Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20404 del 26/03/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 20404 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IDA’ LOREDANA N. IL 24/09/1964
avverso la sentenza n. 2844/2013 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 29/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 7( ,
che ha concluso per P
3 9.–C_ (“3″•-:\n^-93–ZO:1—– \–•

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/03/2015

35897/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 aprile 2014 la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello
proposto da Idà Loredana avverso sentenza del 7 ottobre 2013 con cui il Tribunale di Cosenza
l’aveva condannata alla pena di due mesi di reclusione e C 200 di multa per il reato di cui agli
articoli 81 cpv. c.p. e 2 I. 638/1983 per avere omesso di versare, quale legale rappresentante

novembre e nel dicembre 2008, per un totale di C 3805.
2. Ha presentato ricorso il difensore, adducendo violazione degli articoli 178, lettera c), 179
e 648 c.p.p. nonchè vizio motivazionale. Alla prima udienza del giudizio di primo grado, cioè il
28 marzo 2012, il Tribunale, rilevata l’omessa notifica del decreto di citazione alla imputata, ne
disponeva la rinnovazione rinviando l’udienza al 14 novembre 2012; lamenta la ricorrente che
questa data non è stata notificata al difensore, con conseguente violazione del diritto di difesa
da cui deriverebbe nullità assoluta e insanabile. Inoltre sarebbero inutilizzabili le dichiarazioni
del teste De Giuseppe Francesco perché delegato da un altro teste del PM, Prestileo Caterina;
senza questa prova, vi sarebbero i presupposti per la assoluzione ex articolo 530, secondo
comma, c.p.p. Su entrambe le questioni la ricorrente lamenta che il giudice d’appello tace.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Come si è visto nella sintesi appena tracciata, il motivo, formalmente addotto come unico nel
ricorso, è composto in realtà da due doglianze distinte.
Premesso che entrambe riguardano questioni di diritto, per cui non rileva alcun vizio
motivazionale perché, sotto tale aspetto, il vizio configurabile è solo il risultato del
ragionamento interpretativo, non il percorso seguito per raggiungerlo (cfr. Cass. sez. II, 20
maggio 2010 n. 19696; Cass. sez. II, 21 gennaio 2009 n. 3706; Cass. sez. V, 22 febbraio
1994 n. 4173; Cass. sez. IV, 7 marzo 1988 n. 6243), in primo luogo, si lamenta la mancanza
di avviso al difensore di rinvio ad altra udienza a seguito di omessa notifica alla imputata della
prima udienza. L’articolo 484 del codice di rito, nel terzo comma, disciplina la costituzione delle
parti in dibattimento richiamando, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 420 bis,
420 ter, 420 quater e 420 quinquies dello stesso codice. Dall’articolo 420 bis, allora, si evince,
logicamente, la rinnovazione della notifica della

in jus vocatio all’imputato, cui, altrettanto

logicamente, si correla un rinvio ad altra udienza; in conseguenza di questo, tuttavia, non è
prevista dalla norma la notifica del rinvio anche al difensore. D’altronde, il precedente

di una Srl, le ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti nel

richiamato nel ricorso — Cass. sez. III, 26 ottobre 2007 n. 45601 – si riferisce alla diversa
fattispecie dell’impedimento del difensore quale causa del rinvio d’udienza.
In secondo luogo, la ricorrente adduce che avrebbe dovuto il giudice di merito ritenere
inutilizzabili le dichiarazioni del teste De Giuseppe Francesco, in quanto delegato dall’unico
soggetto indicato nella lista dei testi del PM, Prestileo Caterina. In assenza di tali dichiarazioni
testimoniali, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto essere pronunciata assoluzione, “atteso che
la documentazione prodotta nulla prova in ordine alla configurazione del reato contestato”. La

dichiarazioni del teste De Giuseppe, non avendo indicato alcunché in ordine al contenuto della
suddetta documentazione (e significativamente, si nota ad abundantiam, nell’atto d’appello
nulla aveva eccepito l’attuale ricorrente in ordine alle modalità di acquisizione della prova
testimoniale del dibattimento di primo grado).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza,
con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle
spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di
ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 26 marzo 2015

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

doglíanza è evidentemente generica, se non altro in relazione alla asserita decisività delle

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA