Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20437 del 03/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20437 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Petriaggi Claudio, nato il 24/08/1946
avverso la sentenza n. 18/2014 della Corte militare d’appello di Roma del
07/05/2014
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita Cassano;
sentite le conclusioni del Procuratore generale militare dott. Flamini che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore di fiducia del ricorrente, avv. M. Amitrano che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 03/03/2015

Ritenuto in fatto.

1.11 13 novembre 2013 il Tribunale militare di Roma dichiarava Claudio
Petriaggi colpevole del delitto di disobbedienza aggravata (artt. 173 e 47 n. 2
c.p.m.p.) e lo condannava alla pena di due mesi e venti giorni di reclusione,
sostituita alla reclusione militare per eguale durata, con i doppi benefici di
legge.

decisione di primo grado, riconosceva le circostanze attenuanti generiche,
dichiarate prevalenti sulla contestata aggravante e, per l’effetto, riduceva la
pena ad un mese di reclusione, sostituita con la multa di euro
settemilacinquecento.
3.A Claudio Petriaggi, Tenente Colonnello della Croce Rossa italiana in
servizio presso il Comitato centrale C.R.I. in Roma, si contesta di non avere
ottemperato all’ordine, intimato per ragioni di servizio dal superiore in grado,
Ispettore nazionale Generale Gabriele Lupini, di sottoscrivere per presa visione
i rapporti informativi inerenti agli anni 1993 e 1994; con l’aggravante del grado
rivestito.
4.1 giudici di merito ritenevano provata la responsabilità dell’imputato sulla
base della testimonianza del Generale Lupini, ritenuta pienamente attendibile, e
della deposizione del Maggiore Tarsi. Entrambi concordemente riferivano che
era stato chiaramente impartito al Colonnello Petriaggi l’ordine di firmare per
presa visione le relazioni valutative che lo riguardavano. La Corte d’appello
osservava che, pur essendo indubbio che il Generale Lupini aveva partecipato
alle pregresse procedure di avanzamento conclusesi negativamente per
l’interessato, non poteva per ciò solo ritenersi che il suo comportamento fosse
stato improntato a malanimo, considerato che, pur in presenza del rifiuto di
sottoscrivere i rapporti informativi opposto dal Colonnello Petriaggi, il Generale
non aveva subito trasmesso la comunicazione della notizia di reato all’Autorità
giudiziaria militare, ma aveva convocato l’imputato con l’intento di completare
comunque la procedura di notifica, sia pure in ritardo, e di evitare così la
denuncia. Una conclusione del genere non era contraddetta dal contenuto della
corrispondenza intervenuta tra il Colonnello Orchi e il Generale Lupini, tenuto
conto della complessità delle problematiche poste dalla procedura
amministrativa e della necessità di chiarimenti resa necessaria dalle diverse
valutazioni espresse dal Colonnello Orchi.
Ad avviso dei giudici il contenuto delle deposizioni rese dal Generale Lupini e
dal Maggiore Tarsi non risultavano efficacemente contraddette da quella

1

2.11 7 maggio 2014 la Corte militare d’appello, in parziale riforma della

dell’avv. Pinto che, comunque, aveva sostanzialmente confermato l’invito a
firmare.
Infine, non potevano rilevare, ai fini dell’esclusione del reato, il tono
colloquiale dell’incontro, l’uso della secondo persona singolare tra il superiore e
l’inferiore né la presenza di altri militari di grado inferiore e di civili, atteso che
solo per i rimproveri e non per gli ordine non è consentita la presenza di militari
di grado inferiore e che l’ordine è vincolante per il militare cui è impartito a

Nel corso dell’interrogatorio, l’imputato riconosceva che, data la sua
pluriennale esperienza professionale, era perfettamente a conoscenza del fatto
che i documenti caratteristici debbono essere sottoscritti per presa visione,
indipendentemente dai motivi di contestazione, sucettibili di essere fatti valere
nelle sedi competenti.
Il rifiuto di sottoscrivere era privo di giustificazione anche alla luce del fatto
che l’imputato aveva ricevuto a tal fine una convocazione scritta e si era
presentato accompagnato dal proprio difensore di fiducia.
5.Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite
il difensore di fiducia, l’imputato, il quale lamenta erronea applicazione della
legge penale, manifesta illogicità della motivazione in ordine alle ragioni poste a
base dell’affermazione di penale responsabilità di Petriaggi, in quanto i giudici
di merito non hanno considerato: a) il contesto colloquiale in cui si è svolto il
fatto che non rendeva riconoscibile come perentorio l’ordine impartito e si
rifletteva sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato; b) l’inattendibilità
della deposizione del Generale Lupini che aveva avuto un ruolo significativo
nell’ambito della pratica di avanzamento del Col. Petriggi, caratterizzata da un
inspiegabile ritardo e resa possibile solo grazie all’intervento del giudice
amministrativo; c) lo scambio epistolare tra il Gen. Lupini e il Col. Orchi,
indicativo dei comportamenti oppositivi e ostruzionistici del Gen. Lupini; d) lo
stato di assoluta inattività in cui, a far data dal 13 maggio 2010, era tenuto il
Col. Petriaggi; d) gli stretti rapporti di amicizia esistenti tra il Gen. Lupini e il
Cap. Tarsi, tali da incidere sulla genuinità e attendibilità della testimonianza di
quest’ultimo e sulla sua idoneità a fungere da elemento di riscontro alla
deposizione del Gen. Lupini; e) il contenuto della istanza di presa visione degli
atti avanzata dall’imputato, indicativa della sua assoluta buona fede e della
sussistenza di un errore rilevante ai sensi dell’art. 47 c.p. e dell’erronea
convinzione, determinata da colpa, che non fosse stato impartito un ordine
imperativo.

