Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20256 del 28/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20256 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONTI MARCO N. IL 05/01/1973
avverso la sentenza n. 4528/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/04/2015

R.G. 21266/2014

Considerato che:
Conti Marco ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano
del 21/10/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di Milano del
3/3/2008, con la quale è stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed
€ 400,00 di multa per il reato di cui all’art. 628 cod. pen., chiedendone
l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen.; deduce

alla violazione dell’art. 512 cod. proc. pen e con riferimento alla qualificazione
giuridica del fatto ed alla mancata derubricazione nel delitto di cui all’art. 393
cod. pen. Con memoria depositata in cancelleria il 18/3/2015 insisteva
nell’accoglimento del ricorso.
Osserva la Corte che il ricorso è, da un lato, privo della specificità
prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro,
manifestamente infondato: nella sentenza risultano affrontate tutte le questioni
dedotte nel ricorso e che peraltro erano già state proposte in appello. Deve,
infatti, a questo riguardo rilevarsi che nel ricorso per cassazione contro la
sentenza di appello non possono essere riproposte questioni che avevano
formato oggetto dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in
maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di
riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la
impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606, terzo
comma, ultima parte, cod. proc. pen. Quanto alla eccepita violazione dell’art.
512 cod. proc. pen., la Corte territoriale ha bene evidenziato, alla luce di
circostanze di fatto non contestate, gli elementi in forza dei quali l’irreperibilità
della persona offesa non era affatto prevedibile e che la stessa non aveva alcuna
intenzione di sottrarsi alla futura testimonianza.
Con particolare riferimento, poi, alla qualificazione giuridica del fatto
vengono introdotte questioni di merito che non sono sindacabili in questa sede e
vengono reiterate le considerazioni svolte nell’atto di gravame, rispetto alle quali
le risposte della Corte territoriale risultano giuridicamente corrette.
Segnatamente la Corte ha bene spiegato come il comportamento violento
dell’imputato escludeva la riconducibilta’ del fatto nell’ipotesi di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).

violazione di legge nonché carenza e l’illogicità della motivazione con riguardo

Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.

spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

_ Roma, 28 aprile 2015

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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