Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20381 del 04/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20381 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Venza Paolo, nato Milano il 18/08/1972
avverso la sentenza del 24/09/2013 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 04/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Paolo Venza ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di appello di Milano, giudicando in sede di rinvio,
in parziale riforma della sentenza del tribunale di Lodi, ha rideterminato la pena
irrogata nei suoi confronti in anni due e mesi otto di reclusione ed euro 8.000,00
di multa in relazione al reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309 di illecita detenzione dì sostanza stupefacente (cocaina) dallo

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza, il ricorrente solleva, tramite il
difensore, due motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att.
cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la stesura della
motivazione.
2.1. Con il primo motivo, sostenuto anche con un motivo nuovo, deduce la
violazione dell’articolo 606, comma 1, lett. b) ed e), codice di procedura penale,
evidenziando l’illogicità della motivazione nella determinazione della pena base e,
a seguito dello ius superveniens, l’illegalità della pena base, determinata in anni
quattro e mesi sei di reclusione, laddove la legge sopravvenuta (decreto-legge
20 marzo 2014, n. 36, conv. in legge 16 maggio 2014, n. 79), che ha
configurato l’ipotesi della lieve entità come titolo autonomo di resto, ha fissato in
anni quattro di reclusione il limite massimo edittale.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 606, comma 1,
lettera e), codice di procedura penale per mancanza della motivazione in
relazione alla riduzione della pena detentiva operata in conseguenza del giudizio
di prevalenza delle attenuanti, in particolare con riferimento alla riduzione di tale
pena per la concessione delle attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen. nella
misura di un nono nonché manifesta illogicità della motivazione in relazione alla
differente diminuzione della pena detentiva (un nono) e pecuniaria (un terzo)
operata con riferimento alla medesima circostanza attenuante (art. 62 bis cod.
pen.).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato sulla base del primo motivo, che assorbe il secondo.

2.

Il quinto comma dell’art. 73 legge stup., all’esito dell’intervento

normativo inaugurato con il decreto legge 23 dicembre 2013 n. 146, conv. in
legge 21 febbraio 2014, n. 10, è stato ristrutturato prevedendosi una fattispecie
costituente titolo autonomo di reato, e non più circostanza attenuante del reato

2

stesso commesso in Melegnano il 29 novembre 2010.

base di cui all’art. 73, comma 1, legge stup., punita, con la nuova incriminazione
e senza distinguere tra droghe pesanti e droghe leggere, con una pena edittale
da uno a cinque anni di reclusione e da euro 3.000,00 ad euro 26.000,00 di
multa.
La strategia diretta a non distinguere tra droghe pesanti e droghe leggere,
ai fini della sanzione applicabile ai fatti di lieve entità, è stata ribadita
dall’ulteriore intervento normativo introdotto con la legge 16 maggio 2014, n. 79
di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n.

titolo autonomo di reato e, dall’altro, ha ulteriormente modificato il profilo
sanzionatorio riportandolo, operazione peraltro già conseguita con la sentenza n.
32 del 2014 della Corte costituzionale, alle sanzioni edittali previste ante legem
n. 49 del 2006 per i fatti di lieve entità relativi alla droghe leggere (ma anche per
le pesanti) fissando la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni e della
multa da euro 1.032,00 a euro 10.329,00 (art. 1, comma 24-quater, lett. a).

3. Da ciò consegue come la pena base (anni quattro e mesi sei di reclusione
ed euro 18.000,00 di multa) determinata sulla base della previgente normativa
per il calcolo della pena finale è, tenuto conto della successione delle leggi nel
tempo, illegale.
La sentenza va pertanto annullata con rinvio limitatamente alla
quantificazione della pena in accoglimento del primo motivo, assorbito il
secondo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di
appello di Milano limitatamente alla quantificazione della pena.
Così deciso il 04/02/2015

36 che, da un lato, ha confermato la struttura della fattispecie concepita come

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