Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20256 del 01/02/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 20256 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SACCO ANTONIETTA N. IL 05/06/1976
avverso la sentenza n. 6370/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 01/02/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Luigi BIRRITTERI, ha concluso
chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della
pronunzia emessa in primo grado dal Tribunale di Busto Arsizio, ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti di Antonietta SACCO in ordine al reato di false comunicazioni ex

generiche, ha ridotto la pena inflitta in relazione alla residua condotta relativa all’esercizio
2006.
I fatti sono stati contestati alla SACCO nella sua qualità di liquidatore della società
“impresa Edile Le Cinque a s.r.l.”.
2. Avverso la sentenza ricorre, a mezzo del proprio difensore, l’imputata, eccependo in
primo luogo l’intervenuta prescrizione del reato anche per la condotta residua,
consumatasi con la presentazione del bilancio per l’anno 2006.
2.1 La ricorrente deduce poi violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alle
doglianze proposte con l’appello, avendo la Corte territoriale omesso ogni autonoma
valutazione sui fatti per cui è processo, limitandosi a richiamare le argomentazioni del
giudice di primo grado.
2.2 Il ricorrente si duole inoltre della mancata considerazione da parte della Corte
territoriale della carenza della condizione di procedibilità, giacché la persona offesa aveva
proposto la querela ben oltre i 90 giorni dal momento in cui aveva avuto conoscenza del
fatto.
2.3. Viene altresì censurata la sentenza per non aver considerato adeguatamente le
doglianze svolte in fase di impugnazione in relazione all’assenza dell’elemento soggettivo
del reato.
2.4. La ricorrente deduce ulteriormente vizi motivazionali in ordine alla sussistenza
dell’elemento oggettivo del reato, non avendo l’attività dibattimentale dimostrato che
l’imputata avrebbe esposto dei fatti materiali o delle informazioni non rispondenti al vero
nei bilanci della società.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso merita di essere accolto in relazione al primo motivo, con il quale si è eccepita
l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
1. Preliminarmente tuttavia è necessario verificare se il fatto per cui si procede sia tuttora

previsto dalla legge come reato, atteso che successivamente alla proposizione del ricorso
è entrata in vigore la I. n. 69/2015 che ha significativamente ridisegnato le fattispecie di

art. 2622 cod. civ per la condotta relativa all’esercizio 2005 e, concesse le attenuanti

false comunicazioni sociali previste dal testo degli artt. 2621 e 2622 cod. civ. vigente
all’epoca dei fatti e della pronunzia della sentenza impugnata.
La legge menzionata ha infatti configurato due autonomi titoli di reato, configurati
entrambi come delitti e collocati, rispettivamente, nei citati artt. 2621 e 2622 cod.civ. al
fine di differenziare la repressione delle false comunicazioni sociali a seconda che il fatto
sia commesso nell’ambito di una società “non quotata” ovvero di una “quotata”.
Differenziazione che si traduce soprattutto nella previsione di diverse cornici edittali di
pena: da uno a cinque anni di reclusione nel primo caso, da tre a otto nel secondo. Ed

