Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20434 del 27/01/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20434 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PISERCHIA MICHELE N. IL 03/04/1984
avverso la sentenza n. 12/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
03/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
r
CiA

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

p

Data Udienza: 27/01/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 20 aprile 2010 con il rito abbreviato, il Tribunale
di Foggia condannava Michele Piserchia alla pena di mesi quattro di arresto per
aver violato gli obblighi inerenti alla misura della sorveglianza speciale
applicatagli con decreto del Tribunale di Foggia datato 24 giugno 2005
(notificatogli in data 30 luglio 2005), associandosi abitualmente a persone
condannate ovvero sottoposte a misura di prevenzione o di sicurezza nelle date
indicate nel capo d’imputazione. Il Tribunale concedeva le attenuanti generiche

pena.
2. Su appello dell’imputato, la corte di appello di Bari con sentenza emessa il
3 dicembre 2013 dichiarava prescritti gli episodi relativi ai giorni 17 novembre
2008 e 2 dicembre 2008 e, esclusa la recidiva trattandosi di fatti
contravvenzionali, rideterminava la pena in mesi due di arresto. Rilevava in
motivazione che l’imputato, attesi i precedenti non poteva avere il beneficio della
sospensione condizionale della pena.
3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso l’imputato, a
mezzo del difensore di fiducia, per violazione di legge. Sotto un primo aspetto
rileva che la Corte di appello, revocando il beneficio della sospensione
condizionale della pena concesso in primo grado, aveva violato il divieto di
reformatio in peius posto dall’art. 597 comma 3, in quanto l’appello era stato
proposto dal solo imputato. Deduce poi che il reato era estinto per prescrizione
essendo decorso il termine massimo previsto dalla legge.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto che il ricorso sia
dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile
respinto.
2. La sentenza di primo grado, nel dichiarare l’imputato colpevole dei reati
contestati e condannarlo alla pena di mesi quattro di arresto, gli ha concesso il
beneficio della sospensione condizionale della pena irrogata. La sentenza
d’appello ha prosciolto l’imputato da due episodi perché estinti per prescrizione,
riducendo la pena inflitta in mesi due di arresto e confermando nel resto la
sentenza del primo Giudice, compreso, quindi, il capo relativo alla sospensione
condizionale della pena, già concessa. L’art. 546 cod. proc. pen. contempla tra i
requisiti della sentenza il dispositivo, cioè l’enunciazione del contenuto della
decisione adottata, e la motivazione, ossia la concisa esposizione dei motivi di
fatto e di diritto sui cui la decisione è fondata, compresa l’analisi e la valutazione
1

equivalenti alla contestata recidiva e disponeva la sospensione condizionale della

delle prove favorevoli e contrarie. La diversa funzione dei due elementi, entrambi
essenziali, fa sì che il contrasto tra di essi non determini nullità della sentenza,
ma si risolva con la logica prevalenza dell’elemento decisionale su quello
giustificativo, potendosi eliminare la divergenza mediante ricorso alla semplice
correzione dell’errore materiale in base al combinato disposto degli artt. 547 e
130 cod. proc. pen. (v., per tutte, Sez. 3, Sentenza n. 11353 del 22/06/1999
Ud. (dep. 04/10/1999) Rv. 214799; Cass., Sez. VI, 4 giugno 1997 n. 6753, ric.
Finocchi e altro).

grado e il dispositivo, secondo il principio ricordato, incontestato il giudizio di
responsabilità, si risolve con la prevalenza di quest’ultimo, non sussistendo i
presupposti per l’annullamento della sentenza.
2.

L’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare la

prescrizione dei reati, come richiesto dal difensore. La giurisprudenza di
legittimità è costante nel ritenere che l’impugnazione manifestamente infondata,
impedendo la valida costituzione del rapporto processuale di impugnazione,
preclude “a monte” l’esercizio dei poteri cognitivi di ufficio previsti dall’art. 609
comma 2 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 6693 del 2014, Cappello).
3. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento nonché al versamento in favore della
Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1000,00,
tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che “la parte
abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”. (Corte Cost. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di Euro 1000,00 (Euro mille) a favore
della cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27/1/2015.

3. Pertanto la discordanza tra la motivazione della decisione di secondo

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