Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20319 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20319 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CAPOZZI ANGELO

Data Udienza: 07/05/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CINTI LUCA N. IL 14/12/1959
avverso la sentenza n. 4615/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
19/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vi io ts’OlkstifStRASIO
che ha concluso per ye ,A,La Al.t.,~549431.N;
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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19.5.2014 la Corte di appello di Genova – a seguito di
gravame interposto dall’imputato CINTI Luca avverso quella emessa in
data 8.3.2013 dal locale Tribunale – ha confermato detta decisione con
la quale il predetto imputato è stato riconosciuto responsabile del delitto
di falsa testimonianza e condannato a

pena di giustizia,

sospensivamente condizionata e con non menzione della condanna.

Genova nel processo a carico di CECERE Antonio, BERRETTI Luciano,
NERI Marco e VOLPINI Simone, agenti di Polizia appartenenti al reparto
comandato dal medesimo CINTI e imputati dei reati di falso in atto
pubblico, calunnia e abuso in atti di ufficio in relazione agli arresti
operati dei cittadini spagnoli SESMA Rodolfo e LORENTE Garcia Luis
Alberto – di aver affermato falsamente di aver assistito all’arresto di due
cittadini di nazionalità basca in data 20.7.2001, al momento
dell’ingresso delle forze di Polizia al suo comando nella Piazza Manin,
nell’immediatezza degli scontri sostenuti con un gruppo di manifestanti
vestiti in nero ed a volto coperto, arresti motivati da atti di resistenza
armata, compiuti dai due e consistiti nel lancio di una bottiglia molotov
da parte di uno degli arrestati e nell’uso di una sbarra di ferro contro gli
agenti da parte dell’altro, circostanza quest’ultima cui riferiva di aver
assistito personalmente.
3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo
del difensore, deducendo:
3.1.

Violazione ed erronea applicazione della legge penale, mancanza,

contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e carenza,
contraddittorietà e travisamento della prova in relazione alla ritenuta
sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 372 cod.
pen.. Assume il ricorrente che la Corte di merito avrebbe in modo
lacunoso e contraddittorio escluso la fondatezza della tesi difensiva
secondo la quale nel contesto dei disordini in piazza Manin furono
effettuati altri due fermi di altrettanti soggetti spagnoli, ai quali lo stesso
CINTI ebbe ad assistere ed ai quali la sua testimonianza si riferiva e che
solo per uno scambio di persona i fatti che diedero luogo a detti fermi
furono attribuiti in sede di verbalizzazione al SESMA ed allo LORENTE,
invece, estranei a detti fatti. In particolare, la Corte non avrebbe preso
in considerazione la descrizione dei due soggetti arrestati difforme da
quella che emerge dalle immagini del SESMA e LORENTE, né la presenza
1

2. Al CINTI è addebitato – in qualità di testimone dinanzi al Tribunale di

- in relazione all’intervento su questi ultimi – di una donna poliziotto che
non faceva parte del contingente del VII reparto mobile del CINTI nel
2001 come pure la presenza di un graduato che – dalle fattezze fisiche sicuramente non è il CINTI. Quindi l’arresto del SESMA e dello LORENTE
non è quello al quale ha assistito il CINTI e sul quale ha deposto dinanzi
al Tribunale. Illogica sarebbe la motivazione della Corte di merito che
desume la colpevolezza dell’imputato dalla infondatezza della sua

Apodittica, inoltre, sarebbe l’affermata «incredibilità >> dello scambio
rispetto alla accertata situazione di caos in cui versava la Questura di
Genova e la gestione confusionaria dei fermati e degli arrestati in quei
giorni nella predetta città. Inoltre, si censura l’utilizzo da parte del
Giudice, ai fini della decisione, del video prodotto dalla parte civile che come eccepito dalla difesa – non era attendibile perché esito di un
di più spezzoni di ripresa giustapposti.
3.2.

Violazione dell’art. 372 cod. pen. in relazione all’elemento

soggettivo, non avendo evidenziato il Giudice di merito quale dovesse
essere l’interesse personale del CINTI ad inventarsi un arresto mai
avvenuto ponendo in essere un reato che non gli ha portato alcun
vantaggio né alcun vantaggio avrebbe portato ai suoi sottoposti a carico
dei quali si svolgeva il processo e che sono stati condannati per i reati
loro ascritti, essendo stato proprio il CINTI a smentire che SESMA e
LORENTE fossero coloro che avevano lanciato la molotov e brandire una
spranga. Non apparirebbe accertato che il ricorrente fosse consapevole
della falsità delle sue dichiarazioni: da una parte, egli aveva assistito a
un differente arresto, dall’altra parte è stato provato che gli non era
presente al momento della verbalizzazione, operata dal CECERE in un
secondo momento.
3.3.

