Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20417 del 21/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20417 Anno 2018
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Delicato Mario, nato a Cassino il 31/10/1946

avverso la sentenza del 21/10/2016 della Corte d’appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Cuomo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso quanto al capo A),
annullamento senza rinvio per il capo B) per prescrizione e con riferimento al
capo C) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e rideterminazione
della pena;
udito per l’imputato l’avv. L.R. Perone che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Delicato Mario ricorre per l’annullamento della sentenza, emessa in data
21 ottobre 2016, della Corte di appello di Roma che ha confermato la sentenza
del Tribunale di Roma di condanna, alla pena di mesi tre di reclusione, per i reati
di cui agli artt. 56, 515 cod.pen., perché quale gestore del ristorante-pizzeria

Data Udienza: 21/02/2018

”L’angolo degli amici” deteneva per la somministrazione prodotti ittici congelati
senza indicazione nel menù di tale originaria condizione (capo a), art. 5 lett. b)
della legge n. 283 del 1962, perché nella medesima qualità deteneva nel
congelatore prodotti vari freschi all’origine e successivamente congelati e
contenuti in buste non idonee allo scopo e prive di etichettatura, prodotti scaduti
e invasi di insetti (capo b), fatti commessi in Ostia Lido il 09/12/2011, e art. 650
cod.pen.(capo c), perché non ottemperava all’ordinanza di sospensione
dell’attività commerciale emesso dall’ASL in data 09/12/2011, in quanto alla data

2. Deduce il ricorrente, con il primo motivo, la violazione di cui all’art. 606
comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. per avere, il Giudice, illogicamente
motivato l’affermazione della responsabilità in relazione all’art. 56, 515 cod.pen.
in assenza di prova di una consegna di una cosa diversa all’acquirente,
mancherebbe anche un’attività ingannatoria necessaria per l’integrazione del
reato. In ogni caso il pesce fresco ben poteva essere presente il giorno del
controllo.
Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett.
b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 650 cod.pen. La Corte d’appello
avrebbe confermato la decisione di condanna travisando la prova testimoniale
del teste Carbone che aveva dato atto che al momento del controllo vi erano
persone sedute ai tavoli che bevevano e vi era un “vassoio di paste”,
dichiarazioni non comprese dalla corte territoriale che ha tratto la prova della
riapertura del locale in violazione del provvedimento di sospensione dall’attività
commerciale.
Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b)
ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 5 lett. b) della legge n. 283 del 1962.
La Corte d’appello avrebbe confermato la pronuncia di condanna in assenza
di prova rigorosa dell’insudiciamento.

3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso quanto
al capo A), annullamento senza rinvio per il capo B) per prescrizione e con
riferimento al capo C) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e
rideterminazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di motivi – il primo e
terzo- devoluti per la prima volta nel giudizio di legittimità.
La sentenza deve essere annullata senza rinvio con riguardo al reato di

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dell’accertamento il locale era aperto, accertato in Ostia Lido il 11/12/2011.

cui all’art. 650 cod.pen. di cui al capo C) perché il fatto non è previsto dalla legge
come reato.
L’art. 606 comma 3 cod.proc.pen. sanziona con l’inammissibilità i motivi
di ricorso oltre che per i motivi non consentiti, quelli manifestamente infondati o
fuori dai casi di cui agli artt. 569 e 609 comma 2 cod.proc.pen., anche di quelli
non dedotti con i motivi di appello, ciò sul rilievo che il requisito della specificità
dei motivi di cui all’art. 581, comma 1, lettera c),cod.proc.pen., implica non
soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione

modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime,
al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed
esercitare il proprio sindacato (cfr., ex plurimis, Sez. 4, 01/04/2004, Distante,
RV 228586; Sez. 2, 8 luglio 1999, Albanese, RV 214249; Sez. 5, 21 aprile 1999,
Macis, RV 213812; Sez. 1, 31 gennaio 1996, Arra, RV 203513; Sez. 1, 5 marzo
1994, Settecase, RV 196795; Sez. 6, 1° dicembre 1993, p.m. in c. Marongiu, RV
197180).
Dalla lettura della sentenza impugnata e dall’atto di appello (cfr. pag. 4)
risulta chiaramente che l’imputato aveva devoluto nell’atto di impugnazione
limitatamente la censura in relazione alla pronuncia di condanna in relazione
all’art. 650 cod.pen.

5. Non di meno, con riguardo a tale reato, ritiene il Collegio che assorbendosi le censure svolte nell’atto di impugnazione con riguardo a tale
imputazione- la sentenza impugnata debba essere annullata senza rinvio perché
la sanzione applicata per la contestata inottemperanza è stata irrogata contra

legem, non essendo sanzionabile ai sensi dell’art 650 cod.pen. l’inottemperanza
al provvedimento di sospensione dell’attività commerciale.
Il Collegio intende dare continuità alla costante giurisprudenza di questa
Corte per la quale l’inosservanza di ordinanze sindacali integra la
contravvenzione di cui all’art. 650 cod.pen. soltanto ove l’inottemperanza si
riferisca a provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati con riguardo a situazioni
non prefigurate da alcuna specifica ipotesi normativa, nel mentre resta estranea
alla sfera di applicazione della norma in parola l’inottemperanza a ordinanze
sindacali, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti vigenti, posto che
l’omissione, in tal caso, viene punita con la sanzione amministrativa da
specifiche norme del settore (Sez. 1, n. 1200 del 15/11/2012, Napoli,
Rv. 254247; Sez. 1, n. 7893 del 08/02/2007, Nigro, Rv. 236244).
Segnatamente l’inottemperanza al provvedimento di sospensione
dall’attività commerciale emesso dal Servizio SIAN dell’Azienda Usl di Roma,
trattandosi di ordinanza volta a dare attuazione a leggi e regolamenti (Reg. CE n.

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ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in

852/2004) è sanzionata a mente dell’art. 6 del decreto legislativo n. 193 del
2007, il quale al comma 5 prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da C
500,00 a C 3.000.00 e all’art. 2 individua l’autorità amministrativa competente
ad irrogare la sanzione.

6. Consegue che la sentenza va sul punto annullata senza rinvio perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato e va eliminata la pena per esso
inflitta di un mese di reclusione (pena irrogata dal Tribunale per il reato di cui

deve essere dichiarato inammissibile.
Infine, copia degli atti vanno trasmessi al Dipartimento di prevenzione Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione – Regione Lazio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo C)
dell’imputazione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina
la relativa pena di mesi uno di reclusione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dispone la trasmissione di copia degli atti al Dipartimento di prevenzione Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione – Regione Lazio.
Così deciso il 21/02/2018

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all’art. 650 cod.pen. in aumento a titolo di continuazione). Nel resto il ricorso

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