Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20258 del 28/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20258 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DEL PRETE DOMENICO SAVIO N. IL 26/03/1971
avverso la sentenza n. 40217/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di NAPOLI, del 15/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/04/2015

R.G. 25356/2014
Considerato che:
Del Prete Domenico Savio ricorre avverso la sentenza del giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 15/4/2014, con la quale,
sull’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è stata applicata nei suoi
confronti la pena di anni due di reclusione ed C 400,00 di multa per i reati
ascritti, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.
proc. pen.; deduce la violazione dell’ad 133 cod. pen. in relazione alla

Deve al riguardo evidenziarsi che nel ricorso per cassazione avverso
sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti non è
ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale, ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Difatti
la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra
parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato
con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è
revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha
aderito, così rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è
legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la
congruità della pena o la concessione di benefici come la sospensione
condizionale della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale
le parti processuali sono addivenute (Sez. 3 n. 18735 del 27/3/2001, Ciliberti,
Rv. 219852).
Uniformandosi all’orientamento, espresso dalla citata massima, che il
Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 28 aprile 2015

determinazione della pena.

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