Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20413 del 16/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20413 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: ZUNICA FABIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Della Gala Angelo, nato a Milano il 28-12-1984,
avverso la sentenza del 17-02-2017 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Simone Perelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’avvocato Isabella Negro, sostituto processuale dell’avv.
Susanna Caro, che si riportava al ricorso chiedendone l’accoglimento.

Data Udienza: 16/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Firenze del 21 novembre 2012, Angelo
Della Gala veniva condannato alla pena di mesi 8 di reclusione ed C 2.000 di
multa in ordine al reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 309/90, ritenuta l’ipotesi di
cui al comma V, per aver detenuto, a fini di spaccio, gr. 13,59 di hashish
occultati sulla propria persona, e gr. 75 e 05,11 della stessa sostanza, occultata
in locali nella propria disponibilità, in Sesto Fiorentino il 20 ottobre 2010.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 17 febbraio 2017, in parziale

autonoma di reato ex art. 73 del d.P.R. 309/90, rideterminava la pena in mesi 7
di reclusione ed C 1.550 di multa.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello toscana, Angelo Della Gala,
tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 cod.
proc. pen., evidenziando che il Tribunale prima e la Corte poi avevano dato peso
solo al dato ponderale, trascurando di considerare la circostanza, pacificamente
emersa dall’istruttoria, che il ricorrente era consumatore abituale di droga, il che
peraltro era confermato dal fatto che presso la sua abitazione non erano stati
rinvenuti né strumenti di misurazione, né sistemi di confezionamento delle
sostanze stupefacenti, né comunque agende con i nominativi di acquirenti.
Con il secondo motivo, viene contestata la mancanza e manifesta illogicità della
motivazione, con riferimento al recepimento acritico delle prove raccolte e alla
mancata considerazione della versione difensiva del consumo personale di droga,
non potendosi ritenere quindi superata nel caso di specie la soglia del
“ragionevole dubbio”, imposta per l’affermazione del giudizio di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è infondato.

2. Iniziando dal primo motivo, deve evidenziarsi che, rispetto al giudizio di
colpevolezza dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto, le decisioni di merito
(sul punto tra loro conformi, per cui la struttura motivazionale della sentenza di
appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo
argomentativo), non prestano il fianco a censure; ed invero la destinazione allo
spaccio dello stupefacente è stata desunta, in modo tutt’altro che illogico, dalla
circostanza che l’imputato è stato trovato in possesso di ben 80 dosi di sostanza
stupefacente, quantitativo già di per sé idoneo a rendere poco plausibile la tesi di
uno uso esclusivamente personale della droga, tanto più alla luce del fatto che in
casa di Della Gala è stato rinvenuto un sacchetto contenente altri 80 grammi di
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riforma della sentenza di primo grado, riqualificato il fatto come ipotesi

hashish, il che rendeva inverosimile l’ipotesi che l’imputato, già in possesso di
numerosissime dosi, avrebbe dovuto acquistare altri pacchettini di hashish.
Di qui la conclusione che le dosi di cui Della Gala era stato trovato in possesso
all’interno del bar “La Zambra” fossero destinate alla cessione immediata e che
la stessa destinazione doveva aveva il panetto rinvenuto nella sua abitazione.
Né appare dirimente in senso contrario l’obiezione difensiva secondo cui non
sarebbero stati trovati nella casa del ricorrente i tradizionali strumenti dello
spaccio, non essendo idoneo il dato negativo segnalato dalla difesa a
neutralizzare la pregnante valenza probatoria delle circostanze valorizzate dal

complessiva e non frammentaria dell’intero materiale probatorio acquisito.
In definitiva, la motivazione delle due sentenze di merito, in quanto saldamente
ancorata alle risultanze probatorie acquisite e fondata su argomenti razionali e
coerenti, non presenta profili di illegittimità rilevabili in questa sede, per cui la
doglianza difensiva appare infondata.
3. Passando infine al secondo motivo, occorre richiamare l’orientamento
ormai costante di questa Corte (cfr. ex multis Sez. 2, n. 29480 del 7/02/2017,
Rv. 270519), secondo cui il principio dell’ “oltre ragionevole dubbio”, introdotto
nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura
del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non
può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di
ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di
merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di
attenta disamina da parte del giudice dell’appello, giacché la Corte è chiamata a
un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di
una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi
imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito.
Alla luce di tale condivisa premessa ermeneutica, deve essere esclusa una lacuna
motivazionale della sentenza impugnata, in quanto come si è visto la Corte di
appello, come già aveva fatto il Tribunale, si è adeguatamente confrontata con la
versione difensiva dell’uso personale della droga, peraltro non sostenuta
direttamente dall’imputato, rimasto silente, legittimamente, nei due gradi di
merito, superandola con argomentazioni logiche e non apodittiche, per cui anche
tale doglianza, formulata peraltro in modo generico, risulta priva di fondamento.
4. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso
proposto nell’interesse di Della Gala deve essere rigettato, con conseguente
onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le
spese del procedimento.

Tribunale prima e dalla Corte di appello, in una lettura doverosamente

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 16/02/2018

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