Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20414 del 04/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20414 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Dietsch Eva Maria, nata in Germania il 28/10/1948
avverso la ordinanza del 25/09/2014 del Tribunale della libertà di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per la ricorrente l’avv. Luca Perone che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;

Data Udienza: 04/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Eva Maria Dietsch ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza indicata
in epigrafe con la quale il tribunale della libertà di Roma ha confermato
l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale del 9 settembre 2014, con la quale era
stata applicata nei confronti dell’indagata la misura della custodia cautelare in
carcere, in relazione alla detenzione a fini di cessione di un’ingente quantitativo
di cocaina. Il Gip aveva considerato rilevante, per riconoscere la sussistenza di

esiti degli accertamenti di polizia giudiziaria e dei servizi di osservazione, nonché
della perquisizione e del sequestro, considerando concreto il pericolo di
reiterazione del reato. Il reato contestato consisteva, in particolare, nell’avere
detenuto, in concorso con tali Maringlen Ndoj e Michael Engelke, ad evidenti fini di
spaccio, desumibili dall’ingente quantità e dalle modalità di occultamento della
sostanza, nascosta all’interno di vani appositamente ricavati in un’auto, circa 42
chili di cocaina, confezionati in 37 panetti avvolti con il cellophane e dai quali
erano ricavabili, sulla base della consulenza del pubblico ministero, 91.830 dosi
singole medie.

2.

Per la cassazione dell’impugnata ordinanza, la ricorrente solleva,

personalmente, due motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp.
att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la stesura della
motivazione.
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di una manifesta illogicità della
motivazione ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e), in ragione del palese
travisamento dei fatti esposti nel verbale di arresto del 6 settembre 2014 e
nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare del 9 settembre 2014 in
ordine ai gravi indizi di colpevolezza.
Assume che, alla luce della descrizione dei fatti come cristallizzati nel
verbale di arresto redatto dalla polizia giudiziaria e successivamente riportati
nell’ordinanza cautelare, non fosse possibile individuare, nel patrimonio
dimostrativo acquisito ai fini cautelari, alcun grave indizio in ordine alla effettiva
conoscenza, da parte della ricorrente, della presenza, a bordo dell’automobile
Porsche, della sostanza stupefacente in sequestro.
È stato infatti evidenziato che, al di là della mera presenza della ricorrente
all’interno della vettura e, poi, del garage, non fossero stati accertati o riferiti
ulteriori dati di fatto dai quali fosse possibile argomentare, in via logica, la
sussistenza, in capo alla ricorrente, dell’elemento psicologico della condotta di
detenzione dello stupefacente, stante l’impossibilità anche solo di immaginare un
effettivo dominio della ricorrente sul veicolo sequestrato, e/o il compimento di un

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gravi indizi di colpevolezza, gli elementi desumibili dal verbale di arresto, dagli

intervento svolto, in concorso con altri, sulla suddetta autovettura al fine di
occultare la sostanza, o anche solo l’effettiva consapevolezza da parte sua che
terze persone avessero precedentemente occultato, all’interno dell’auto, lo
stupefacente.
Il tribunale cautelare, e prima ancora il giudice per le indagini preliminari,
hanno pertanto configurato gli indizi di colpevolezza a carico della ricorrente in
violazione delle regole di giudizio che governano la prova indiretta, anche in
materia cautelare, e senza alcuna motivazione circa la sussistenza dell’elemento

2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione di legge per
manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera
e), codice penale in ragione della palese insussistenza delle paventate esigenze
cautelari.
Per quanto attiene alla sussistenza delle esigenze cautelari, che il gip ha
inteso salvaguardare tramite l’ordinanza di applicazione della misura cautelare,
confermata dal tribunale del riesame, sostiene la ricorrente come il paventato
inserimento della stessa in una vasta attività di traffico di sostanze stupefacenti
non abbia trovato alcun tipo di conforto ulteriore rispetto, anche in questo caso,
alla presenza dello stupefacente all’interno del veicolo posto sotto sequestro.
Ne consegue che non sussiste alcun indizio in ordine al pericolo di
reiterazione del reato ovvero alcun pericolo di fuga dal territorio nazionale
mentre, al contrario, lo stato di incensuratezza della ricorrente avrebbe dovuto
indurre ad argomentare in senso contrario.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e presentato
fuori dai casi consentiti.

2.

