Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20412 del 15/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20412 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: ZUNICA FABIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Odeh Luke Ehis, nato in Nigeria il 04-12-1987;
avverso la sentenza del 24-09-2013 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Fulvio Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 15/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 3 aprile 2013, il Tribunale di Bergamo condannava
Odeh Luke Ehis alla pena di anni 6 di reclusione ed 15.000 di multa in ordine al
reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 309/90, per aver trasportato dalla Spagna fino
allo scalo aeroportuale di Orio al Serio ovuli di sostanza stupefacente del tipo
cocaina per un peso lordo di gr. 209 che lo stesso, al fine di evitare i controlli,
aveva provveduto a ingerire, fatto commesso in Orlo al Serio il 9 ottobre 2011.
Con sentenza del 24 settembre 2017, la Corte di appello di Brescia, in parziale

reclusione ed C 15.000 di multa, rigettando il ricorso incidentale del Procuratore
generale presso la Corte di appello di Brescia e confermando nel resto.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello bresciana, Odeh Luke Ehis,
tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando 4 motivi.
Con il primo lamenta la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione e l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in
relazione all’accertamento della natura della sostanza stupefacente, rilevando
che solo uno degli ovuli sequestrati è stato oggetto di verifica, potendo solo
l’analisi chimica consentire di stabilire la tipologia e il potere dello stupefacente e
non assumendo rilievo in senso contrario la confessione dell’imputato.
Con il secondo motivo, la difesa censura la mancata assoluzione per sussistenza
della causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen., sostenendosi al riguardo
la contraddittorietà della motivazione della sentenza, nella misura in cui ha
ritenuto la versione dell’imputato credibile solo nell’ottica della confessione e non
anche nella parte in cui il ricorrente ha dedotto lo stato di necessità.
Con il terzo motivo, viene censurato il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui
all’art. 73 comma 5 del d.P.R. 309/90, osservandosi che la limitatezza delle
analisi chimica avrebbe dovuto quantomeno indurre a escludere l’esistenza di un
significativo principio attivo medio e di un elevato numero di dosi ricavabili,
avendo invece la Corte valorizzato unicamente il dato ponderale, utilizzando
peraltro delle espressioni (“il che evoca”, “è ragionevolmente ipotizzabile”) che
rimandano a una situazione di dubbio, coerente con le risultanze probatorie.
Con il quarto motivo, infine, la difesa sollecita il pronnovimento della questione di
illegittimità costituzionale dell’art. 73 comma 1 del d.P.R. 309/90 per violazione
degli art. 3 e 27 Cost., nella parte in cui fissa come limite edittale minimo una
pena eccessiva, in quanto identica a quella prevista come limite massimo per la
fattispecie di lieve entità (4 anni di reclusione).

CONSIDERATO IN DIRITTO

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riforma della pronuncia di primo grado, riduceva la pena ad anni 4 e mesi 4 di

1. Il ricorso è infondato.
2. Iniziando dal primo motivo, occorre rilevare che, nell’ambito della
ricostruzione del fatto, la sentenza impugnata ha correttamente richiamato
l’orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 5130 del 04/11/2010, Rv. 249703
e Sez. 3, n. 28556 del 21/06/2012, Rv. 253149), secondo cui in tema di spaccio
di stupefacenti, per stabilire l’effettiva natura stupefacente di una sostanza, non
è necessario ricorrere ad una perizia tossicologica, essendo sufficienti altri mezzi
di prova, quali le dichiarazioni testimoniali, gli accertamenti di polizia ecc.

stesso imputato a ricostruire in sede di interrogatorio la vicenda quale trasporto
di droga, riferendo di avere, su incarico di terzi e dietro promessa di compenso in
denaro, ingerito 40 ovuli effettuando il viaggio aereo da Barcellona in Italia, dove
avrebbe dovuto consegnare gli stessi a una persona dimorante a Torino.
Le caratteristiche dell’operazione sono state coerentemente ritenute tali da
rendere oggettivamente inverosimili spiegazioni alternative circa il contenuto
degli ovuli ingeriti, tanto più alla luce del fatto che due degli ovuli presi in
consegna dopo essere stati evacuati dall’imputato risultavano contenere, all’esito
delle analisi chimiche, principio attivo compreso tra il 30,8 e il 36,5 °/0.
Orbene, la qualificazione della vicenda operata dalle due conformi decisioni di
merito, in quanto saldamente ancorata agli elementi probatori raccolti e sorretta
da argomentazioni tutt’altro che illogiche, deve ritenersi immune da censure.
3. Passando al secondo motivo, devono ugualmente escludersi profili di
illegittimità della motivazione rispetto al giudizio della Corte territoriale sulla
mancata configurabilità dello stato di necessità invocato dal ricorrente, essendo
stato messo in risalto in modo corretto che l’assunto dell’imputato di non potersi
sottrarre all’operazione di trasporto della droga, in quanto asseritamente
minacciato di morte da non meglio precisati soggetti, era del tutto generico e
pertanto inidoneo a far ritenere ravvisabile lo stato di necessità, alla stregua del
richiamato e condiviso indirizzo ermeneutico (v. Sez. 6, n. 28325 del
05/06/2003, Rv. 225761), secondo cui, in tema di cause di giustificazione,
l’imputato che deduca una determinata situazione di fatto a sostegno
dell’operatività di un’esimente reale o putativa deve provarne la sussistenza, non
essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio probatorio.
3. Parimenti infondato è il terzo motivo.
Ed invero il diniego della fattispecie di cui all’art. 73 comma V del d.P.R. 309/90
è stato motivato in modo razionale, e dunque non censurabile in questa sede, sia
in primo che in secondo grado, essendo stato valorizzato in senso ostativo al
riconoscimento della ridotta portata offensiva della condotta non solo il pur
significativo dato ponderale (40 ovuli, due dei quali contenenti stupefacente in
percentuale non inferiore al 30%), ma anche e soprattutto il fatto che a venire in

