Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20410 del 08/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20410 Anno 2018
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: CERRONI CLAUDIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Boccaccio Isidoro Pancrazio, nato a Ovada il 12/05/1935
2. Boccaccio Pierluigi, nato a Ovada il 18/07/1937
3. Boccaccio Giuseppe, nato a Ovada il 25/11/1948

avverso la sentenza del 26/07/2016 del Tribunale di Alessandria

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26 luglio 2016 il Tribunale di Alessandria, concesse agli
imputati le attenuanti generiche, ha condannato Isidoro Pancrazio, Pierluigi e
Giuseppe Boccaccio, nella qualità di legali rappresentanti della s.n.c. Fratelli
Boccaccio di Boccaccio Isidoro, Pier Luigi e Giuseppe (avente ad oggetto l’attività
sociale di estrazione inerti e scavi), alla pena di euro 9000 di ammenda per il
reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 256, comma 1, lett. a) e comma 2, in

Data Udienza: 08/02/2018

relazione all’art. 183, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in conseguenza del
deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi e dello svolgimento di
attività non autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi.
2. Gli imputati hanno proposto impugnazione, articolata su due motivi,
avanti alla Corte di Appello di Torino, che ha trasmesso gli atti a questa Corte in
ragione dell’inappellabilità della decisione a norma dell’art. 593 cod. proc. pen..
2.1. In particolare, col primo motivo è stata dedotta violazione dell’art. 183,
lett. bb ) e 230 d.lgs. 152 del 2006, atteso che non era stata accertata la

quantitativo di trenta metri cubi non era di per sé sufficiente). Del pari non era
stato condotto alcun accertamento sulla provenienza dei rifiuti, quanto
all’affermazione della non configurabilità del deposito temporaneo.
2.2. Col secondo motivo gli imputati hanno osservato che era stata esclusa
la speciale tenuità in ragione dell’abitualità della condotta, affermata solamente
sulla base di condanne ormai risalenti nel tempo.
2.3. Con memoria aggiunta i ricorrenti hanno rilevato che dovevano ormai
ritenersi compiuti i termini di prescrizione, trattandosi di fattispecie
contravvenzionale contestata tra l’aprile ed il maggio 2012.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del
ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi sono inammissibili.
4.1. In relazione invero al primo motivo di censura, nulla anzitutto è stato
contrastato in relazione all’affermazione della sentenza impugnata circa lo
svolgimento, da parte della società degli odierni ricorrenti, di attività non
autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi, attesa la
frantumazione dei rifiuti presente nell’area tramite il macchinario ivi presente.
4.1.1. In ordine poi alla rivendicata esistenza di deposito temporaneo, vero
è che per “deposito temporaneo” si intende “il raggruppamento dei rifiuti e il
deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto
di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono
prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha
determinato la produzione dei rifiuti…alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti
contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE)
850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle
norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti
sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti
devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento

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permanenza dei rifiuti per un periodo superiore al trimestre (per cui il dato

secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei
rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in
deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga
complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti
pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto
limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un
anno; 3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie
omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i
rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle

disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per
alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo
economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo.
4.1.2. Ciò posto, deve altresì ricordarsi che la giurisprudenza di questa Corte
è orientata nel ritenere che, in tema di gestione dei rifiuti, l’onere della prova
relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito cosiddetto
controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, grava
sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria
di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria (per tutte, Sez. 3, n. 35494 del
10/05/2016, Di Stefano, Rv. 267636). Tra l’altro tale principio, specificamente
riferito al deposito temporaneo, è peraltro applicabile in tutti i casi in cui venga
invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai
principi generali.
4.1.3. Alla stregua di quanto appena richiamato, quindi, va altresì ricordato
che costituisce regola generale in tema di deposito temporaneo quella secondo
cui lo stesso deve essere realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti, fatta
eccezione per i rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione alle infrastrutture
per i quali detto luogo può coincidere con quello di concentramento ove gli stessi
vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica, finalizzata
all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente
riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento (Sez. 3, n. 33866 del
08/06/2007, Balloi, Rv. 237217).
In proposito, peraltro, non è stato dimostrato alcun presupposto idoneo
all’applicazione della norma eccezionale di cui all’art. 230 d.lgs. 152 cit. (“1.

