Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20436 del 12/02/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20436 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
LECCE
nei confronti di:
DE SIMONE RAIMONDO N. IL 21/05/1968
FIORITO GIUSEPPE N. IL 01/11/1965
avverso la sentenza n. 10/2012 CORTE ASSISE APPELLO di LECCE,
del 20/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 12/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il 9.2.2012 la Corte di Assise di Lecce condannava alla pena dell’ergastolo
Raimondo De Simone e Giuseppe Fiorito ritenuti colpevoli, in concorso con il
mandante Durante Giuseppe, dell’esecuzione dell’omicidio pluriaggravato di
Filieri Antonio, affiliato al medesimo sodalizio e poi passato ad un altro gruppo
mafioso, con l’aggravante dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, nonché delle relative
violazioni in materia di armi, fatti avvenuti in Nardò il 2.9.1997.

la morte di Grillo Uccio.
A seguito dell’appello degli imputati, la Corte di assise di secondo grado, con
sentenza del 20.5.2013, assolveva i predetti per non avere commesso il fatto.

2. Avverso la sentenza di assoluzione ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore generale presso la Corte di appello di Lecce, denunciando il vizio
della motivazione.
Contesta, in primo luogo, la logicità e verosimiglianza degli argomenti con i quali
la Corte di appello ha escluso che potessero essere necessari per la esecuzione
dell’omicidio tre partecipi con ruoli diversi, tenuto conto delle circostanze di fatto
accertate circa le modalità dell’omicidio e della mancanza di elementi di fatto che
possano essere ritenuti idonei a confutare la ragionevole partecipazione di tre
soggetti all’agguato mortale.
Il ricorrente assume che il contenuto della relazione di servizio della polizia
del 2.9.1997, richiamato dalla Corte territoriale per contraddire la possibilità
della partecipazione di una terza persona, in particolare l’analisi dei tabulati
telefonici e delle celle impegnate, consentivano di ricavare dati pienamente
compatibili con la partecipazione di tre soggetti all’omicidio. Così che, si rende
chiara la compatibilità delle dichiarazioni rese dai due collaboratori il cui apporto
conoscitivo de relato ha fotografato solo una parte degli accadimenti.
Lamenta il ricorrente che la sentenza di secondo grado ha accantonato sia la
duplice indicazione a carico del Fiorito, sia i consistenti elementi che hanno
attinto il De Simone, confortati dalle captazioni ambientali in corso al momento
del fatto.
Ribadisce che alla luce delle indagini dell’epoca era risultato evidente che
l’omicidio era maturato nel contesto di antagonismo tra i due gruppi mafiosi che
operavano nel medesimo territorio, uno facente capo al Dell’Anna e l’altro al
Durante; contrapposizione riaffermata anche dal testimone di polizia giudiziaria,
Gambino, esaminato ex 603 cod. proc. pen., ed indicata come causale non solo

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La vittima era stata attinta da numerosi colpi di arma da fuoco per vendicare

dal Vincenti, ma anche dal Greco. Tanto rende verosimile che il delitto fosse
volto a vendicare dopo qualche anno l’uccisione di Uccio Grillo.
Assume che il giudice di appello ha mosso rilievi frammentari, con
interpretazione dei fatti non sempre logica, inidonei a disarticolare la decisione di
primo grado; svalutato l’apporto conoscitivo del Vincenti, la Corte di appello ha
del tutto omesso di esaminare il fallimento dell’alibi del De Simone.

3. Fiorito Giuseppe e De Simone Raimondo hanno depositato separate

ricorso del pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, ad avviso del Collegio, deve essere dichiarato inammissibile.
Nella specie gli argomenti posti a fondamento della valutazione della Corte
di appello al fine di disarticolare la motivazione del primo giudice sono, sotto il
profilo del discorso giustificativo, esenti da vizi logici; né la Corte di appello ha
operato alcuna parcellizzazione degli elementi di prova acquisiti nel giudizio che
ha esaminato compiutamente facendo corretta applicazione delle regole di
giudizio in materia valutazione della prova.
I giudici di appello, infatti, hanno rilevato che gli elementi fattuali, accertati
al momento del delitto attraverso i rilievi tecnici e fotografici, la consulenza
medico-legale e balistica, la deposizione dei testimoni e la trascrizione di
conversazioni intercettate in ambientale in altro procedimento definito con
sentenza irrevocabile

