Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20261 del 28/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20261 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOASSA GIANCARLO PALMERIO N. IL 15/02/1970
avverso la sentenza n. 1360/2012 CORTE APPELLO di CAGLIARI,
del 25/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/04/2015

R.G. 26235/2014
Considerato che:r,
t.5«95.. 5-5Q
i tra95VGiancarlo Palmerio ricorre avverso la sentenza della Corte di
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Appello di Cagliari del 25/3/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di
Cagliari del 28/5/2012 con la quale era stato condannato alla pena di anni uno
di reclusione ed C 1000,00 di multa per i reati di cui agli artt. a) 640, 61 n. 7
cod. pen. b) 110, 640, 61 n. 7 cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi
dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen.; deduce l’erronea la mancanza e

responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti alla luce delle
doglianze mosse con l’atto di appello.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono questioni di
mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di
legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine ai fatti ascrittigli.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 28 aprile 2015

manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’affermazione di penale

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