Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20338 del 17/04/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20338 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DE SANTIS ANNA MARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
CASTAGNOZZI GAIO n. a Chianciano Terme il 12/12/1957
avverso la sentenza resa in data 17/10/2016 dalla Corte d’Appello di Firenze
– dato atto del rituale avviso alle parti;
– sentita la relazione del Consigliere Anna Maria De Santis
FATTO E DIRITTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione
del Tribunale di Siena, dichiarava l’estinzione per maturata prescrizione del delitto di
appropriazione indebita ascritta al capo A); confermava il giudizio di penale responsabilità
dell’imputato per la violazione ex art. 166, comma 2, D. Leg.vo 58/98, determinando la pena
in anni uno di reclusione ed euro 4.500,00 di multa.
2.Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore, deducendo la erronea
applicazione della legge penale con riguardo alla ritenuta sussistenza del delitto di abusivo
esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria nonostante l’iscrizione all’albo dei consulenti
del Castagnozzi.
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza della doglianza che redera identica
censura svolta in sede d’appello e disattesa con un corretto ed esaustivo supporto
argonnentativo. La Corte territoriale ha, infatti, evidenziato come per espressa disposizione
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Data Udienza: 17/04/2018
dell’art. 31, comma 2, D.Igs 58/98 l’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori
sede può essere svolta esclusivamente nell’interesse di un solo soggetto, sicchè l’investimento
del danaro raccolto presso le pp.00. in titoli della Banca UBS esulava dall’attività della società
mandante ed integra la fattispecie contestata. Deve, infatti, ritenersi priva di rilievo l’iscrizione
all’albo per conto di un diverso intermediario non autorizzato negoziare i titoli in questione.
4.Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma il 17 aprile 2018
d’esonero.