Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20368 del 26/03/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 20368 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CACACE SALVATORE N. IL 21/05/1939
avverso l’ordinanza n. 748/2014 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
18/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;
e/sentite le conclusioni del PG Dott. Ct

0

t-kciUs-Jo

Con,

Uditi dif sor Avv.;

CAJZ>2-À-Q—k-3,–£1 e” ?CU–

5„3

Pide

Data Udienza: 26/03/2015

Udito il difensore, avv. C. Autru Ryolo, che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto
l’accoglimento.

1. Con il provvedimento di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Messina, in
accoglimento dell’appello proposto dal PM avverso ordinanza 24 settembre 2014, ha applicato
a Cacace Salvatore, indagato con riferimento al delitto ex art. 216 LF, la misura cautelare del
divieto – per la durata di mesi due – di esercitare la professione di commercialista e quello di
esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche.
Cacace è accusato, nella sua qualità di revisore contabile della società DEMOTER S.p.A., di non
aver assolto ai suoi doveri di vigilanza e controllo, consentendo così agli amministratori di
distrarre gli immobili dal patrimonio della predetta società la S.r.l. SAGEN, mediante la
costituzione per scissione della S.p.A. HB.
In data 1 dicembre 2013 veniva dichiarato il fallimento della DEMOTER.
Con la scissione della DEMOTER e la creazione della HB, infatti, secondo l’ipotesi di accusa,
veniva sottratta alla prima l’intero patrimonio immobiliare, costituito dalla partecipazione
totalitaria nella SAGEN, intestataria dei beni immobili del gruppo. Detto patrimonio (sette unità
immobiliari nel Comune di Messina) è stato stimato in C 4.190.000.
2. Ricorre per cassazione il difensore ed articola tre censure.
Con la prima, deduce mancanza di motivazione, risultante sia dal testo del provvedimento, che
dagli atti acquisiti in sede camerale, atti che vengono allegati al ricorso.
Con la seconda, deduce violazione ed erronea applicazione di legge, con specifico riferimento
agli articoli 216, 223 LF, 2506 quater cc e al decreto legislativo 39 del 2010, nonché mancanza
di motivazione nella parte in cui il tribunale ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza.
Con la terza, deduce mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze
cautelari.
2.1. Il ricorrente argomenta come segue.
a) La difesa dell’indagato ha contrastato la consulenza proveniente dal CT del PM con sua
consulenza e con specifiche e plurime argomentazioni in fatto e in diritto. Tale apporto
defensionale è stato del tutto ignorato dal tribunale messinese, come emerge pacificamente
dal testo del provvedimento impugnato, il quale si è affidato acriticamente e fideisticamente
alle conclusioni raggiunte ed esposte dal CT del PM. Certamente illogica e contraddittoria è la
motivazione esibita dal collegio cautelare quando addebita al Cacace una condotta omissiva in
relazione all’operazione di scissione sopraindicata, atteso che lo stesso giudice dà atto che
l’indagato ha posto in essere la verifica ai sensi dell’articolo 2409 ter cc, evidenziando che la
scissione, avendo comportato una contrazione del patrimonio netto appunto di C 4.190.000,
poteva costituire un danno per i creditori.
b) Il tribunale non ha evidentemente tenuto conto della data di approvazione del bilancio, al
fine di verificare l’applicabilità della nuova normativa (decreto legislativo 39 del 2010), che si
applica a tutti bilanci 2009, le cui assemblee sono state tenute dopo il 7 aprile 2010. Nel caso
in esame il bilancio fu approvato il 25 giugno 2010; si applicano quindi le nuove norme
previste per la revisione. Peraltro il tribunale non ha compreso che, a seguito di scissione
(operazione resa più agevole dalla riforma del diritto societario, operata con il decreto legge 17
gennaio 2003 n. 6), non ci può mai essere distrazione, atteso che il ricordato articolo 2506
quater cc prevede che ciascuna società è solidalmente responsabile per i debiti della società
scissa, non soddisfatti dalla società cui detti debiti fanno carico. L’atto di scissione, nel caso
che occupa, è del tutto legittimo e non ha provocato alcun danno ai creditori, garantiti,
peraltro, dalla norma sopra indicata. Né va dimenticato il dettato dell’articolo 2506 cc, che
costituisce una forma di successione a titolo particolare. Ne consegue che ciascun creditore
della società originaria può rivolgersi, non solo al debitore, vale a dire alla società beneficiaria
cui il debito è stato trasmesso in base alla avvenuta scissione, ma anche a tutte le società
coinvolte nella scissione stessa. Ne consegue che è irrilevante che la destinazione del debito
sia, oppure no, desumibile dal progetto di scissione. E comunque, nel caso in esame, nessun
effettivo trasferimento è stato effettuato; di ciò tanto tribunale, quanto il CT del PM si
sarebbero resi conto, se solo si fossero dati pena di esaminare l’ultima relazione del revisore,
vale a dire quella datata 9 aprile 2010, con la quale si dà atto che il patrimonio della società ha

