Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20317 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20317 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPENNATI GIULIO N. IL 15/12/1982
avverso la sentenza n. 383/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
09/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VI Va h t Vk-tkk ihR.951 O
che ha concluso per í,(. f itgo etd ti Q-TrU9 –

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 9.12.2013 la Corte di appello di Lecce – a seguito di
gravame interposto dall’imputato SPENNATI Giulio avverso la sentenza
emessa il 25.6.2009 dal Tribunale di Brindisi – in parziale riforma di
detta sentenza ha rideterminato la pena inflitta all’imputato riconosciuto
colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. 337 cod. pen.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo

2.1.

Violazione degli artt. 386 comma 2, 178 lett.c) cod. proc. pen. e

difetto di motivazione; nullità del giudizio direttissimo ex art. 449 cod.
proc. pen. e degli atti conseguenti. Sarebbe priva di motivazione la
questione di nullità del giudizio direttissimo proposta dalla difesa e
rispetto alla quale la Corte si sarebbe limitata a richiamare la decisione
assunta dalla Corte di legittimità sulla impugnazione della convalida
dell’arresto. In ogni caso si sollecita la proposizione della questione di
costituzionalità dell’art. 386, comma 2, cod. proc. pen. in relazione
all’art. 24 Cost. rispetto alla interpretazione che esclude la sanzione di
nullità per l’omesso avviso al difensore dell’avvenuto arresto. La
questione risulterebbe rilevante in quanto la illegittimità dell’arresto non
avrebbe potuto dare luogo al giudizio direttissimo e non manifestamente
infondata in quanto la norma costituzionale garantisce la difesa in ogni
stato e grado del procedimento e stante la inviolabilità della libertà
personale ed i limiti in cui essa può avvenire.
2.2.

Violazione dell’art. 337 cod. pen., motivazione incongrua e

travisamento del fatto. La Corte di merito avrebbe commesso due errori:
affermando che X. tentò di bloccare il ricorrente, mentre è
acclarato che costui è stato bloccato senza opporre resistenza e
sostenendo che l’atto in questione sarebbe stato impedito dalla condotta
violenta, anche se poi la stessa Corte afferma che condotte violente
siano successive al bloccaggio. In realtà la condotta del finanziere
(bloccaggio) e quella dell’imputato (pugno) ancorchè temporalmente
vicinesono diversenon avendo la seconda impedito il compimento del
presunto atto di ufficio. Il quale sarebbe giustificato solo dal
ragionamento putativo secondo il quale lo SPENNATI stava per colpire
con la bottiglia un altro finanziere.
2.3.

Violazione dell’art. 4 d.leg.vo 288/44 e 393 bis cod. pen. ed

assenza della motivazione in ordine alla deduzione difensiva sulla
arbitrarietà dell’atto, posta la facile individuazione della sproporzione tra
1

del difensore, deducendo:

il violento spintone inferto dal pubblico ufficiale rispetto alla condotta
solo offensiva e di supposta agitazione della bottiglia da parte del
ricorrente.
2.4.

Violazione dell’art. 81 cod. pen. e motivazione illogica ed

apparente in ordine al rigetto della deduzione difensiva circa la unicità
della condotta. La Corte pur argomentando che l’unico atto impedito
fosse il bloccaggio tentato dall’app. X., ha qualificato la condotta

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo è inammissibile.
1.1.

Questa Corte di legittimità con sentenza resa da questa stessa Sezione
il 06/05/2009 n. 31281 ha confermato la legittimità dell’arresto dello
stesso ricorrente rilevando che non è causa di nullità l’inosservanza da
parte della polizia giudiziaria dell’obbligo di avvisare il difensore d’ufficio,
nominato nella circostanza, dell’avvenuto arresto in flagranza,
mancando una previsione espressa in tal senso e non ricorrendo alcuna
violazione del diritto di difesa dell’imputato riconducibile alle cause
generali di nullità.

1.2.

Sicchè del tutto pertinente ed esaustivo è il richiamo di detta decisione
che ha convalidato il presupposto del giudizio direttissimo.

1.3.

L’intervenuta decisione definitiva sul presupposto del rito direttissimo,
rendendo inammissibile il riesame della questione di nullità avanzata
nuovamente dalla difesa, rende – in ogni caso – irrilevante nel presente
giudizio la questione di costituzionalità sollecitata dal ricorrente.
2. Il secondo motivo è generico ed in fatto.

2.1.

Il ricorrente fa leva, invero, su una ricostruzione parcellizzata del fatto,
ricostruito senza vizi logici dalle conformi sentenze di merito secondo
uno sviluppo della vicenda originata dalla condotta del ricorrente che,
prima ha offeso i militi e, poi, ha brandito la bottiglia all’indirizzo del viso
di uno di loro, così provocando il legittimo intervento dell’app. IANNONE
volto ad impedire quella che si palesava una aggressione fisica. Tale
intervento aveva fatto perdere l’equilibrio allo SPENNATI – per suo
stesso dire non del tutto sobrio – che, rialzatosi, aveva prima colpito con

2

come continuata, applicando il relativo aumento di pena.

un pugno al viso l’app. X. e poi – poco dopo – violentemente
aggredito i commilitoni che erano intervenuti per bloccarlo.
2.2.

Del tutto corretta è quindi la qualificazione della condotta dell’app.
X. quale atto di ufficio
riconducibile

nell’alveo

della

e la reazione violenta ad esso
ipotesi

prevista

dalla

fattispecie

incriminatrice.
3. Ineccepibile è il giudizio della Corte di merito – conseguente alla

specie della arbitrarietà dell’atto, oggi contestata genericamente ed in
fatto con il terzo motivo.
4. Inammissibile perché generico è il quarto motivo sulla ricorrenza di una
plurima condotta di resistenza da parte del ricorrente, prima nei
confronti dell’app. X. e , successivamente, nei confronti dei
commilitoni intervenuti.
5. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma si euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 7.5.2015.

ricostruzione del fatto – in ordine alla esclusione della ricorrenza nella

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