Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20369 del 10/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20369 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Magnani Jacopo, nato a Viterbo, 1’8/4/1986;

avverso l’ordinanza del 20/1/2015 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario
Pinelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Remigio Sicilia, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame,
ha confermato il provvedimento con cui è stata applicata a Magnani Jacopo la misura

Data Udienza: 10/04/2015

cautelare degli arresti domiciliari per il reato di lesioni personali aggravate e porto
abusivo di armi, commessi nel corso di un incontro di calcio.
2. Avverso l’ordinanza ricorre l’indagato a mezzo del proprio difensore articolando tre
motivi. Con il primo eccepisce l’intervenuta inefficacia della misura avendo, in punto di
esigenze cautelari, tanto il provvedimento genetico, quanto quello impugnato fatto
riferimento ad una informativa di p.g. invero mai trasmessa al giudice del riesame.

giudici del riesame ai fini della valutazione della gravità del fatto dalla circostanza che
tutti gli indagati si siano avvalsi nell’interrogatorio di garanzia del diritto di non
rispondere. Con il terzo motivo ulteriore violazione di legge viene lamentata in merito
al rigetto della richiesta di adottare i provvedimenti ex art. 284 comma 3 c.p.p., pur
avendo la difesa documentato come il Magnani viva da solo e non possa
conseguentemente attendere autonomamente alle proprie indispensabili esigenze di
vita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
2. Infondato ai limiti dell’inammissibilità è il primo motivo. Facendo buon governo del
principio affermato da questa Corte per cui l’omessa o tardiva trasmissione di atti al
tribunale del riesame non determina, di per sé, l’automatica caducazione della misura,
dovendosi in ogni caso valutare il grado di rilevanza degli elementi che difettano,
ponendoli a confronto con quelli già legittimamente acquisiti, i quali potrebbero essere
da soli sufficienti a giustificare il mantenimento del vincolo (Sez. Un., n. 25932 del 29
maggio 2008, Ivanov, Rv. 239699), il Tribunale ha ritenuto di poter confermare, anche
in punto di esigenze cautelari (sul quale si concentrano esclusivamente le doglianze
del ricorrente), l’ordinanza genetica anche non tenendo conto dell’informativa non
trasmessa attraverso il contenuto delle dichiarazioni di alcuni testimoni utilizzate
anche dal G.i.p. nella motivazione del suo provvedimento. Le contrarie obiezioni del
ricorrente sono frutto di assertive interpretazioni della motivazione dell’ordinanza, che
ha operato esclusivo riferimento ai menzionati atti probatori ai fini della valutazione
della gravità del fatto per i suoi riflessi sul giudizio di pericolosità dell’indagato.
3.

Infondata è anche la censura proposta con il secondo motivo. Se risulta

effettivamente indebito l’argomento tratto dall’esercizio da parte del prevenuto al suo
diritto di non rispondere, deve rilevarsi come il provvedimento impugnato abbia
sostanziato il giudizio sul pericolo di recidivanza anche sulla base delle modalità di
consumazione del reato (identificate nel modo di cui si è già detto) e dai precedenti da

Con il secondo deduce violazione di legge in merito all’argomentazione tratta dai

cui è gravato il Magnani, elementi di per sé autonomamente sufficienti a sostenere la
decisione assunta sul punto e non specificamente contestati dal ricorrente.
4. Infondato è infine anche il terzo motivo. Infatti con l’istanza di riesame era stato
richiesto al Tribunale di autorizzare l’indagato ad allontanarsi per svolgere la propria
attività lavorativa e non per il tempo necessario ad attendere alle proprie fondamentali
esigenze di vita. Ed in tal senso correttamente interpretandola il provvedimento

già della necessità per il Magnani di svolgere la propria attività lavorativa ai fini del
proprio sostentamento, bensì dell’effettività dell’orario di lavoro e dunque della durata
per cui avrebbe dovuto essere autorizzato l’allontanamento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/4/2015

impugnato ha rigettato tale richiesta sulla base dell’insufficiente documentazione non

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