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prescindere da particolari requisiti di forma.

Considerato in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.In merito alla prima censura il Collegio osserva quanto segue.
Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che
all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei

coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente
o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal
giudice di merito ovvero quando le linee argomentative del provvedimento
siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far
rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. U., n.
25080 del. 28 maggio 2003).
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge
in riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192, comma 2,
c.p.p., non critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali
preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un
preteso travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con
esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine
di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua chiara
e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto
delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio (testimonianze
del Maggior Tarsi e del Gen. Lupini, ritenute motivatamente credibili e
obiettivamente comprovate), indicative univocamente della coscienza e volontà
del ricorrente di non ottemperare all’ordine, a lui impartito per ragioni di
servizio dal superiore in grado, Ispettore nazionale Generale Lupini, di
sottoscrivere per presa visione i rapporti informativi inerenti agli anni 19931994.

2. Sostanzialmente generiche, in quanto meramente reiterative di analoghe
censure già prospettate con i motivi d’appello, cui la sentenza ha fornito
argomentata risposta, sono anche le doglianze relative all’asserita buona fede
del ricorrente. I giudici d’appello hanno evidenziato, sulla base delle concordi
testimonianze del Gen. Lupini e del Cap. Tarsi, che per ben due volte fu
chiaramente impartito al Ten. Col. Petriaggi l’ordine di firmare per presa visione
i documenti caratteristici e che, pur avendo tempestivamente formato, insieme
con il Magg. Tarsi, un documento attestante il rifiuto della sottoscrizione da
parte dell’imputato, lo convocarono nuovamente con l’intento di completare la

3

quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di

procedura di notifica e di scongiurare eventuali conseguenze penali. Hanno,
inoltre, correttamente osservato che l’ordine è vincolante per il militare cui è
impartito, a prescindere da particolari requisiti di forma e che, in tale
prospettiva, sono irrilevanti l’asserito tono colloquiale dell’incontro, l’uso della
seconda personale singolare fra il superiore e l’inferiore e la presenza di altri
militari di grado inferiore e di civili, non potendosi a quest’ultimo proposito
confondere i rimproveri (che non possono essere di regola espressi in presenza

queste premesse, la sentenza impugnata ha correttamente tratto la conclusione
che l’ordine fu impartito in forma giuridicamente rilevante e che ad esso non
venne prestata obbedienza.
La giurisprudenza, con orientamento univoco, afferma

che l’ordine di

sottoscrivere l’avvenuta presa visione della scheda di valutazione e delle note
caratteristiche attiene ad un adempimento attinente al servizio (cfr. ex plurimis
Sez. 1, n. 19423 del 05/05/2008). E’, infatti, incontestabile che, in difetto di
attestazione circa l’effettiva piena conoscenza del contenuto integrale del
documento oggetto di comunicazione in via breve, al fine della decorrenza dei
termini per eventuali impugnative occorrerebbe procedere alla notificazione
formale dell’atto, con intuibili aggravi per il servizio.

3.11

reato di disobbedienza previsto dall’art.173 c.p.m.p. è, quindi,

sussistente qualora, come nel caso di specie, il militare rifiuti di sottoscrivere
per presa visione – come previsto dall’art.19 del D.P.R.15 giugno 1965 n.1431 le note caratteristiche redatte dai superiori gerarchici, trattandosi di
adempimento attinente al servizio (in quanto finalizzato a rendere
incontestabile l’avvenuta comunicazione di dette note). Atteso che per la
sussistenza del reato, sotto il profilo psicologico, è richiesto solo il dolo
generico, non può assumere rilievo la circostanza che il rifiuto sia stato
motivato unicamente dall’intento di contestare il contenuto del documento in
questione (Sez. 1, n. 52957 del 02/12/2014; Sez. 1, n. 19423 del
05/05/2008; Sez. 1, n. 11725 del 21/09/1999).

4. Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa
l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost. sent. n.
186 del 2000), al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

4

di inferiori) con gli ordini, per i quali tale regola non è prevista. Sulla base di

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

Così deciso, in Roma, il 3 marzo 2015.

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