due incriminazioni è pressoché identica e tesa a superare l’assetto ideato dal legislatore
del 2002 nel quale era prevista una fattispecie contravvenzionale di pericolo ed un delitto
di danno – in un rapporto di sostanziale progressione criminosa tra loro – quest’ultimo
diversamente configurato qualora il fatto riguardasse una quotata esclusivamente in
merito al profilo del trattamento sanzionatorio ed al regime di procedibilità.
La novella propone invece due reati di pericolo (invero tre se si considera anche l’ipotesi
attenuata di cui all’art. 2621-bis cod. civ., configurata come vero e proprio titolo
autonomo di reato), integrati a prescindere dalla causazione di un danno a soci o creditori,
che ripropongono in buona parte il profilo strutturale della fattispecie contravvenzionale
contenuta nel previgente testo dell’art. 2621 cod. civ. Scompare altresì per le società non
quotate la procedibilità a querela della persona offesa, rivelandosi in tal senso l’intenzione
di recuperare coerenza sistematica attraverso la tutela esclusiva della trasparenza
dell’informazione societaria. Quelli di nuovo conio rimangono invece reati propri degli
amministratori, dei direttori generali, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti
contabili societari, dei sindaci e dei liquidatori.
Con riguardo all’oggetto materiale del reato è stata conservata la tipizzazione delle
comunicazioni sociali rilevanti introdotta dalla precedente riforma del 2002, individuate nei
bilanci, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni dirette ai soci e al pubblico previste dalla
legge. Invero tale ultimo inciso è stato “spostato”, rispetto alla formulazione previgente,
in coda all’elenco, con l’apparente intento di fugare eventuali residui dubbi circa il fatto
che la specificazione riguardi non solo le comunicazioni, ma altresì le relazioni. Viene
dunque confermata l’irrilevanza penale delle condotte che riguardano comunicazioni
“atipiche”, comunicazioni interorganiche e quelle dirette ad unico destinatario, sia esso un
soggetto privato o pubblico, le quali, sussistendone le condizioni, possono configurare, a
seconda dei casi, i reati di truffa ovvero quelli previsti dagli artt. 2625, 2637 e 2638 cod.
civ. o ancora quello di cui all’art. 185 TUIF.
Il legislatore ha invece provveduto, come già accennato, all’eliminazione dell’evento di
danno e delle soglie previsti nella previgente formulazione dei due articoli menzionati.
Eliminazione cui ha corrisposto una rimodulazione delle condotte tipiche, ora integrate
dall’esposizione in una delle comunicazioni tipizzate di «fatti materiali non rispondenti al

infatti, a parte alcuni pur non marginali dettagli di cui si dirà in seguito, la struttura delle

vero» ovvero nell’omissione di «fatti materiali la cui comunicazione è imposta dalla legge
sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la
stessa appartiene». Nell’ipotesi prevista dall’art. 2621 – dedicata come ricordato alle sole
società non quotate – i “fatti materiali” non rispondenti al vero ovvero quelli occultati
devono inoltre essere «rilevanti».
La novella ha dunque ripreso la molto discussa formula utilizzata dal legislatore del 2002
per circoscrivere l’oggetto della condotta attiva, amputandola però del riferimento alle
valutazioni («ancorché oggetto di valutazioni») contenuto nel testo previgente dei due

condotta omissiva, in relazione alla quale le due norme incriminatrici in precedenza
evocavano le «informazioni» oggetto di omessa comunicazione.
Sempre con riguardo all’elemento oggettivo delle due fattispecie, è stato inoltre riproposto
il requisito dell’idoneità ingannatoria della falsa comunicazione (e cioè della attitudine
delle medesime ad indurre in errore i loro destinatari), che è stato peraltro “rafforzato”
attraverso l’aggiunta dell’avverbio «concretamente», in grado di qualificare i due delitti
come reati di pericolo, per l’appunto, concreto.
Per quanto riguarda invece le modifiche apportate alla struttura dell’elemento soggettivo,
deve osservarsi come il legislatore abbia confermato, con riguardo ad entrambe le figure
di reato, la necessità di un dolo specifico, caratterizzato dal fine di procurare per sé o per
altri un ingiusto profitto. La novella non ha invece riproposto la espressa caratterizzazione
dello stesso come intenzionale, attraverso la soppressione dell’inciso «con l’intenzione di
ingannare i soci o il pubblico» che era stato introdotto nel 2002. In diretta relazione alla
descrizione della condotta ha fatto invece la sua comparsa l’avverbio «consapevolmente»,
che appare sintomatico della volontà del legislatore di escludere la rilevanza del dolo
eventuale.
Le modifiche apportate dalla I. n. 69/2015 hanno innanzi tutto ampliato l’ambito di
operatività dell’incriminazione delle false comunicazioni sociali, avendo comportato, come
evidenziato, l’eliminazione dell’evento e delle soglie previste dal precedente testo dell’art.
2622 cod. civ., mantenendo invece nella sostanza identico il profilo della condotta tipica.
In tal senso l’odierno fenom eno successorio assume caratteristiche opposte a quello
generato dal d. Igs. n. 61/2002, che aveva invece ristretto gli orizzonti applicativi della
fattispecie tracciati nell’originario testo della disposizione del codice civile. Ma non è in
dubbio che tra la fattispecie previgente e quella di nuova configurazione nell’art. 2621
cod. civ. sussista un evidente rapporto di continuità normativa.
Qualche perplessità ha suscitato la già segnalata epurazione dello specifico riferimento alle
“valutazioni” contenuto nel testo previgente dei due articoli e alla sostituzione, con
riguardo all’ipotesi omissiva, del termine «informazioni» con la locuzione «fatti materiali».
Il contrasto giurisprudenziale che in ordine a tale profilo si è creato ( si vedano, i n
particolare, Sez. 5, n. 33774 del 16/06/2015, Crespi e altri, Rv. 264868; Sez. 5, n. 6916

