Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20321 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20321 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIUDICI PIERO BARTOLOMEO N. IL 11/02/1952
avverso la sentenza n. 2668/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
16/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V/ Vo
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16.6.2014 la Corte di appello di Venezia, a seguito di
gravame interposto dall’imputato GIUDICI Piero Bartolomeo avverso la
sentenza emessa 1113.2.2012 dal Tribunale di Verona, ha confermato
detta sentenza con la quale l’imputato è stato riconosciuto colpevole del
reato di cui all’art. 371 cod. pen. e condannato a pena di giustizia.

cui gli era stato deferito dalla controparte giuramento decisorio – giurato
il falso affermando contrariamente al vero di aver estinto il debito nei
confronti dello Studio Commercialista associato Bianchi Centurioni
Stevanella, corrispondendo le somme dovute per l’attività professionale
prestata nei suoi confronti.
3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo
del difensore, deducendo:
3.1.

Violazione degli artt. 161, 178 e 179 cod. proc. pen. in relazione

alla notifica del decreto di citazione in appello, disposta al nominato
difensore di ufficio ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. per
ritenuta inidoneità sopravvenuta del domicilio dichiarato dall’imputato,
senza che risulti alcuna raccolta di informazioni nel vicinato né presso
l’ufficio anagrafe del Comune di Pompiano (BS). Inoltre, la notificazione
avveniva secondo le predette modalità nonostante risultasse dalla
rinuncia al mandato difensivo l’elezione di domicilio del ricorrente presso
lo studio professionale del difensore fiduciario nominato per il grado di
appello.
3.2.

Violazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla declaratoria di
responsabilità penale dell’imputato. In particolare, si attribuirebbe

all’imputato l’onere di dimostrare l’inattendibilità di quanto dichiarato dal
dott. Stefano BIANCHI che, all’evidenza, non risponde a verità. Sarebbe,
inoltre, mera congettura quella secondo la quale una somma di 100mila
euro non poteva essere stata pagata in contanti per la difficoltà di
occultarla, stante la reperibilità di banconote da 500 euro. Quanto alla
presunta truffa ai colleghi di studio non terrebbe conto del notorio livello
di evasione fiscale e, infine, risulterebbe singolare la condotta dilatoria
nei confronti del ricorrente debitore per un importo così rilevante.
Infondata sarebbe la versione – avallata dalla sentenza – secondo la
quale non sarebbe stato inviato da parte dello studio alcun documento

1

2. Al ricorrente è ascritto di aver – quale parte del procedimento civile in

indicante la somma dovuta, come risulta dallo stesso ricorso per
ingiunzione al punto 14.
3.3.

Mancanza,

contraddittorietà

o

manifesta

illogicità

della

motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio in relazione
alla omessa pronuncia in ordine alla richiesta del beneficio della non
menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale ex art.
175 cod. pen..
contraddittorietà

o

manifesta

illogicità

della

motivazione in ordine all’art. 133 cod. pen. per la determinazione della
pena base per l’omessa considerazione della mancanza di gravità del
reato e della condizione personale/sociale dell’imputato, dedotte in
appello, senza che rilevano in contrario i reati contravvenzionali per cui
risulta condanna.
3.5.

Violazione della legge penale e vizio della motivazione in ordine

alla conferma delle statuizioni civili, basata su considerazioni generiche
ed oltremodo sproporzionate rispetto al contratto stipulato tra il
ricorrente ed il dott. BIANCHI, secondo il quale – al più – il danno
doveva quantificarsi in 5mila euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il primo motivo è inammissibile per genericità sia rispetto alla
verifica effettuata dalla Corte di appello che ha rigettato la analoga
istanza e secondo la «irreperibilità» dell’imputato attestata
presso il domicilio dichiarato; sia pure rispetto alla dedotta elezione
di domicilio rispetto alla quale non è né allegato l’atto di riferimento
né specificata la solo asserita esistenza in atti.
2. Il secondo motivo è in fatto, rispetto alla motivazione resa dalla
sentenza che – senza vizi logici – ha desunto la falsità delle
circostanze oggetto di giuramento dalla completa assenza di riscontri
al riguardo – financo di una qualsiasi richiesta di somme da parte del
creditore e non potendo conoscere il dettaglio delle somme e, logicamente -, dalla del tutto improbabile circostanza che una
somma prossima a 100mila euro fosse pagata in contanti ed <

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