Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20429 del 27/01/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20429 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ribecai Andrea, nato a Livorno il 24/01/1974,
avverso la sentenza del 5 novembre 2012 della Corte di appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Gabriele Mazzotta, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
rilevato che il difensore del ricorrente non è comparso.

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Firenze con sentenza del 5 novembre 2012,
riformando limitatamente al trattamento sanzionatorio la sentenza del Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Livorno emessa, all’esito di giudizio
abbreviato, il 6 dicembre 2011, ha ridotto la pena inflitta a Ribecai Andrea -per il
delitto continuato di tentato omicidio, lesioni, rapina impropria, resistenza a
pubblico ufficiale e danneggiamento- ad anni sei, mesi due e giorni venti di
reclusione, dichiarando la già riconosciuta attenuante del vizio parziale di mente
equivalente alla contestata aggravante teleologica e alla recidiva reiterata

Data Udienza: 27/01/2015

pluriqualificata, parimenti contestata e ritenuta; nel resto, ha confermato la
prima sentenza.
Il delitto più grave è stato ritenuto il tentato omicidio in danno
dell’assistente della polizia di Stato, Litrico Mirco, con l’aggravante di aver
commesso il fatto per assicurarsi il possesso dell’autovettura Hyundai, targata BI
844KD, poco prima rubata sulla pubblica via dallo stesso Ribecai che ne aveva
assunto la guida, e per sfuggire al controllo da parte della pattuglia della polizia

al suo inseguimento a bordo del veicolo di servizio, in Livorno, il 13 ottobre
2009.
Secondo la ricostruzione ritenuta provata dai giudici di merito, nel corso
dell’inseguimento il Ribecai, in stato di alterazione psichica anche per assunzione
di sostanze stupefacenti, aveva urtato con l’autovettura rubata un cassonetto
della nettezza urbana; in quel frangente, i poliziotti inseguitori erano scesi
dall’autovettura di servizio per intervenire anche in soccorso del Ribecai, che si
era accasciato sul volante; quest’ultimo, invece, aveva repentinamente ripreso il
controllo dell’autovettura e, dopo una manovra di retromarcia nel corso della
quale aveva investito l’agente Malentacchi provocandole lesioni (infrazioni costali
multiple, trauma al ginocchio destro, trauma distorsivo del rachide cervicale,
policontusioni), giudicate guaribili in giorni trenta e qualificate come volontarie
nelle sentenze di merito, aveva accelerato l’andatura del veicolo in direzione
dell’assistente Litrico che gli sì era parato dinanzi, orientando la marcia secondo
gli spostamenti dello stesso, che era stato investito e caricato sul cofano
dell’autovettura per alcune decine di metri, mentre il Ribecai accelerava
l’andatura, riuscendo il Litrico ad evitare conseguenze letali solo grazie alla sua
prontezza di riflessi, poiché si gettava a terra da un lato, subendo tuttavia varie
lesioni (trauma cranico commotivo, trauma toracico addominale, trauma
distorsivo del rachide cervicale), giudicate guaribili in venti giorni.
La sentenza d’appello descrive il contesto della vicenda criminosa: nella
stessa serata in cui furono commessi i reati in danno dei predetti operatori di
polizia, il Ribecai aveva già tentato di rubare una prima autovettura, venendo
sorpreso dal proprietario della stessa che lo aveva trattenuto, richiedendo
l’intervento della polizia; era stato, quindi, condotto presso gli uffici della
questura, quale persona indagata per tentato furto, e denunciato in stato di
libertà; uscito dagli uffici della polizia, aveva subito dopo sottratto l’autovettura
Hyundai di cui sopra, ed era stato casualmente intercettato dalla pattuglia
composta dai verbalizzanti, Litrico e Malentacchi, i quali gli avevano intimato l’alt

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di Stato, composta dal predetto Litrico e dall’agente Malentacchi Michela, postisi

perché procedeva in modo pericoloso, a zig-zag, senza rispettare la segnaletica
stradale.
Il Ribecai si era, allora, dato alla fuga guidando anche contromano fino
all’urto contro il cassonetto e alle successive lesioni cagionate ai suoi inseguitori
con le modalità sopra descritte.
La contestazione di tentato omicidio in danno del Litrico era giustificata,
secondo la Corte di merito, dal fatto che il Ribecai aveva diretto l’autovettura

