Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20279 del 28/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20279 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TUDORACHE MARIAN N. IL 02/04/1976
avverso la sentenza n. 6234/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 12/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/04/2015

R.G. 434494/2014
Considerato che:
Tudorache Marian ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Bologna del 12/3/2014, confermativa della sentenza del Tribunale di Forti’ sez.
dist. di Cesena del 19/5/2010, con la quale e’ stato condannato alta pena di
mesi tre di reclusione ed C 300,00 di multa per i reati di cui agli artt. 646 61 n.
11 cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett.
e) cod. proc. pen.; deduce l’erronea la mancanza e manifesta illogicità della

in ordine ai reati a lui ascritti alla luce delle doglianze mosse con l’atto di appello.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono questioni di
mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di
legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine ai fatti ascrittogli.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, lakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 28 aprile 2015

motivazione con riguardo all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato

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