Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20374 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20374 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORDARO SALVINA N. IL 10/05/1948
SORTINO MASSIMILIANO MARIA CALOGERO N. IL 19/10/1969
avverso la sentenza n. 6151/2014 CORTE DI CASSAZIONE di ROMA,
del 08/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 23/04/2015

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Francesco Salzano, conclude chiedendo il
rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Cordaro Savina e di Sortino Massimiliano Maria Calogero propone ricorso
per cassazione, ai sensi dell’articolo 625 bis del codice di rito, contro la sentenza
pronunciata dalla Corte di Cassazione, in data 8 luglio 2014, con la quale è stato

omicidio di Gageanu Mihita.
2. I ricorrenti deducono la sussistenza di un errore di fatto nella valutazione delle prove,
per avere la Corte considerato che le dichiarazioni accusatorie del coimputato Bouazza
fossero state riscontrate da quelle del teste Legzouli.
3. Inoltre, la Corte di legittimità avrebbe omesso di considerare la questione relativa alla
violazione dell’articolo 60 del codice penale, oggetto del quarto motivo di ricorso,
secondo cui i rapporti tra offeso e colpevole, in caso di errore sulla persona offesa di un
reato, non dovrebbero essere posti a carico dell’agente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura per inammissibilità dei ricorsi.
1. Preliminarmente va rilevato che restano estranee all’ambito del ricorso straordinario
tutte le questioni che concernono l’interpretazione delle norme, sostanziali o
processuali, “l’interpretazione di un fatto storico” e “la valutazione della ricostruzione
compiuta dal giudice di merito”, in quanto “il rigore del principio della intangibilità delle
decisioni della Corte di cassazione resta intatto” e preclude che possano essere fatti
valere “l’error iuris al pari dell’errore di giudizio o valutativo”.
2. E i “confini” del mezzo straordinario sono “rigidamente segnati dalla circostanza”,

rigettato il ricorso degli imputati relativamente all’omicidio di Jipa Mariel e il tentato

affatto negativa, della assoluta carenza nell’errore sindacabile di “qualsiasi implicazione
valutativa dei fatti” oggetto della pronuncia impugnata.
3. Sicché non è esperibile il ricorso straordinario le ipotesi in cui la Corte di legittimità,
dopo aver esaminato un determinato motivo di ricorso, abbia espresso una valutazione
in ordine alla sussistenza e all’ampiezza del riscontro alle dichiarazioni di un coimputato,
4. L’approdo ermeneutico è perfettamente coerente con la funzione del mezzo
straordinario ed eccezionale di impugnazione, finalizzato – non già all’inammissibile
riesame dell’intangibile scrutinio di legittimità, per supposti vizi ad esso intrinseci, bensì
– alla rimozione dello sviamento del giudizio, inficiato ab extra dalla fallacia del

4’4′

pregiudizio di una supposizione irrefutabilmente errata, ovvero dalla disfunzione
percettiva della esistenza di uno, o più motivi di impugnazione.
5. Sicché lo scrutinio revocatorio non si sovrappone alla pregressa valutazione di
legittimità cristallizzata nel giudicato, ma si arresta ad limina nell’accertamento della
patologia che inerisce ai presupposti del giudizio, senza penetrare il confine invalicabile
segnato dal perimetro dell’ambito delle considerazioni, delle valutazioni, delle

6. La collocazione normativa nella stessa disposizione dei rimedi, per vero diversi, della
correzione dell’errore materiale e (della impugnazione revocatoria) dell’errore di fatto menzionati dall’art. 625 bis c.p.p., comma 1, nella stessa locuzione, separati dalla
disgiuntiva: “è ammessa (..) la correzione dell’errore materiale o di fatto …” e indiscutibilmente preordinati alla rimozione delle contrapposte patologie processuali
della fallacia percettiva (errore di fatto) e di quella espressiva (errore materiale), coglie
il dato comune a entrambi gli errori, l’uno e l’altro caratterizzati per il profilo (negativo)
della non inerenza al nucleo intrinseco dello scrutinio di legittimità operato colla
sentenza, oggetto di impugnazione o di correzione
7. Orbene, nella specie, come risulta palese dal contenuto dell’impugnazione, i ricorrenti,
con l’espediente della denunzia dell’errore di fatto, hanno tentato di introdurre
l’inammissibile sindacato della decisione di legittimità impugnata, sotto i profili della
violazione di legge e/o della mancanza di motivazione, in relazione a particolari,
deduzioni, argomentazioni, atti o documenti, indicati nei motivi dei ricorsi ordinari e
nelle memorie, laddove i ridetti motivi e le correlate memorie sono stati tutti scrutinati
da questa Corte Suprema di Cassazione con la sentenza impugnata, senza che alcuno di
essi sia stato pretermesso a cagione di una svista materiale (ossia di una disattenzione
di ordine meramente percettivo); e laddove – alla evidenza – le doglianze esposte dai
condannati investono il contenuto del giudizio e delle sottese valutazioni, operati (anche
implicitamente o tacitamente) dal Collegio di legittimità, senza che ex actis emerga che
la decisione fu fondata sulla supposizione della esistenza di un alcun fatto la cui verità
sia incontrastabilmente esclusa, ovvero della inesistenza di altro fatto la verità del quale
sia positivamente stabilita.
8. Come si legge a pagina 30 la Corte di Cassazione esamina espressamente la questione
dedotta dalla difesa, secondo cui Buouazza avrebbe deliberatamente e autonomamente
ucciso una persona diversa da quella designata, rilevando che tale impostazione si
scontra con la ricostruzione in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, operata dalle
Corti di merito e aggiungendo che risulta “accertato alla stregua delle dichiarazioni di
Buouazza, riscontrate da quelle di Legzouli, che l’azione omicidiaria si era svolta nei