particolare, anziché approfittare degli spostamenti compiuti dal Litrico per evitare
di essere investito, deviando la traiettoria di marcia per allontanarsi senza
urtarlo, l’imputato aveva invece ripetutamente diretto l’autovettura proprio
contro il punto in cui l’agente di volta in volta cercava di defilarsi, caricandolo sul
cofano e trasportandolo per alcuni metri, fino a quando il Litrico, gettatosi a terra
lateralmente, era riuscito a schivare il peggio; l’imputato, quindi, non si era
limitato ad accettare il rischio di provocare la morte del verbalizzante, ma, pur di
evitare di essere fermato e arrestato, attuando deliberatamente le dette
manovre, aveva accettato e voluto, anche in via alternativa, che la vittima
subisse lesione della sua integrità fisica fino alla soppressione della vita.
Quanto al ritenuto delitto di lesione volontaria in danno della Malentacchi,
così derubricato dal primo giudice il reato di tentato omicidio originariamente
contestato anche nei riguardi della stessa, il dolo emergeva, secondo la Corte
territoriale, dal fatto che la strada era illuminata e che il Ribecaí, prima di
effettuare la retromarcia, si era voltato ed era stato, quindi, in condizioni di poter
percepire la presenza della persona offesa, deliberatamente urtata per
ostacolarne l’azione inseguitrice; non sussisteva, inoltre, incompatibilità tra la
dinamica dell’azione descritta nel verbale di arresto e quella sommariamente
esposta nel referto medico delle lesioni subite dalla Malentacchi: non poteva
escludersi, infatti, che il Ribecai, dopo l’urto del cassonetto e la messinscena del
finto accasciamento per provocare l’uscita dei verbalizzanti dal veicolo di servizio
e guadagnare la fuga, avesse deliberatamente diretto l’autovettura in
retromarcia contro lo sportello aperto dell’auto dei verbalizzanti, mentre l’agente
Malentacchi stava scendendo dal veicolo, con la consapevole volontà di colpirla.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ribecai
tramite il difensore, avvocato Anna D’Angelo, la quale articola due motivi.
2.1. Con il primo motivo il difensore denuncia violazione di legge con
riguardo alla qualificazione del fatto in danno dell’assistente Litrico come tentato
omicidio.
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proprio contro il verbalizzante postosi davanti al veicolo per fermarlo: in

La volontà dell’imputato, da valutare anche in relazione alle sue ridotte
capacità intellettive e cognitive ulteriormente compromesse dall’abuso di
sostanze alteranti, era chiaramente diretta a sfuggire all’arresto da parte dei
verbalizzanti e ad assicurarsi il possesso dell’autovettura appena sottratta; la
soppressione fisica dell’assistente Litrico, investito nel corso della fuga, non fu
prevista e voluta con dolo alternativo, come ritenuto in sentenza, bensì fu
oggetto al più di dolo eventuale, notoriamente incompatibile con la struttura del

del delitto.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio della motivazione per
mancanza o contraddittorietà, con riguardo alla qualificazione del fatto in danno
dell’agente Malentacchi come lesione volontaria.
La sentenza impugnata avrebbe omesso la risposta al motivo di appello,
specificamente formulato, in punto di denunciata contraddizione tra il contenuto
del verbale di arresto circa l’investimento della Malentacchi, già scesa
dall’autovettura di servizio, da parte dell’imputato alla guida del veicolo rubato in
fase di retromarcia, e il diverso contenuto del referto ospedaliero, a firma del
medico di guardia, Onetto Federica, recante un’altra descrizione della dinamica
delle lesioni subite dalla Malentacchi: l’agente sarebbe stata colpita dallo
sportello già aperto dell’autovettura di servizio, mentre tentava di scendere
dall’auto, nel corso della manovra in retromarcia compiuta dal Ribecai dopo
essere finito contro un cassonetto dell’immondizia, e, una volta ripreso
l’inseguimento dell’imputato, avrebbe subito il trauma distorsivo del rachide
cervicale per gli ulteriori urti dell’autovettura di servizio da parte del veicolo
condotto dall’imputato in fuga (speronamenti), che alla fine fu bloccato anche
grazie all’intervento di altre pattuglie della polizia chiamate in ausilio dai
verbalizzanti aggrediti.
In ogni caso, pur avallando la ricostruzione della dinamica lesiva sostenuta
nel verbale di arresto, considerate le circostanze del fatto commesso in orario
notturno, con ridotta visibilità, la sentenza non avrebbe adeguatamente
rappresentato, secondo il ricorrente, gli elementi a sostegno della riconosciuta
volontà del Ribecai di colpire l’agente Malentacchi, essendo invece plausibile che,
nella concitata manovra di retromarcia, mosso esclusivamente dall’urgenza di
guadagnare la fuga, l’esagitato imputato neppure si fosse accorto della presenza
della persona offesa dietro l’autovettura da lui guidata.

delitto tentato che postula l’univoca direzione degli atti idonei alla commissione

