Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20332 del 17/09/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20332 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CORCIONE CAMILLO NINO N. IL 12/07/1980
avverso l’ordinanza n. 28/2014 TRIBUNALE di TERAMO, del
04/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 17/09/2015

RILEVATO IN FATTO

Con ordinanza emessa il 04/06/2014, il Tribunale di Teramo, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da Camillo Nino Corcione,
volta ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi
dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione alle sentenze pronunziate nei suoi
confronti, ritenendo ostativi all’accoglimento dell’istanza la natura dei reati
commessi, la distanza cronologica tra gli stessi e l’assenza di elementi obiettivi

tossicodipendenza.
Avverso questa ordinanza il Corcione ricorreva per cassazione, a mezzo del
suo difensore, deducendo la nullità dell’ordinanza impugnata per l’incompetenza
del Tribunale di Teramo quale giudice dell’esecuzione e per l’adozione del
provvedimento medesimo da parte di un organo giurisdizionale composto da un
magistrato onorario.
Si deducevano, inoltre, violazione di legge e vizio di motivazione del
provvedimento impugnato, in relazione all’omesso riconoscimento della
continuazione in sede esecutiva in favore del Corcione, che si imponeva anche
alla luce della sua condizione di tossicodipendenza.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, risultando fondato su motivi manifestamente
infondati.
In via preliminare, deve rilevarsi l’insussistenza dell’eccezione relativa alla
nullità dell’ordinanza impugnata per l’incompetenza del Tribunale di Teramo
quale giudice dell’esecuzione e per l’adozione del provvedimento medesimo da
parte di un organo giurisdizionale composto da un magistrato onorario.
Deve, innanzitutto, rilevarsi che è incontroversa la competenza del Tribunale
di Teramo, ai sensi dell’art. 665 cod. proc. pen., essendo l’ultima sentenza
emessa nei confronti del Corcione quella adottata dallo stesso Tribunale il
25/02/2010, all’esito di procedimento celebrato con rito abbreviato.
Non rilevano, per altro verso, le doglianze relative alla composizione
collegiale del Tribunale di Teramo con un magistrato onorario, atteso che è
pacifica in giurisprudenza la legittimità di una tale composizione (cfr. Sez. 3, n.
21772 del 16/02/2011, M., Rv. 250373).

comprovanti in modo univoco l’influenza sui fatti di reato della condizione di

Quanto al merito delle doglianze difensive, deve rilevarsi che il ricorso in
esame, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura giurisdizionale, tende a provocare una nuova, non
consentita, valutazione delle circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in
sede di legittimità.
L’ordinanza impugnata, peraltro, ha correttamente valutato il contenuto
delle diverse sentenze e, all’esito della compiuta disamina delle stesse, con una
motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge

in sede di legittimità – ostative al riconoscimento della continuazione nei
confronti del Corcione, per come desumibili dai passaggi motivazionali esplicitati
nel provvedimento in esame.
Il Tribunale di Teramo, inoltre, valutava correttamente riteneva lo stato di
tossicodipendenza dell’esecutato, evidenziando che i reati presupposti, per le
modalità esecutive eterogenee e l’ampiezza dell’arco temporale considerato,
compreso tra il 27/03/1999 e il 17/12/2008, non potevano ritenersi espressione
di un disegno criminoso unitario e influenzato da tale condizione soggettiva,
esprimendo un giudizio che appare rispettoso dei parametri giurisprudenziali
elaborati da questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 10797 del 19/03/2010, Riolfo, Rv.
246373).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da Camillo Nino Cordone deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 17 settembre 2015.

penale e processuale, ha illustrato le ragioni di fatto – in quanto tali insindacabili

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