Il Collegio cautelare ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza nei

confronti della ricorrente sul rilievo che la polizia giudiziaria aveva osservato che
la stessa, unitamente agli altri due correi, fosse intenta a maneggiare degli
attrezzi e degli utensili meccanici, notando nei pressi del portabagagli della
Porsche, rinvenuto aperto, un lungo tondino filettato con un gancio ricurvo
idoneo ad estrarre involucri ben custoditi, tanto che, a seguito di accertamenti
più approfonditi proprio all’interno dell’autovettura Porsche, vennero rinvenuti,
suddivisi in 37 panetti di cellophane, 42,088 kg di sostanza stupefacente del tipo
cocaina.
La ricorrente obietta che tale assunto, contenuto nella motivazione del
tribunale cautelare, si risolverebbe in un macroscopico errore nella ricostruzione

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psicologico in capo alla ricorrente.

del fatto perché dal verbale di arresto non risulterebbe la circostanza circa il
maneggio da parte della ricorrente stessa degli attrezzi e degli utensili meccanici
che erano invece in possesso dei due uomini, identificati nei conducenti di
veicoli, e non di tutti i soggetti presenti all’interno del garage.
Tuttavia, a parte il difetto di autosufficienza del formulato rilievo sviluppato
in modo del tutto assertivo, il motivo di ricorso non si confronta con la struttura
complessiva della motivazione, avendo il tribunale cautelare osservato come il
viaggio in Italia, sprovvisto di altra ragione diversa dal trasporto della droga, dei

previo concordato appuntamento dato a quest’ultimo (con modalità del tutto
anomale, come emerge dallo stesso ricorso a pag. 2, in quanto, dopo un segnale
con i fari, sia l’Audi che la Porsche si diressero verso il garage dove intervenne la
polizia giudiziaria a sequestrare il quantitativo di sostanza stupefacente
rinvenuto), la presenza di tutti gli indagati nel garage, l’assenza di una versione
alternativa fossero elementi, nel loro complesso, idonei a confermare
l’allarmante contesto nel quale essi risultavano solidamente inseriti e desumibile
non soltanto da rapporti intessuti, senza che fosse risultata una qualsiasi
spiegazione, tra cittadini di diversa nazionalità, ma anche dalla quantità di
stupefacente rinvenuto e dalle modalità di occultamento dello stesso, trattandosi
di circostanze che fondatamente inducevano a ritenere pienamente raggiunta la
prova cautelare a carico dei ricorrenti stessi i quali, verosimilmente, avrebbero
dovuto consegnare l’ingente quantitativo di stupefacente allo Ndoj e, in tal
senso, è risultata inquietante la piena affidabilità dimostrata dagli indagati e
dunque anche la loro piena consapevolezza del trasporto illecito.
In altri termini, il tribunale distrettuale, sulla base di specifici elementi, ha
ritenuto che gli occupanti della Porsche, tra cui la ricorrente, fossero adibiti al
trasporto ed alla successiva consegna di una notevolissima quantità di sostanza
stupefacente, circostanza spiegabile soltanto attraverso uno stabile inserimento
nel circuito del traffico della droga, tenuto conto del loro coinvolgimento in un
trasporto di così ingente valore, trattandosi inoltre di una operazione
particolarmente rischiosa.
Al cospetto di tale motivazione, le doglianze della ricorrente si risolvono
sostanzialmente in censure fattuali tendenti a sostenere un’interpretazione
alternativa dei fatti, preclusa in sede di legittimità.
Fermo il principio che la Corte di cassazione è giudice della motivazione del
provvedimento impugnato e non giudice delle prove acquisite nel corso del
procedimento, va ricordato che il vizio di motivazione, che risulti dal testo del
provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati, in
tanto sussiste se ed in quanto si dimostri che il testo del provvedimento sia
manifestamente carente di motivazione e/o dì logica, e non invece quando si
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cittadini tedeschi, tra cui la ricorrente, i loro rapporti con un cittadino rumeno, il

opponga alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una
diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di
Francesco, Rv. 205621).
Infatti, come più volte affermato da questa Corte, l’indagine di legittimità sul
discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato al giudice di legittimità essere limitato – per espressa
volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di

avvalso per sostanziare il suo convincimento, esulando dai poteri della Corte di
cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone ed altri, Rv. 207944).

3.

Anche il secondo motivo, nei limiti della prospettata doglianza, è

manifestamente infondato.
La ricorrente denuncia il vizio di motivazione reclamando esclusivamente
l’insussistenza delle esigenze cautelari, laddove il tribunale cautelare ha
individuato dette esigenze sulla base del pericolo di ripetizione criminosa
specifica tenuto conto delle modalità professionali di gestione del traffico di
sostanze stupefacenti, oltre al pericolo di fuga essendo la ricorrente risultata
stabilmente residente in Germania e priva sul territorio nazionale del minimo
riferimento, desumendo pertanto da ciò il concreto rischio che, ove rimessa in
libertà, potrebbe allontanarsi dal territorio nazionale al fine di sottrarsi alla pena,
particolarmente elevata, che potrebbe esserle applicata.
L’ordinanza, sul punto, è sufficientemente motivata e perciò non merita,
all’evidenza, il rimprovero che le viene in modo apodittico mosso ossia di essere
caratterizzata da manifesta illogicità, non potendo il solo stato di incensuratezza
essere posto a fondamento della ritenuta assenza delle esigenze cautelari.

4. Sulla base delle precedenti considerazioni il ricorso deve perciò essere
dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,

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verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è

l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1 ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 04/02/2015

Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore

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