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo è infondato per l’insussistenza del vizio di violazione di
legge denunciato: i giudici di merito hanno ricostruito, con motivazione adeguata
e coerente, esente da vizi logici e giuridici, la dinamica dell’azione criminosa nei
confronti dell’assistente Litrico per la cui descrizione si rimanda a quanto sopra

per la rilevata volontà del Ribecai, alla guida spericolata dell’autovettura poco
prima rubata, di sottrarsi al controllo dei verbalizzanti a tutti i costi e, quindi,
rappresentandosi e volendo l’investimento anche mortale dell’assistente di polizia
che lo contrastava, Litrico Mirco, contro il quale diresse deliberatamente il veicolo
fino a caricarlo sul cofano dell’autovettura, mentre ne accelerava l’andatura.
Tale condotta, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, oltre ad
essere idonea a cagionare la morte per le modalità mirate all’investimento della
persona offesa che la contraddistinsero, rivela l’univoca direzione della volontà
dell’agente a cagionare anche il più grave evento letale, non verificatosi solo per
la prontezza di riflessi dell’assistente Litrico, balzato a terra dal cofano
dell’autovettura su cui era stato caricato, gettandosi di lato.
1.2. E’ parimenti infondato il secondo motivo, che denuncia il vizio di
motivazione quanto alla qualificazione della condotta dell’imputato nei confronti
dell’agente Malentacchi Michela come lesioni volontarie.
Contrariamente all’assunto del ricorrente, la Corte di merito non ha ignorato
la discrasia denunciata dall’imputato appellante con riguardo alle diverse versioni
della dinamica delle lesioni subite dall’agente di polizia.
Secondo la versione riportata dagli operatori di polizia nel verbale di arresto,
esse sarebbero state provocate dalla repentina manovra in retromarcia attuata
dal Ribecai, il quale, pur avvedutosi della presenza della Malentacchi discesa dal
veicolo anche per prestargli soccorso, al fine di districarsi dal cassonetto urtato e
di riguadagnare la fuga, dopo aver simulato il suo accasciamento sul volante per
indurre gli inseguitori ad uscire dal proprio mezzo, sarebbe improvvisamente
arretrato, col veicolo rubato, colpendo la Malentacchi visibile sulla strada
illuminata, cagionandole quindi volontariamente le lesioni refertate.
Secondo, invece, la descrizione della dinamica delle lesioni contenuta nel
referto medico, quelle al torace e al ginocchio destro sarebbero state provocate
dallo sportello aperto dell’autovettura della polizia contro il quale avrebbe urtato
il veicolo dell’imputato in retromarcia, senza avvedersi della presenza della
Malentacchi dietro lo sportello, mentre il trauma distorsivo del rachide cervicale
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illustrato, e da essa hanno tratto la qualificazione del fatto come tentato omicidio

era stato cagionato alla stessa agente successivamente, allorché, ripreso
l’inseguimento, il veicolo condotto dal Ribecai in fuga aveva nuovamente urtato
l’auto della polizia inseguitrice.
La Corte di appello ha risolto il contrasto tra le due dinamiche, come sopra
emerse, a favore della ricostruzione contenuta nel verbale d’arresto, ritenendo
che essa, proprio perché espressione di quanto direttamente percepito e
verbalizzato dai protagonisti del fatto, fosse più attendibile del referto medico

e da lui inteso in merito all’eziologia lesiva.
Va aggiunto che la Corte ha ritenuto che la descrizione della dinamica delle
lesioni patite dalla Malentacchi, contenuta nel certificato del pronto soccorso, non
fosse necessariamente incompatibile con il carattere volontario di esse, non
escluso dall’avere il Ribecai diretto l’auto in retromarcia contro lo sportello aperto
dell’auto di servizio mentre l’agente Malentacchi stava scendendo da esso, dopo
aver simulato il suo accasciamento sul volante proprio al fine di indurre gli
inseguitori ad uscire dal veicolo di servizio.
In breve, l’azione simulatoria posta in essere dall’imputato per indurre gli
inseguitori a lasciare il loro mezzo, mentre egli, innestando repentinamente la
retromarcia, riguadagnava la fuga, rendeva più ragionevole, secondo la Corte di
merito, ritenere che la Malentacchi fosse già uscita dal veicolo e, quindi, fosse
stata volontariamente colpita dall’imputato nella manovra di retromarcia prima di
riprendere la fuga.
Tale motivazione non è manifestamente illogica né contraddittoria e,
soprattutto, non ignora l’argomento difensivo sviluppato con i motivi di appello,
come sostenuto dal ricorrente.

2. Discende il rigetto del ricorso e, a norma dell’art. 616, comma 1, cod.
proc. pen., la condanna del Ribecai al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 27 gennaio 2015.

redatto, invece, dal medico del pronto soccorso sulla base di quanto a lui riferito

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