autovettura BMW 907BM ma non alla somma di
denaro presente nel capo di imputazione.

1.840,00 doveva essere utilizzata per pagare la merce in Romania e il viaggio, considerato che
I’ imputato era ritornato in Italia e che il querelante aveva provveduto a rimettere la querela,
segno questo che nessuna appropriazione indebita si era consumata alla fine del mandato
conferito al NEACSU, non poteva ritenersi che dalle complessive risultanze istruttorie fosse
emersa la prova della sua responsabilità “al di là ogni ragionevole dubbio”.
3. Il ricorso è inammissibile stante la manifesta infondatezza dei motivi.
Il ricorrente ha sostanzialmente riproposto censure già prospettate con i motivi di
appello, e sulle quali la Corte territoriale ha esaurientemente risposto. E questa Corte non può
sindacare il contenuto del convincimento dei giudici di merito ma solo la correttezza delle
affermazioni, la logicità dei passaggi tra premesse e conseguenze nonché la rispondenza degli
enunciati alle doglianze proposte dalla parte. In tema di sindacato del vizio di motivazione non
è certo compito del giudice di legittimità quello di sovrapporre la propria valutazione a quella
compiuta dai giudici di merito ne’ quello di “rileggere” gli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione la cui valutazione è compito esclusivo del giudice di merito: quando, come nella
specie, l’obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto dal giudice di merito, con
valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall’istruttoria dibattimentale e con indicazione,
pienamente coerente sotto il profilo logico- giuridico, degli argomenti dai quali è stato tratto il
proprio convincimento, la decisione non è censurabile in sede di legittimità.
3.1. In particolare la Corte territoriale ha dato conto, con motivazione congrua e
corretta, da leggere unitamente alla sentenza di primo grado vertendosi in ipotesi di c.d.
doppia conforme vale a dire di due sentenze della stesso segno, delle ragioni in base alle quali
ha affermato la responsabilità dell’imputato precisando che dal complessivo quadro probatorio
a suo carico era emersa la prova dell’ appropriazione indebita delle somme consegnategli da
Massimo Rossi titolare della ditta di trasporti Autotrasporti s.r.l. per l’ attività da svolgere, delle
quali il predetto non aveva comprovato l’ utilizzo in conformità alle indicazioni ricevute da
Rossi, escludendo, quindi, che lo stesso avesse agito nel rispetto del mandato conferitogli.
4. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento in favore
2

2.1. Rileva, ancora, che dal momento che dalla querela risultava che la somma di euro

della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dai
ricorsi, si determina equitativamente in euro duemila.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata

II consigliere estensore

H presi nte

Così deciso in Roma, il 7 Marzo 2018

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