articoli e provvedendo contestualmente a replicarla anche nella definizione di quello della

del 08/01/2016, Banca Popolare Dell’Alto Adige Soc. Coop.p.a., Rv. 265692; contra, Sez.
5, n. 890 del 12/11/2015, Giovagnoli, Rv. 265691) è stato di recente risolto dalle Sezioni
Unite di questa Corte (con sentenza del 31 marzo 2016, la cui motivazione non è stata
ancora depositata), che ha interpretato la norma nel senso di non escludere la rilevanza
del falso c.d. “qualitativo” <> (in tali

Si tratta comunque di questione che non necessita di essere ulteriormente approfondita in
questa sede, atteso che l’oggetto della contestazione mossa all’imputata riguarda I a
mancata esposizione nel bilancio di poste attive e passive effettivamente esistenti nel
patrimonio della società.
Un fatto, dunque, certamente riconducibile allo schema della nuova incriminazione anche
qualora si propenda per una interpretazione restrittiva della nozione di “fatti materiali”.
Invero, la nuova formulazione dell’art. 2622 cod. civ., introdotta dall’art. 11 della legge 27
maggio 2015, n. 69, si pone, quanto alla condotta di mancata esposizione in bilancio di
poste attive effettivamente esistenti nel patrimonio sociale, in rapporto di continuità
normativa con la fattispecie previgente, determinando una successione di leggi penali, ai
sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen. (Sez. 5, n. 37570 del 08/07/2015, P.C. in proc.
Fiorini, Rv. 265020)
2. Nel caso di specie alla SACCO è stata contestata la fattispecie di false comunicazioni
sociali “dannose” di cui al previgente testo dell’art. 2622 cod. civ., reato commesso
omettendo di riportare una serie di dati relativi a crediti e debiti della società nei bilanci
degli esercizi 2005 e 2006.
Come si è visto, già con la sentenza di secondo grado è stata dichiarata la prescrizione in
relazione ai fatti relativi al bilancio del 2005.
La non manifesta infondatezza dei motivi di ricorso impone di dichiarare l’estinzione del
reato anche in relazione ai fatti di cui al bilancio del 2006.
Infatti, calcolati i periodi di sospensione del processo, il termine prescrizionale è spirato
alla data del 12 settembre 2014.
3. Il ricorso va rigettato agli effetti civili.
Invero, alla stregua delle risultanze processuali come valutate dai giudici di merito con
motivazione congrua ed esente da vizi logici e di metodo, è emerso che la SACCO ha
consapevolmente commesso i fatti a lei ascritti.
Né appare fondata la questione relativa alla intempestività della querela, in relazione alla
quale la Corte territoriale ha pure congruamente e logicamente motivato.

P.Q.M.

termini è stata diffusa l’informazione provvisoria).

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per essere il reato
estinto per intervenuta prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2016

Il presidente

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA