Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20364 del 26/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20364 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NESCI BRUNO N. IL 10/11/1955
MONTAGNESE ANTONIO N. IL 26/09/1978
avverso la sentenza n. 28451/2013 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 21/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;
sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor vv.;

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Data Udienza: 26/03/2015


uditi i difensori di entrambi i ricorrenti, avv. C. Taormina (che ha illustrato i ricorsi e ne ha
chiesto l’accoglimento) e avv. G. Vecchio (che si è riportato ai ricorsi, chiedendone, a sua
volta, l’accoglimento).

1. Nesci Bruno e Montagnesi Antonio propongono ricorso straordinario ai sensi
dell’articolo 625 bis cpp avverso la sentenza della prima sezione penale di questa corte,
deliberata all’udienza del 21 maggio 2014 recante numero 697/14, depositata il 7 agosto
2014, con la quale veniva respinto il ricorso proposto nell’interesse dei predetti avverso la
sentenza della corte d’appello di Catanzaro del 21 marzo 2013, con la quale i ricorrenti – pur
assolti in primo grado – erano stati viceversa condannati alla pena di giustizia, in quanto
ritenuti appartenenti ad un’associazione per delinquere di stampo mafioso, attiva nel comune
di in Fabrizia e zone limitrofe dal 1990 al 2007.
1.1. Sostengono i ricorrenti (primo motivo) che la prima sezione di questa corte è
incorsa in errore percettivo dei dati documentali a sua disposizione avendo affermato
erroneamente la sussistenza di due associazioni mafiose contrapposte nel comune di Fabrizia,
una delle quali facente capo proprio ai ricorrenti, condannati, appunto, ai sensi dell’articolo 416
bis cp. Ciò in quanto, come viceversa accertato da sentenza passata in giudicato, era
intervenuta assoluzione per tutti gli appartenenti alla predetta (e pretesa) struttura
malavitosa.
2. La corte inoltre non ha percepito (secondo motivo) la mancanza dei presupposti di
cui al quarto comma dell’articolo 500 del codice di rito, presupposti necessari per la
utilizzazione probatoria di dichiarazioni rese in indagini preliminari da persona informata sui
fatti; è stata infatti rigettata la censura contenuta nel ricorso a suo tempo proposto alla prima
sezione della corte di cassazione dal Nesci e dalle Montagnese, avverso la sentenza allora
impugnata (quella della corte di appello di Catanzaro) che aveva basato la condanna dei
predetti imputati quasi esclusivamente su tale materiale probatorio.
3. Viene poi fatta rilevare le erronea percezione (terzo motivo) del contenuto della
sentenza della corte di cassazione del 7 novembre 2007 emessa nella procedura de libertate,
atteso che la prima sezione ha erroneamente affermato che detta sentenza non contiene uno
scrutinio negativo in ordine al compendio probatorio residuato all’esito della espunzione di
indizi ritenuti inutilizzabili.
In particolare, furono – viceversa – dichiarate inutilizzabili le dichiarazioni di un tale Suppa che
aveva fondato le sue accuse su voci correnti in zona e il contenuto di una conversazione
intercettata dalla quale si evinceva, comunque, che il Nesci era un confidente dei carabinieri e
che egli aveva parlato di gruppi criminali contrapposti, chiarendo tuttavia che egli non
apparteneva a nessuno dei due.
4. In data 26 novembre 2014 uno dei codifensori dei due ricorrenti ha depositato
memoria con la quale si rappresentano alcuni fatti sopravvenuti.
Innanzitutto, si riferisce che sono state recentemente eseguite ordinanze di custodia cautelare
in Lombardia e che tra gli arrestati figura anche Primerano Giuseppe Antonio, indicato come
capo della ‘ndrangheta della “Locale” di Fabrizia. Si ricorda poi che sono in corso indagini
relative alla infiltrazione della ‘ndrangheta in Svizzera (di tale fenomeno esiste anche
documentazione televisiva). Anche in questo caso, Primerano viene indicato come leader della
‘ndrangheta in zona Fabrizia, mentre si fa parola di tale Nesci Bruno, fratello di Antonio, che
tuttavia è persona diversa dall’attuale ricorrente (del quale è semplicemente omonimo). Il
Nesci implicato nelle indagini in corso in Svizzera viene considerato un comprimario del
Primerano e, in quanto tale, una eminente personalità criminale del predetto territorio
calabrese. Si conclude affermando che evidentemente la condanna del ricorrente Nesci Bruno è
avvenuta per errore di persona.

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi (trattasi di un unico scritto, redatto nell’interesse di Nesci e Montagnese)
sono articolati su censure, in parte, inammissibili, in parte, infondate; essi dunque meritano
rigetto. I ricorrenti vanno singolarmente condannati alle spese del grado.

3. Quanto alla seconda censura, si legge a fol. 16 della sentenza della prima sezione
che i ricorrenti – all’epoca – avevano dedotto la violazione del comma 4 dell’art. 500 cpp. La
corte di legittimità mostra dunque di aver ben compreso il senso della critica mossa, sul punto,
alla sentenza di appello e ad essa risponde a fol. 21. Si tratta, ad evidenza, di attività
valutativa e non meramente percettiva da parte della corte di legittimità, dunque di attività
certamente esterna al perimetro di sindacabilità dell’art. 625 bis cp.
4. La prima sezione poi, sempre a fol. 21, chiarisce che le sentenze pronunziate nei
procedimenti de libertate nei confronti di Nesci e Montagnese disposero l’annullamento (ma
con rinvio) delle ordinanze del tribunale del riesame, chiarendo che i ricorrenti avevano errato
nel ritenere che si fosse concretizzato “uno scrutinio negativo… in ordine al compendio
probatorio residuato all’esito della espunzione di indizi …ritenuti inutilizzabili”. La frase non può
che essere intesa nel senso che, eliminati gli indizi inutilizzabili, tuttavia la valutazione degli
elementi “sopravvissuti” (in quanto, evidentemente, ritenuti utilizzabili) non conduceva a un
giudizio negativo (scil, in ordine alla tesi di accusa).
5. Le vicende di cui al punto 4 del “Ritenuto in fatto”, se assumessero il requisito della
definitività, potrebbero, al più, condurre ad un giudizio di revisione.
PQM
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, camera di consiglio, in data 26 marzo 2015.-

2. Si legge nella sentenza impugnata (fol. 13) che le due fazioni criminali esistenti in
Fabrizia trassero origine da una scissione verificatasi all’interno della medesima struttura. Si
legge anche che Mamone Antonio e Greco Cosimo, furono effettivamente assolti, ma con la
formula “non aver commesso il fatto”, formula che, come è noto, certo non esclude che il fatto
(da altri) sia stato commesso. In merito, dunque, non si ravvisano gli estremi di alcun errore
percettivo.

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