Il

luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle
infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e
degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o
tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività
manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui

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sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che

competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di
manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto
d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata
all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente
riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento. 2. La valutazione
tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre
sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa
alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico,

derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di
pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle
infrastrutture di cui al comma 1. 4. …i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti
prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere
tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1.”).

Non

risulta essere stata eseguita alcuna valutazione tecnica, non risulta la presenza
di registri di carico e scarico, non risulta alcuna separazione dei rifiuti per
categorie. Il motivo di ricorso in definitiva è in proposito del tutto generico, ed in
realtà, tenuto conto altresì degli oneri probatori ricordati, non si confronta né col
contenuto della decisione impugnata né con la normativa di riferimento.
4.2. In relazione al secondo motivo di ricorso, ed alla mancata applicazione
della norma di cui all’art. 131-bis cod. pen., l’invocata disposizione stabilisce che
la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del
danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, l’offesa è di
particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale

(in particolare,

l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando l’autore ha agito
per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha
adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della
vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha
cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le
lesioni gravissime di una persona. Mentre il comportamento è abituale nel caso
in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per
tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun
fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui
si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate).
4.2.1. In specie il provvedimento impugnato ha negato l’applicabilità della
speciale causa di non punibilità osservando che gli imputati erano stati
condannati per reati della stessa indole. Oltre a ciò, è stata inflitta ai medesimi
odierni ricorrenti una pena di euro 12.000 di ammenda, ridotta ad euro 9000
stante la concessione delle attenuanti generiche, “tenuto conto della mole di

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per cinque anni. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti

rifiuti rispetto al limite previsto dalla legge per il deposito temporaneo e
considerata altresì l’uso del trituratore”.
4.2.2. Al riguardo, vero è altresì che l’assenza dei presupposti per
l’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto può
essere rilevata anche con motivazione implicita (in specie era stato ritenuto
infondato il motivo di ricorso relativo all’assenza di motivazione in ordine alla
causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., ravvisando nel passaggio
della motivazione della sentenza della corte di appello relativo alla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 1, cod. pen., che l’appellante chiedeva di

24780 del 08/03/2017, Tempera, Rv. 270033). Ciò premesso, da un lato vi è
stato espresso motivato diniego stante la pregressa condanna per fatti della
medesima indole, d’altro canto è stata comunque inflitta una pena ben superiore
al minimo edittale (“ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti
non pericolosi”), sì che in ogni caso non è ravvisabile alcuna particolare tenuità.
Infatti l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può
essere dichiarata in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto
pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena
in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l’esclusione di ogni
possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto (Sez.
5, n. 39806 del 24/06/2015, Lembo, Rv. 265317). Laddove, parimenti, è stato
sottolineato come l’esclusione della particolare tenuità del fatto è compatibile con
l’irrogazione del minimo della pena, atteso che l’art.131-bis cod. pen. può
trovare applicazione solo qualora, in virtù del principio di proporzionalità, la pena
in concreto applicabile risulterebbe inferiore al minimo edittale, determinato
tenendo conto delle eventuali circostanze attenuanti (Sez. 6, n. 44417 del
22/10/2015, Errfiki, Rv. 265065).
5. La manifesta infondatezza dei ricorsi ne comporta inevitabilmente la loro
inammissibilità. In ragione di ciò, l’inammissibilità dell’impugnazione non
comporta la nascita del rapporto processuale (giur. pacifica), per cui non può
essere rilevata l’intervenuta prescrizione.
Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616’cod. proc. pen. ed
a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonché quello
del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in C 2.000,00.

5

escludere, un’implicita esclusione della particolare tenuità del fatto)(Sez. 5, n.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma il 08/02/2018

Il Pre /
dente
L

Ramac

Il Consigliere estensore

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