(Neretum), avevano condotto all’archiviazione; solo in

seguito alle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia, Greco Salvatore
Carmine e Vincenti Franco, erano state riaperte le indagini e celebrato il processo
con il rito immediato.
Hanno, quindi, dato atto che i collaboratori avevano riferito circostanze
apprese de relato: il Greco aveva appreso dallo stesso Fiorito che questi era
stato autore del delitto insieme a tale Giordano e che il movente era quello di
vendicare la morte di Grillo Uccio; il Vincenti aveva dichiarato di avere appreso
da altri sia della morte del Filieri, sia che al fatto avevano partecipato il Fiorito e
De Simone Raimondo su mandato di Durante Giuseppe in ragione del passaggio
del Filieri dal clan Durante a quello Dell’Anna.
La sentenza impugnata ha esaminato le valutazioni dei primi giudici sintetizzate compiutamente – secondo i quali le circostanze indicate dal Greco
quanto alla partecipazione del Fiorito risultavano confermate da quelle del
Vincenti, che pure lo aveva indicato come responsabile; mentre, la indicazione

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memorie difensive con le quali chiedono la inammissibilità, ovvero il rigetto del

del Vincenti sulla partecipazione del De Simone, non riferita dal Grieco, trovava
conforto nel contenuto delle conversazioni intercettate nell’immediatezza del
fatto di rilevante valore indiziario quanto alla causale dell’omicidio, riconducibile
alle dinamiche interne dei sodalizi che si contendevano il controllo del territorio
di Nardò ed al coinvolgimento nel fatto del De Simone, appartenente al gruppo
Durante.
Le discrasie tra le circostanze riferite dai due collaboratori non erano state
ritenute rilevanti dai primi giudici, in specie quanto alla convergenza del

al fatto poteva avere partecipato anche Epifani Giordano, risultato in contatto
con il De Simone, e che il movente potesse essere sia quello indicato dall’uno
che quello riportato dall’altro collaboratore. La prima Corte aveva, poi, confutato
le prove di alibi del De Simone relativamente alla sua presenza nel luogo del
delitto.
La Corte di appello, alla luce dei rilievi degli imputati, ha esaminato il
dichiarato dei due collaboratori in adesione ai principi affermati dalle SS.UU.
2012 Aquilina (pp.23-27), concludendo che le circostanze riferite dai predetti
coincidono soltanto quanto al nome di uno degli autori del delitto, il Fiorito,
mentre, sono per tutto il resto antitetiche.
Ha evidenziato la genericità di quanto riferito dal Greco sul delitto, sia avuto
riguardo alle circostanze nelle quali aveva appreso le relative informazioni dal
Fiorito, sia quanto alle modalità ed al movente dell’omicidio, in parte smentite
dalle risultanze dibattimentali ed in parte in contraddizione con quanto detto dal
Vincenti, giustificate con mere illazioni, posto che il movente indicato dal Greco è
rimasto privo di qualsivoglia elemento di conferma; così come la possibilità della
presenza di tre persone nell’auto usata dagli esecutori che, ad avviso dei giudici
di appello, è contraddetta da quanto riferito dall’equipaggio della volante della
polizia che aveva potuto inseguire l’auto degli assassini, nonché, dalla scarsa
plausibilità della circostanza che uno dei correi fosse sceso dall’auto in fuga.
A tanto la Corte di appello ha aggiunto che la valutazione di attendibilità del
collaboratore Vincenti, alla luce di quanto verificato in altro processo, imponeva
una verifica molto approfondita che non trovava adeguata risposta quanto al
presupposto che i rapporti del Vincenti, non ancora inserito nel sodalizio, con la
fonte delle informazioni sul fatto di sangue in oggetto fossero tali da indurre il
Ciurlia a riferire l’accaduto. Ancora, i giudici di secondo grado hanno rilevato che
la chiamata in reità effettuata dal Vincenti è frutto della convinzione degli affiliati
del sodalizio Dell’Anna in ordine agli autori dell’omicidio basata sul fatto che
qualcuno aveva riferito loro che il Fiorito ed il De Simone si trovavano nei pressi
del luogo del fatto qualche ora prima, con conseguente incertezza della fonte.

dichiarato, potendo trovare giustificazione in tante ragioni tra le quali quella che

A fronte di una motivazione che non presenta contraddizioni interne, né
evidenti illogicità e della corretta applicazione delle regole di giudizio, secondo i
principi affermati da questa Corte espressamente richiamati, il Procuratore
generale ricorrente non ha indicato elementi che dimostrano che la ipotesi
ricostruttiva prospettata sia tale da scardinare, al di là di ogni ragionevole
dubbio, la costruzione della sentenza impugnata ed ha fatto riferimento al

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso, il 12 febbraio 2014.

contenuto di atti che non ha allegato al ricorso.

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