Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20356 del 18/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20356 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MALICK FAII N. IL 05/05/1997
avverso la sentenza n. 18709/2013 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
03/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
lette/~ le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/02/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino applicava a MALICK Faii, a norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico
Ministero in ordine ai delitti di detenzione di stupefacenti, di resistenza a pubblico ufficiale e false dichiarazioni a pubblico ufficiale sulla propria identità personale, commessi il 14 settembre
2013.
Propone ricorso per cassazione l’imputato che deduce violazione di legge sulla confisca del cellulare e del denaro in sequestro.
Il Procuratore Generale in Sede ha chiesto dichiarazione di inammissibilità del ricorso rilevando
la genericità delle censure, a fronte di provvedimento adeguatamente motivato.
Osserva il Collegio che il provvedimento, contenuto nella sentenza di applicazione pena concordata con il Pubblico Ministero, di confisca del denaro e del telefono cellulare trovati nella disponibilità del prevenuto al momento dell’arresto appare legittimo e sorretto da motivazione del tutto congrua.
Invero il patteggiamento a pena superiore a due anni rendeva possibile al giudice del merito la
valutazione dell’eventuale ricorrere degli estremi per la confisca facoltativa; come rilevato dal
Procuratore Generale, la motivazione del provvedimento non presta il fianco alle critiche del ricorrente, atteso che con il chiaro riferimento all’articolato e significativo contenuto del verbale di
arresto riporta la confisca all’accertata attività di cessione di stupefacenti da parte del prevenuto,
con l’indicazione che sull’utenza cellulare in questione dopo l’arresto erano giunte telefonate il
cui chiaro tenore dimostrava sia l’attività di cessione di stupefacenti in pieno svolgimento, sia
che il telefono era il terminale privilegiato delle persone che chiamavano per gli acquisti ed avevano chiamato su quel telefono anche dopo l’arresto del prevenuto, individuando senza dubbio
quell’oggetto come strumento indispensabile per il prevenuto nell’esercizio dello spaccio, e dimostrando pure come il denaro, nella disponibilità di un soggetto nullafacente fosse necessariamente da ricollegare alla sua illecita attività di spaccio quale provento del reato.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.500,00#.
P . Q .M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.500,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 febbraio 2015.

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