Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20410 del 27/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20410 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Marangione Marisa, nata a Taranto il 07/02/1963,

avverso la sentenza del 22/09/2014 della Corte di appello di Lecce – Sez. dist. di
Taranto;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.La sig.ra Marisa Marangione ricorre, per il tramite del difensore di fiducia,
per l’annullamento della sentenza del 22/09/2014 della Corte di appello di Lecce
– Sez. distaccata di Taranto, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Taranto del 14/01/2014, ha ridotto la pena pecuniaria, quantificandola nella
misura di C 18.000,00 di multa, confermando la pena detentiva di quattro anni di
reclusione.

Data Udienza: 27/03/2015

L’imputata è stata irrevocabilmente ritenuta colpevole del reato di cui all’art.
73, comma 1-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, perché illecitamente deteneva,
al fine di venderli, 23 grammi circa (netti) di sostanza stupefacente del tipo
eroina, fatto commesso in Taranto il 04/10/2012.
1.1.Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R.
309 del 1990, e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione sul punto.
Deduce, al riguardo, che la Corte di appello, per escludere l’ipotesi lieve si è

sostanza detenuta, senza operare una valutazione congiunta e comparata dei
diversi e ulteriori parametri di riferimento indicati dalla norma e senza
considerare che nella propria abitazione non sono stati rinvenuti strumenti atti al
confezionamento della sostanza.
1.2.Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e),
cod. proc. pen., inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 99, cod. pen., e
mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione sul punto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

3.E’ fondato, in particolare, il solo primo motivo di ricorso.
La Corte di appello ha escluso la qualificazione del fatto in termini di lieve
entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, in base alle seguenti
considerazioni: a) l’imputata non fa uso di stupefacenti; b) la sostanza detenuta
nella propria abitazione è pari a gr. 23,733 (netti), divisi in 36 involucri di diverso
taglio e con identico confezionamento, dalla quale sono ricavabili 47 dosi medie
giornaliere; c) si trattava di sostanza già pronta per la cessione in diverso taglio
e dunque destinata a clientela di diversa tipologia; d) due involucri, infatti,
contenevano una pietra da quattro grammi ciascuno, quattro involucri
contenevano circa 1,814/1,950 grammi di sostanza ciascuno, gli altri 30 involucri
0,488 grammi ciascuno; e) l’identica percentuale di principio attivo prova la
provenienza dalla stessa partita di droga; f) l’imputata non è formalmente
titolare di redditi o attività lecite che consentano di poter acquistare la droga
sequestrata.
In tema di lieve entità del fatto di cui all’art. 73, d.P.R. 309/90, va ribadito il
principio secondo il quale la circostanza attenuante speciale

«può essere

riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile
sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla
disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che,

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limitata a dare rilievo al solo dato ponderale, niente affatto eccessivo, della

ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni
altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio» (Sez. U, n. 35737 del
24/06/2010; così anche Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera; Sez. 4, 29
settembre 2005, n. 38879, Frank, rv. 232428; Sez. 6, 14 aprile 2008, n. 27052,
Rinaldo, rv. 240981, richiamate in motivazione da Sez. U, 35737/2010, cit.).
Nel caso di specie la Corte di appello, diversamente da quanto affermato
dalla ricorrente, non si è limitata, per vero, a prendere in considerazione il solo
dato ponderale della sostanza detenuta, ma ha valutato anche altre circostanze

del fatto.
In particolare sono stati valorizzati i dati relativi alla diversa tipologia della
clientela (come desumibile dalle diverse modalità di confezionamento della
sostanza), la provenienza della sostanza da un’unica partita, l’assenza di lecite
fonti di reddito (dato questo che lascia intendere l’esercizio non occasionale
dell’attività).
Si tratta, tuttavia, di elementi insufficienti, di per sé non idonei a escludere
la minima offensività del fatto.
Occorre al riguardo evidenziare che lo stesso legislatore non ritiene
incompatibile l’ipotesi di lieve entità del reato di cui all’art. 73, d.P.R. 309 del
1990, con l’esercizio in forma organizzata dell’attività stessa, come si evince
chiaramente dalla possibilità che l’associazione per delinquere di cui all’art. 74,
stesso d.P.R., possa essere costituita anche al solo fine di commettere reati di cd.
“microspaccio” di cui all’art. 73, comma 5.
Ne consegue che la predisposizione di una minima attività rudimentale,
quale sintomo della non episodicità della singola condotta di spaccio o di
detenzione di sostanza stupefacente non è di per sé ostativa ad una valutazione
del fatto in termini di minima offensività (cfr. sul punto, Sez. 6, n. 3724 del
27/01/1994, D’Alessandro, Rv. 197298; Sez. 6, n. 6615 del 14/02/1994, Greco,
Rv. 199198; Sez. 6, n. 5415 del 10/03/1995, Corrente, Rv. 201644; Sez. 4, n.
1736 del 27/11/1997, Fierro, Rv. 210161; Sez. 6, n. 25988 del 29/05/2008,
Lataj, Rv. 240569; Sez. 6, n. 29250 del 01/07/2010, Moutawakkil, Rv. 249369;
Sez. 6, n. 21612 del 29/04/2014, Villari, Rv. 259233).
Peraltro, la circostanza che nell’abitazione dell’imputata non siano stati
rinvenuti strumenti atti al confezionamento della sostanza, se da un lato non è
tale da rendere manifestamente illogiche le conclusioni della Corte territoriali
sulla riconducibilità della detenzione ad un’attività di spaccio, dall’altro non
smentisce che si tratta di attività confinata ad un numero limitato di clienti, quasi
tutti potenzialmente destinatari di dosi modestissime di sostanza. Sicché, in
ultima analisi, il dato ponderale della sostanza ha assunto, nell’economia della

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dell’azione che hanno concorso, a suo giudizio, a escludere la minima offensività

motivazione, un peso quasi decisivo che rende fondate le doglianze
dell’imputata.

4. E’ infondato il secondo motivo di ricorso.
All’imputata è stata contestata (ed applicata) la recidiva specifica e reiterata
in considerazione dei plurimi precedenti penali, anche per reati della stessa
specie.
Nel rigettare lo specifico motivo di appello, la Corte territoriale ha

ricorrente che «persevera nella violazione della disciplina degli stupefacenti
che, all’evidenza, costituisce la sua unica fonte di reddito».
Il giudizio così espresso, che fonda su circostanze non contestate (l’attività
di spaccio come unica fonte di reddito), se non vale a escludere la lieve entità del
fatto, indica in modo più che sufficiente gli elementi in base ai quali la Corte
territoriale ha ritenuto di dover ricondurre lo specifico episodio ad uno stile di
vita che non solo esclude l’occasionalità della condotta, ma, secondo conclusioni
non manifestamente illogiche, ne prefigura la possibile reiterazione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità dell’ipotesi
lieve e rinvia alla Corte di appello di Lecce.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 27/03/2015

sottolineato che il fatto costituisce rinnovata espressione della pericolosità della

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