Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20341 del 17/04/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20341 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AIELLI LUCIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BERNARDI GABRIELE nato il 04/06/1976 a CARRARA

avverso la sentenza del 06/06/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA AIELLI;

Data Udienza: 17/04/2018

In fatto e in diritto

Bernardi Gabriele ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di
Firenze del 6/6/2017, confermativa della sentenza del GIP del Tribunale di Pisa
del 30/6/2016 con la quale è stata condannato alla pena di anni tre, mesi otto di
reclusione ed euro 600,00 di multa in ordine ai reati di rapina impropria e porto
ingiustificato di coltello, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606,
comma 1 lett. e) cod. proc. pen.; deduce la carenza e manifesta illogicità della

avviso priva di supporto valutativo in relazione agli elementi di prova
semplicemente elencati, per il mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti comuni di cui all’art. 62 n. 4 c.p. e 62 n. 6 c.p., in relazione alla
determinazione della pena e per la ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 4
L. 110/75 .
Il ricorso è generico limitandosi il ricorrente a ripercorrere gli stessi motivi
di doglianza già proposti in sede di appello ed ivi adeguatamente superati. Si
deve riaffermare infatti che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in
appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi
considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere
la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di
ricorso ( Sez. 6 n.20377 del 11/03/2009, Rv. 243838; Sez. 2 11951/2014, rv.
259425).
Nella specie la Corte di merito ha sottolineato quali fossero gli elementi di fatto
in forza dei quali l’attività del prevenuto dovesse ritenersi integrativa del delitto
di rapina impropria aggravata oltre che del poro ingiustificato dei coltelli ( pag.
2), dovendosi in questa sede rilevare che alcuna doglianza era stata proposta in
grado di appello circa l’affermazione di penale responsabilità, appuntandosi le
censure solo sul trattamento sanzionatorio .
Quanto a tale aspetto deve rilevarsi che la Corte di merito ha ben spiegato le
ragioni del diniego delle circostanze attenuanti comuni invocate e dato conto dei
motivi giustificativi della entità della pena, esprimendo un giudizio di fatto circa
l’adeguatezza di quella irrogata, che sfugge al sindacato di legittimità perchè
esente da arbitrii e illogicità .
Va infatti qui ribadito che: “La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla
quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per
circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla
misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo: «pena

motivazione avuto riguardo all’affermazione di penale responsabilità, a suo

congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere”. (Sez. 2, 26.6.2009 n. 36245 , Rv
245596).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle
ammende.

Roma, 17/4/2018

P.Q.M.

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