Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20422 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20422 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CICOGNINI ERMANNO, nato a Milano il 30/07/1962

avverso la sentenza del 14/07/2017 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Giulio Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Edoardo Toraldo, in sostituzione dell’avv. Claudia
Zeni, che ha concluso riportandosi ai motivi.

Data Udienza: 27/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14/07/2017, la Corte di appello di Milano in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Pavia del 29.4.2016 – che aveva dichiarato
Cicognini Ermanno, nella qualità di titolare della omonima ditta individuale,
responsabile dei reati di agli artt. 8, comma 1 (capo 2) e 2, comma 1 ( capi 3,4,5)
del d.lgs 74/2000 (assolvendolo dal reato di cui al capo 1) e lo aveva condannato

ordine ai reati di cui ai capi 2) e 3) per essere estinti per prescrizione e riduceva
la pena ad anni due e mesi uno di reclusione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Cicognini
Ermanno, a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 507 cod.proc.pen. e del diritto
di difesa, lamentando che il Tribunale aveva disposto l’esame testimoniale dei
militi della Guardia di Finanza delle sezioni di Voghera e Clusone, nonostante essa
non fosse mai stata richiesta dal P.M, esercitando i poteri di cui all’art. 507
cod.proc.pen. prima che fosse terminata l’acquisizione della prova; proposto
motivo di appello sui punto, la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che
il Tribunale avesse correttamente applicato il disposto dell’art. 507 cod.proc.pen,
in quanto le verifiche effettuate dalle sezioni di Voghera e Clusone non erano state
mai acquisite neppure in fase di indagini preliminari e la difesa si era opposta
all’escussione dei testi in questione.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 2 d.lgs 74/2000 in relazione
alla configurabilità della condotta tipica, lamentando che la Corte territoriale aveva
tratto la prova dell’elemento costitutivo del reato (indicazione delle fatture o di
altro documento in una delle dichiarazioni sui redditi o sul valore aggiunto) dalle
dichiarazioni rese dal teste Pitagora.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla sussistenza
del dolo specifico, lamentando che la motivazione esposta dalla Corte territoriale
era di mero stile e fondata su una non corretta valutazione del materiale
probatorio.
Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione al trattamento
sanzionatorio, lamentando che, nonostante la dichiarazione di estinzione del reato
di cui al capo 2), individuato dal Tribunale quale reato più grave, la Corte

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alla pena di anni due e mesi tre di reclusione- dichiarava non doversi procedere in

territoriale non aveva rideterminato la pena considerando i soli fatti di cui ai capi
4) e 5), meno gravi di quelli coperti dalla prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, il giudice può
esercitare il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova,

parti avrebbero potuto richiedere e non hanno richiesto; (Sez.U, n.41281 del
17/10/2006, Rv.234907; Sez.2, n.31882 del 30/06/2016, Rv.267505; Sez.3,
n.38222 de 25/05/2017, Rv.270802).
Ed è stato precisato che l’ammissione di una prova testimoniale non
tempestivamente indicata dalla parte nell’apposita lista testimoniale non comporta
alcuna nullità, nè la prova in questione, dopo essere stata assunta, può essere
considerata inutilizzabile, considerato che rientra nei poteri del giudice acquisire
prove anche d’ufficio, come previsto dall’art. 507 cod.proc.pen. (Sez.5, n.8394 del
02/10/2013, dep.21/02/2014, Rv.259049; Sez. 5, n. 15325 del 10/02/2010, Rv.
246873; Sez. 5, n. 8394 del 02/10/2013, dep. 2014, Rv. 259049; Sez.2, n.31882
del 30/06/2016, Rv.267505, cit.).
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Com’è noto, il principio generale della fase della valutazione della prova è
quello del libero convincimento del Giudice: il Giudice, con il limite dell’onere di
motivazione, è libero di determinare la credibilità delle fonti e l’attendibilità delle
rappresentazioni che queste fonti hanno portato nel processo, nel rispetto delle
regole che sono stabilite dal codice di procedura penale e senza la presenza di
prove legali.
Nel processo penale, a differenza di quanto avviene nel processo civile, non
esiste l’istituto della prova legale, che costituisce ipotesi nella quale la legge si
sostituisce al libero convincimento del Giudice nella valutazione di un determinato
elemento di prova.
Ne consegue l’affermazione che il Giudice può trarre la prova dell’elemento
oggettivo del reato di cui all’art. 2 d. Igs 74/2000 non solo da prove documentali
ma anche da prove testimoniali ove, come avvenuto nella specie con riferimento
alle dichiarazioni rese dal teste Pitagora (maresciallo della Guardia di Finanza di
Pavia), dia adeguatamente conto della attendibilità e credibilità delle fonti e degli
elementi di prova posti a fondamento dell’affermazione di responsabilità.
3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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previsto dall’art. 507 cod. proc. pen., anche con riferimento a quelle prove che le