CONSIDERATO IN FATTO

3. In data 19.3.2015 sono stati dsepositati motivi nuovi e memoria. Con il predetto
scritto si ribadisce la applicabilità della nuova normativa, entrata in vigore il 7 aprile 2010.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La prima censura è fondata. Le altre restano assorbite. Conseguentemente, dovendo
essere accolto il ricorso, il provvedimento impugnato va annullato con rinvio per nuovo esame
al tribunale di Messina.
2. Corrisponde al vero il fatto che il predetto provvedimento non contiene significativi
riferimenti alle argomentazioni difensive e alla relativa documentazione prodotta; di talché non
è dato comprendere se dette argomentazioni e detta documentazione siano state: a)
inconsapevolmente ignorate, b) volutamente pretermesse, c) ritenute infondate (e se la
documentazione sia stata ritenuta ininfluente).
2.1. Ebbene è noto che, per parte della giurisprudenza (ASN 201037531- RV 248551),
l’omessa valutazione di memorie difensive può essere fatta valere, in sede di impugnazione,
come causa di nullità del provvedimento impugnato, la cui motivazione può risultare
indirettamente viziata per la mancata considerazione di quanto illustrato con la memoria, in
relazione alle questioni devolute con l’impugnazione.
2.2. Più recentemente (ASN 201218453-RV 252713) si è affermato che l’omessa
valutazione di memorie difensive, benché non possa esser fatta valere – in sede di
impugnazione – come causa di nullità del provvedimento impugnato, può – tuttavia – influire
sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione della decisione, che definisce la
fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive.
2.3. Nel caso in esame, la natura squisitamente tecnica (giuridico-contabile) delle
questioni sottoposte all’attenzione del collegio cautelare messinese e la particolarità della
posizione del Cacace (posizione oggettivamente diversa per il differente ruolo di questo

subito un decremento di C 4.190.000. È quindi evidente che Cacace ha regolarmente vigilato e
fornito le informazioni necessarie, come emerge anche dalla nota integrativa al bilancio,
depositata al registro delle imprese.
Nessun accertamento è stato condotto in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del
reato. Invero, a tutto voler concedere, si dovrebbe sostenere che ci si trova di fronte ad un
mero errore posto in essere dall’indagato, il quale avrebbe omesso di verificare la situazione
economica della DEMOTER al momento della scissione. Al proposito, è da evidenziare che nel
2009 la DEMOTER effettuò due operazioni straordinarie: la fusione con CMI Srl (27 luglio
2009, che comportò un incremento patrimoniale di C 4.070.227) e, appunto, l’atto di scissione
con costituzione di HB S.p.A. (27 agosto 2009), società beneficiaria mediante assegnazione e
la partecipazione SAGEN nella quale erano allocati gli immobili. In sintesi le attività immobiliari
furono attribuite in quota ai singoli azionisti. E allora non corrisponde certamente a vero
quanto si legge a pag. 2 dell’ordinanza impugnata, dove si sostiene che sarebbe stato sottratto
alla società poi fallita un cospicuo patrimonio, atteso che – alla data del 31 dicembre 2009,
come risulta dal bilancio – il patrimonio di DEMOTER ammontava a C 5.876.044 e non certo a C
2.689.353. Ne consegue, oltretutto, che, all’epoca, il revisore non poteva prospettarsi il
fallimento della DEMOTER, non ricorrendo alcun sintomo di difficoltà (la società versava
regolarmente le imposte e i contributi e pagava i dipendenti).
c) In ordine alle esigenze cautelari, il tribunale si è affidato ad una motivazione generica e
stereotipa, che nulla dice in concreto circa il pericolo di reiterazione, individuato semplicemente
nell’attività professionale svolta l’indagato e, genericamente, nelle modalità con le quali lo
stesso si era “inserito nei meccanismi distrattivi posti in essere dal gruppo Borella”. Si tratta di
motivazione apparente in quanto adattabile a qualsiasi soggetto che ricopra una qualifica
aziendale in ragione della sua specializzazione professionale (nel caso in esame,
commercialista). Vi è inoltre un generico riferimento alle intercettazioni. Ne consegue che il
collegio cautelare si è sottratto al preciso obbligo, codificato per legge, di valutare le specifiche
modalità e circostanze del fatto e la personalità dell’indagato, desunta da comportamenti o atti
concreti o dei suoi precedenti penali. A tutto voler concedere, poi, avrebbe dovuto essere preso
in considerazione il ruolo assolutamente marginale che, secondo la stessa ipotesi accusatoria,
avrebbe svolto il Cacace.

PQM
annulla il provvedimento impugnato con rinvio al tribunale di Messina per nuovo esame.

Così deciso in Roma, camera di consiglio, in data 26 marzo 2O15-

Il presidente

—Alfredo M. Lombardi

indagato rispetto agli altri) imponevano l’attento esame delle ragioni, delle valutazioni e delle
deduzioni articolate con gli scritti difensivi, nonché la puntuale analisi della documentazione
prodotta nell’interesse del Cacace. Tanto più, in quanto l’ipotesi di accusa si fonda sul
presupposto che una operazione, in sé, lecita (la scissione) sia stata strumentalizzata per fini
contra jus e in presenza di orientamenti giurisprudenziali (cfr. ASN 201310201-RV 254788;
ASN 201442272- RV 260393) per i quali, in caso di scissione mediante costituzione di nuova
società, l’assegnazione a quest’ultima di rilevanti risorse non costituisce – di per sé – un fatto di
distrazione (qualora la società scissa venga successivamente dichiarata fallita), dovendosi
comunque tener conto dell’effettiva situazione debitoria in cui versava la stessa al momento
della scissione, nonché del fatto che tale condotta non è necessariamente idonea a porre in
pericolo gli interessi dei creditori.
2.4. Si rende cioè indispensabile una valutazione in concreto, volta ad accertare
l’effettiva situazione debitoria in cui operava l’impresa al momento della scissione ( e, in
parallelo, la percezione che ne poteva avere l’agente), per chiarire se fosse sussistente (e
riconoscibile anche per soggetti “qualificati”, quale certamente era il Cacace) la eventuale
natura (volutamente) depauperativa del patrimonio aziendale.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA