Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20385 del 04/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20385 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Macchione Luigi, nato a Crotone il 12/05/1968
avverso la sentenza del 08/07/2014 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Annbrosio, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Francesco Mazza, in sostituzione dell’avv. Arcuri, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 04/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Luigi Macchione ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata
in epigrafe con la quale la Corte di appello di Catanzaro ha confermato quella
emessa dal tribunale di Cosenza che aveva condannato il ricorrente alla pena di
anni uno di reclusione ed euro diecimila di multa per il reato previsto dall’art. 6
commi 1 e 2- L. 401/89 perché, in violazione delle prescrizioni contenute nel
provvedimento del Questore di Crotone datato 5.9.2006 (notificatogli il 6.9.06),

stadio “San Vito” di Cosenza. In Cosenza il 13.8.2007.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza, il ricorrente solleva, tramite il
difensore, due motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att.
cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la stesura della
motivazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione dell’articolo 606, comma 1,
lett. B ), codice di procedura penale, in ordine al reato di cui all’art. 6 commi 1 e
2 L. 401/89.
Assume che la Corte territoriale ha ritenuto raggiunta la prova della
riconducibilità del fatto-reato al ricorrente, sulla base di meri assunti
argomentativi, privi di qualsiasi fondamento normativo, ritenendo integrata la
fattispecie contestata sulla scorta di generiche, quanto contraddittorie
dichiarazioni, rese dall’unico teste escusso, il quale, peraltro, affermava che in
quell’occasione, si era proceduto ad un’identificazione sommaria delle persone
fermate e pertanto, non ricordava alcuna persona che dicesse chiamarsi
Macchione Luigi e che avesse mostrato una carta d’identità o quant’altro.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen.. per insufficienza ed illogicità della
motivazione.
Sostiene che il vizio della insufficienza e della manifesta illogicità della
motivazione emerge evidente dal testo dell’impugnata sentenza sia a causa della
carente esposizione dei motivi posti a fondamento della decisione, avendo il
giudice del gravame, richiamato apoditticamente la motivazione del giudice di
prime cure, senza minimamente dare ragione del suo convincimento, e sia
dall’incoerenza logico-giuridica sul piano argomentativo, frutto, della già
segnalata mancanza di valutazione in senso critico dell’intero quadro probatorio.
Aggiunge che il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ai sensi
dell’art. 62 bis cod. pen.,

fonda sua una motivazione priva di qualsiasi

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assisteva all’incontro di Calcio Cosenza- Crotone in data 13.8.2007 presso lo

valutazione critica degli aspetti giuridico- fattuali, in ordine ai criteri logici di
commisurazione di cui all’art. 133 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perché presentato

2. I motivi di gravame possono essere congiuntamente esaminati, in quanto
tra loro strettamente collegati.
2.1. Va in primo luogo osservato come la Corte di appello abbia ampiamente
chiarito che il ricorrente era stato controllato dal personale della Questura di
Cosenza, in data 5 agosto 2007, mentre si trovava allo stadio per assistere alla
partita Cosenza-Crotone, nonostante il divieto di accesso ai luoghi ove si
svolgevano competizioni sportive impostogli con decreto del Questore del 5
settembre 2006, regolarmente notificato.
Dal testo della sentenza impugnata si evince che la conoscenza del divieto e
le circostanze in cui avvenne il controllo, come riferite dal teste escusso, non
lasciassero dubbi in ordine alla consapevolezza da parte dell’imputato,
compiutamente identificato dai verbalizzanti, di violare le prescrizioni imposte.
Quanto all’identificazione, la Corte territoriale ha precisato come la difesa
avesse prestato il proprio consenso all’acquisizione dell’elenco allegato alla
relazione di servizio, in cui erano stati riportati il numero identificativo e la data
dell’avvenuto rilascio della carta di identità esibita dall’imputato in sede di
controllo, legittimamente utilizzata ai fini della sua identificazione.
Ne consegue come la sentenza impugnata non meriti alcuna censura quanto
al semplice percorso logico seguito per pervenire all’affermazione di
responsabilità del ricorrente, e quanto al trattamento sanzionatorio, ha spiegato,
richiamando i criteri previsti dall’art. 133 cod. pen. come le statuizioni del primo
Giudice fossero meritevoli di conferma anche sotto il profilo sanzionatorio, non
potendosi riconoscere all’imputato le circostanze attenuanti generiche, in
considerazione della sua pessima biografia penale, aspetto, rispetto al quale, il
ricorso si è solo genericamente confrontato avendo solo rilevato la mancanza di
contestazioni di aggravanti o della recidiva.
Ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, questa Corte
ha affermato che, nel motivarne il diniego, non è necessario che il giudice prenda
in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o

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nei casi non consentiti.

rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).

3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.

giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 04/02/2015

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13

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