Questa Corte ha affermato che il dolo di evasione deve sussistere al momento
della consumazione del reato e, dunque, in quello della presentazione (o
trasmissione in via telematica) della dichiarazione nella quale sono indicati gli
elementi passivi fittizi, non in quello antecedente della annotazione in contabilità
della fattura; la presentazione/trasmissione della dichiarazione si traduce in un
atto che esce dalla sfera soggettiva del contribuente, per porsi quale elemento
strutturale della fattispecie, la cui realizzazione segna la consumazione del reato
(Sez U, n. 2333 del 03/02/1995, Aversa, Rv. 200260; Sez. 3, n. 25808 del

Inoltre, l’accertamento del dolo specifico costituito dal fine di evadere le
imposte, che concorre ad integrare il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. 10 marzo
2000, n. 74, è riservato al giudice di merito e, se adeguatamente e logicamente
motivato, è incensurabile in sede di legittimità (Sez.3, n.27112 del 19/02/2015,
Rv.264390).
Nella specie, i Giudici di merito hanno tratto la prova del dolo di evasione dalle
stesse modalità della condotta caratterizzata da una sistematica creazione di costi
e voci passive inesistenti- portati dalle fatture per operazioni inesistenti indicate
scientemente nelle relative dichiarazioni dei redditi- inserita “nel quadro all’interno
del quale l’imputato era solito agire, intrattenendo regolarmente rapporti
commerciali fittizi con ditte individuali fantoccio”.
La motivazione offerta dalla Corte territoriale a fondamento dell’accertamento
dell’elemento psicologico ha tenuto conto di tutti gli elementi fattuali rilevanti, e si
connota come adeguata e priva di vizi logici e, pertanto, si sottrae al sindacato di
legittimità.
4.11 quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, nel rideterminare la pena a seguito della intervenuta
prescrizione del reato più grave (capo 2) sul quale era stata calcolata la pena base,
determinando la nuova pena base in misura identica a quella del reato più grave
dichiarato prescritto, ha irrogato una pena finale inferiore a quella applicata dal
primo giudice così non incorrendo nella violazione dell’art. 597 cod.proc.pen.
Va ricordato che nel giudizio di appello, il divieto di “reformatio in peius” della
sentenza impugnata dal solo imputato non riguarda unicamente l’entità
complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua
determinazione, per cui il giudice di appello, quando esclude uno dei reati in
continuazione e per l’effetto infligge una sanzione inferiore a quella applicata in
precedenza, non può fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella
determinata in primo grado (Sez. un., 27 settembre 2005, n. 40910, William
Morales, Rv 232066; nonchè Sez.2,n.5502 del 22/10/2013, dep.04/02/2014,
Rv.258263, che ha affermato che nel giudizio di appello instaurato a seguito di
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16/03/2016, Pescali, Rv. 267659; Sez.3, n.37848 del 29/03/2017, Rv.271044).

impugnazione del solo imputato, viola il divieto della “reformatio in peius” il giudice
che, in ipotesi di reato continuato, dichiari la prescrizione per la violazione ritenuta
più grave in primo grado e ridetermini la nuova pena base in relazione ad altro
reato, in maniera superiore a quella in precedenza stabilita e Sez.2, n.48259 del
23/09/2016, Rv.268636, che ha ribadito che nel giudizio di appello, il divieto di
“reformatio in peius” della sentenza impugnata dal solo imputato non riguarda
unicamente l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che
concorrono alla sua determinazione, per cui il giudice di appello, quando esclude

applicata in precedenza, non può fissare la pena base in misura superiore rispetto
a quella determinata in primo grado.
5. Alla manifesta infondatezza dei motivi proposti consegue la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso il 27/02/2018

Il Consigliere estensore
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Il Presidente
Gastone Andreazza

uno dei reati in continuazione e per l’effetto infligge una sanzione inferiore a quella

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