Mancata assunzione di una prova decisiva, mancanza,

contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla
dichiarazione di inammissibilità delle richieste di rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale relative alla audizione di Franco ZAMPESE,
ispettore di polizia che avrebbe potuto confermare che nella giornata del
20.7.2001, oltre agli arrestati vi erano anche molti fermati a scopo di
identificazione. La richiesta sarebbe stata rigettata senza addurre
motivazione alcuna circa la rilevanza e decisività della prova orale
richiesta, la cui esistenza era emersa solo successivamente .giudizio di
primo grado.

2

versione difensiva e non dalla esistenza di un fondato quadro probatorio.

3.4.

Violazione ed erronea applicazione della legge penale con
riferimento al riconoscimento del risarcimento del danno in favore delle
parti civili SESMA e LORENTE GARCIA in considerazione della

contrastante emergenza secondo la quale le dichiarazioni del CINTI non
hanno ostacolato l’affermazione di colpevolezza degli agenti suoi
sottoposti e che, anzi, proprio le dichiarazioni del CINTI hanno escluso la
responsabilità delle parti civili in merito ai fatti per cui sono stati

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. È necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di
legittimità sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per
cassazione, che la novella dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc.
pen. introdotta con legge n. 46 del 2006 non ha comportato la
possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un’indagine sul
discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria
valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il
giudice della legittimità limitarsi a verificare l’adeguatezza delle
considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per giustificare il
suo convincimento.
2. Inoltre, secondo consolidato e condivisibile orientamento di questa Corte
Suprema (per tutte, Sez. 4, n. 15497 del 22 febbraio 2002, RV n.
221693; Sez. 6, n. 34521 del 27 giugno 2013, RV n. 256133), è
inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga
pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello (al più con
l’aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente
assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata)
senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in
virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Si è, infatti,
esattamente osservato (Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio 2013, RV n.
254584) che “la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica
argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica
argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena
di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc . pen.), debbono indicare
specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono
ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è,
pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con
3

arrestati.

specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui
dispositivo si contesta).
3. Deve, inoltre, ribadirsi che il motivo di ricorso in cassazione è
caratterizzato da una “duplice specificità”: “Deve essere sì anch’esso
conforme all’art. 581 cod. proc. pen., lett. C (e quindi contenere
l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che

quando “attacca” le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in
modo che sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606
cod. proc. pen., comma 1, lett. e), deducendo poi, altrettanto
specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico
seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata,
sì da condurre a decisione differente” (Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio
2013, RV n. 254584). Risulta, pertanto, evidente che, “se il motivo di
ricorso si limita a riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina
all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale
è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto
che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente
“attaccato”,

lungi

dall’essere

destinatario

di

specifica

critica

argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
4.

Nella specie la Corte di merito – per confermare la affermazione di
responsabilità del ricorrente – ha, innanzitutto, considerato – a seguito
del passaggio in giudicato della sentenza emessa dalla Corte di appello
di Genova nei confronti di CECERE ed altri – quali fatti storici
irrevocabilmente provati la falsità dei verbali di arresto del SESMA e del
LORENTE, arresti avvenuti in un contesto di ormai assoluta tranquillità
nella piazza Manin dopo la avvenuta dispersione dei manifestanti violenti
e senza che alcun ostacolo fosse posto dai dimostranti pacifici
all’inseguimento dei primi. La Corte, successivamente, affronta l’esame
della tesi difensiva opposta dal ricorrente del «doppio arresto» e del
conseguente «scambio di persona» della quale afferma
l’infondatezza, rilevando l’inesistenza di qualsiasi indizio a riguardo.
Rimarca, innanzitutto, la conferma da parte del CINTI, nella deposizione
incriminata, della sua relazione di servizio del 27.8.2001 secondo la
quale, giunti nella piazza Manin, era stato necessario intervenire
duramente nei confronti dei «manifestanti violenti», essendo in
corso «fitte sassaiole» e «lancio di bottiglie molotov» e che i
4

sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma

manifestanti pacifici avevano

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