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argomentazioni e dei divisamenti che sorreggono la sentenza impugnata.

tempi e nei modi contestati, le Corti di merito hanno dato adeguata risposta alle
obiezioni mosse dalle difese”.
9. Il motivo è, pertanto, inammissibile per una pluralità di ragioni. In primo luogo poiché,
per quanto detto in premessa, la valutazione relativa alla sussistenza e all’ampiezza del
riscontro alle dichiarazioni del coimputato non costituisce un errore di fatto che
legittima il ricorso ai sensi dell’articolo 625 bis c.p.p.

motivi in base alle quali la tesi richiamata dalla Corte di Cassazione sarebbe errata, non
allegando le ragioni per le quali le due dichiarazioni non sarebbero convergenti. Il
ricorso, sul punto, è viziato, altresì, da difetto di autosufficienza non avendo, i
ricorrenti, prodotto copia dei verbali delle deposizioni testimoniali per intero.
11.In ogni caso, il ricorso è inammissibile poiché il giudice di legittimità ha espressamente
precisato che il profilo relativo alle dichiarazioni rese dal teste Buouazza, riscontrate da
quelle di Legzuoli, oggetto della valutazione della Corte di merito costituisce una
ricostruzione in fatto, insindacabile da parte della Corte di Cassazione.
Conseguentemente non vi è alcuna valutazione della Corte di legittimità sul punto,
rispetto alla quale possa essere anche solo prospettato un errore di fatto.
12.Quanto al secondo profilo, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, a pag. 34 la
Corte di Cassazione esamina specificamente il motivo dedotto dai ricorrenti, rilevando
che la circostanza soggettiva dei futili motivi è stata correttamente e fondatamente
estesa al concorrente che abbia aderito con il suo comportamento volontario alla
realizzazione dell’evento, poiché le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi
fanno carico a tutti coloro che hanno concorso nel reato, anche nel caso di aberratio
ictus.
13.Infatti, con riferimento al ricorso proposto da Sortino Massimiliano Maria Calogero e
Cordaro Salvina, la Corte – osserva: “il 4^ motivo è infondato anche nella parte in cui è
contestata l’estensibilità ai ricorrenti dell’aggravante dei futili motivi, sulla base del
rilievo che la sua natura soggettiva impediva l’applicabilità in caso di errore sulla
persona offesa. Già risalente giurisprudenza di questa Corte ha affrontato la questione
della estensibilità ai concorrenti delle circostanze di natura soggettiva, precisando che la
circostanza aggravante comune del nesso teleologia), che ha natura soggettiva e trova
fondamento nella consapevole accettazione della commissione di un altro reato, è
pienamente compatibile con il dolo indiretto nella forma del dolo eventuale (Sez. 1^, n.
9068 del 07/06/1979, dep. 29/10/1979, La Neve, Rv. 143298; Sez. 6^, n. 10711 del
12/10/1984, dep. 01/12/1984, Esposito, Rv. 166916). Questa Corte, ancora
intervenendo, con riguardo sia alla circostanza aggravante prevista per il delitto di

10.In secondo luogo ricorso è inammissibile perché generico, non deducendo la difesa i

omicidio dall’art. 577 c.p., comma 1, n. 4, sia a quella prevista dallo stesso articolo,
comma 1, n. 1, in relazione all’art. 61 c.p., n. 2, ne ha ribadito la natura soggettiva, che
ha ritenuto non preclusiva della sua estensione al concorrente che, con il proprio
volontario contributo, abbia dato adesione alla realizzazione dell’evento,
rappresentandosi e condividendo gli sviluppi dell’azione esecutiva posta in essere
dall’autore materiale del delitto e, perciò, maturando e facendo propria la particolare
intensità del dolo che abbia assistito quest’ultima (Sez. 1^, n. 6775 del 28/01/2005,

applicazione di tali condivisibili principi, la circostanza soggettiva (in questo senso va
corretta la qualificazione di circostanza a carattere oggettivo operata dalla Corte di
secondo grado) dei futili motivi è da ritenere fondatamente estesa al concorrente che
abbia aderito con il suo comportamento volontario alla realizzazione dell’evento, come
argomentato dai Giudici di merito. Le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi
fanno carico a tutti coloro che hanno concorso nel reato, anche nel caso di aberratio
ictus in quanto la norma considera il reato come commesso in danno della persona che
si voleva offendere”.
14.Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna di
ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni
dedotte e della palese inammissibilità delle censure, appare equo determinare in euro
2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 23/04/2015

dep. 22/02/2005, P.G. in proc. Erra e altri, Rv. 230147). In forza della logica

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