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Alla luce di tale premessa, la Corte territoriale ha evidenziato che era stato lo

rilievo era un’operazione di trasporto di stupefacente dall’estero in Italia
commissionato da narcotrafficanti stranieri, ciò a riprova delle dimensioni
certamente non lievi della condotta illecita, della cui occasionalità si è comunque
tenuto conto ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
4. Venendo infine al quarto motivo, deve evidenziarsi che, come indicato
dallo stesso ricorrente, la questione di legittimità costituzionale che si sollecita di
promuovere è stata in realtà già sollevata negli stessi termini illustrati dalla
difesa dal G.U.P. del Tribunale di Rovereto con ordinanza del 9 marzo 2016 (e

Nelle more è anche intervenuta la decisione della Corte costituzionale che, con
sentenza n. 179 del 7 giugno 2017, ha dichiarato inammissibili le questioni
sollevate, osservando innanzitutto che le due ipotesi di reato delineate
rispettivamente dal comma 1 e dal comma 5 dell’art. 73 sono due fattispecie
autonome, come peraltro riconosciuto da questa Corte di legittimità (cfr. Sez. 6,
24/11/2016 n. 5812 e Sez. 3, 23/2/2016 n. 23882), precisando altresì che non
si tratta di due fattispecie del tutto omogenee, posto che, sebbene nelle due
disposizioni le condotte siano descritte in termini analoghi, nondimeno il fatto di
non lieve entità di cui al comma 1 del citato art. 73 riguarda le sole droghe
“pesanti”, mentre il fatto di lieve entità di cui al comma 5 dello stesso art. 73 si
caratterizza per la mancata distinzione tra i diversi tipi di droghe.
Nell’evidenziare che le rilevate differenze tra i due reati non giustificano salti
sanzionatori di entità così rilevante come quello attualmente presente nei diversi
commi dell’art. 73, la Corte costituzionale ha tuttavia affermato che a tale
incongruenza può porsi rimedio attraverso una pluralità di soluzioni tutte
costituzionalmente legittime, sicché, la determinazione del minimo edittale per il
fatto non lieve ex art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, in misura pari al
massimo edittale del fatto lieve ex art. 73, comma 5, dello stesso decreto, non
costituisce l’unica soluzione in armonia con la Costituzione, fermo restando che
la tenuità o la levità del fatto possono essere (e sono) prese in considerazione
dal legislatore a diverso titolo e con effetti che possono determinare “spazi di
discrezionalità discontinua” nel trattamento sanzionatorio. Più precisamente, ha
aggiunto la Consulta, simile discontinuità può corrispondere a una ragionevole
esigenza di politica criminale volta a esprimere, attraverso un più mite
trattamento sanzionatorio, una maggiore tolleranza verso i comportamenti meno
lesivi e, viceversa, manifestare una più ferma severità, con sanzioni autonome
più rigorose, nei confronti di condotte particolarmente lesive. In definitiva, pur
formulando un pressante auspicio affinché il legislatore proceda rapidamente a
soddisfare il principio di necessaria proporzionalità del trattamento sanzionatorio,
risanando la frattura che separa le pene previste per i fatti lievi e per i fatti non
lievi dai commi 5 e 1 dell’art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990, il Giudice delle leggi
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prima ancora dal Tribunale di Ferrara con ordinanza del 18 novembre 2015).

ha affermato che il rispetto della priorità di valutazione da parte del legislatore
sulla congruità dei mezzi per raggiungere un fine costituzionalmente necessario
non possa che comportare la dichiarazione di inammissibilità delle questioni.
Alla luce della richiamata decisione della Consulta, non vi è dunque spazio per
l’accoglimento della sollecitazione difensiva.
5. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve
essere dichiarato quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15/02/2018

Il Coni ere egensgre
Abio Zunte ltu()-L\

Il Presdlente
Gaston1Andr azza

sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

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