Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20350 del 19/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20350 Anno 2016
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MERONI VIRGINIA AUGUSTA N. IL 13/03/1960
avverso la sentenza n. 1587/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
06/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 19/04/2016

1. MERONI Virginia

mezzo del proprio difensore, ha proposto

ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata dalla Corte di
Appello di Brescia in data 06/10/2014, deducendo:
1.1. insussistenza del reato di truffa in considerazione della

assolta comunque anche sotto il profilo soggettivo mancando la prova
del fatto;
1.2. l’errata qualificazione del fatto (artt. 494-646 cod. pen. invece
che truffa);
1.3. violazione in materia di trattamento sanzionatorio (eccessività
della pena; rigetto della richiesta di concessione delle attenuanti
generiche; caducazione delle statuizioni civili)

2. Il ricorso è manifestamente infondato.
In ordine al primo motivo, la Corte ha ampiamente motivato sulle
ragioni per cui l’imputato doveva essere ritenuto colpevole del delitto di
truffa ampiamente integro sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo che
di quello soggettivo: il che escludeva la diversa qualificazione giuridica
prospettata dalla difesa (secondo motivo).
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuno dei vizi motivazionali
deducibili ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen., né violazioni di legge, il
ricorso, essendo incentrato tutto su una nuova ed alternativa
rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarato
inammissibile con conseguente assorbimento della doglianza in ordine
alle statuizioni civili.
Anche in ordine al trattamento sanzionatorio, la Corte ha motivato
la sua decisione sulla base di precisi dati fattuali (modalità della
condotta; numerosi precedenti della stessa indole): il che, rende la
pronuncia incensurabile in sede di legittimità avendo il giudice di merito
esercitato in modo congruo il potere discrezionale devolutogli dalla legge
(artt. 132-133 cod. pen.).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende

grossolanità degli artifizi e raggiri: l’imputata avrebbe dovuto essere

di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 1.500,00.
P.Q.M.
DICHIARA

CONDANNA
la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
Roma 19/04/2016

IL CONSIGLIERE EST.

Inammissibile il ricorso e

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