Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20252 del 11/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20252 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE BERNARDO FRANCESCO nato il 29/03/1989 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 18/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI;
sentite le conclusioni del PG ROBERTO ANIELLO che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso.
Utttril difensore

L

Data Udienza: 11/04/2018

11113D-18
FITEMMIN FATO
1. Il Difensore di Francesco DE BERNARDO ha proposto ricorso per
Cassazione contro l’ordinanza con la quale il Tribunale di NAPOLI, in sede di
riesame, ha confermato la misura cautelare genetica della custodia in carcere
emessa dal Giudice per le indagini preliminari in riferimento al reato di cui all’art.
416 bis cod. pen. per avere l’indagato partecipato ad una associazione di stampo

settori criminali di interesse del gruppo, nel procacciamento di armi e nelle azioni
di fuoco.
2. Il ricorrente ha dedotto un unico motivo di ricorso, per violazione di legge
penale sostanziale e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. b ed e cod.
proc. pen.. e ha sottolineato che le dichiarazioni di Stefanelli ed Ercolani, che il
Tribunale aveva qualificato come chiamate di correo, in effetti dovevano essere
considerate come chiamate in reità “de relato”, dato che le stesse provenivano
da un gruppo camorristico avverso a quello in cui era ipoteticamente inserito il
DE BERNARDO e non avevano riferito notizie assunte nell’ambito dello stesso
consesso associativo, chiamate da considerarsi inutilizzabili in quanto non
indicative della relativa fonte e non suscettibili di riscontro reciproco.
2.1 n Tribunale non aveva poi considerato che le dichiarazioni dei due
collaboranti e di un terzo, Rocco CAPASSO, erano aspecifiche, generiche e non
indicative della condotta delittuosa svolta dall’indagato all’interno della
associazione di riferimento così come gli esiti di una perquisizione nella
abitazione di MONTANINO all’interno della quale era stata rinvenuta una carte di
identità intestata a Nicola SORRENTINO ma riportante l’effigie del DE
BERNARDO; anche le conversazioni intercettate non avevano dimostrato niente
di più che rapporti di frequentazione dell’indagato con i presunti sodali.
a3NSIDERA1O IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va rigettato, con le conseguenze di cui all’art. 616
cod. proc. pen. in tema di condanna alle spese.

k

2. La prima delle pr4ettazioni critiche sollevate, quella relativa alla

qualificabilità dei collaboratori che hanno riferito notizie sul DE BERNARDO in
termini di chiamanti in reità “de relato”, non è fondata; a tacere del fatto che il
tema non sembra proposto con la richiesta di riesame dato che il Tribunale non
ne parla affatto, resta l’osservazione, di per sé conclusiva, che in questa specifica
1

camorristico denominata “Clan Di Micco” svolgendo funzioni operative in tutti i

sede processuale la Corte non è in grado di accertare, né il ricorrente ha addotto
dimostrazioni oggettive sul punto, che quelli che l’ordinanza impugnata qualifica
come “chiamanti in correità” siano invece dei meri testi che riferiscono ex at. 195
cod. proc. pen. notizie apprese da altri.
Il solo fatto che i due dichiaranti Stefanelli ed Ercolani appartengano infatti
ad un clan camorristico diverso da quello all’interno del quale è collocabile il DE
BERNARDO (unico motivo, questo, per il quale i due sarebbero da qualificarsi
come chiamanti in reità “de relato” secondo la prospettazione difensiva) non è

due e quello nel quale è indagato il DE BERNARDO vi sia almeno un vincolo di
collegamento ex art. 371, comma 2 cod. proc. pen. che qualifica i dichiaranti
come persone rientranti nelle disposizioni di cui all’art. 210 e 192, comma 4 cod.
proc. pen.e perciò, appunto, come veri e propri chiamanti in correità.
Ma anche se si volesse seguire l’impostazione data dal ricorrente e
riconoscere quindi ai due dichiaranti di cui si dice la status di testimoni che
riferiscono notizie apprese da terzi ex art. 195 cod. proc. pen., non
necessariamente seguirebbe la sanzione di inutilizzabilità invocata dal ricorrente
stesso posto che, per un verso, le dichiarazioni, come sottolinea più volte il
Tribunale, provengono da persone che hanno avuto ruoli di primo piano nelle
vicende delittuose narrate e che quindi riferiscono, con tutta evidenza, di
condotte direttamente conosciute ed apprese e, per l’altro, la sanzione di
inutilizzabilità ex art. 195 cod. proc. pen. fa seguito esclusivamente alla mancata
citazione a deporre, su istanza della parte che lo ha richiesto, del c.d. “teste di
riferimento”, procedimento questo che non risulta in alcun modo attivato nel
caso in esame.
2. Anche la seconda delle prospettazioni critiche di cui s’è detto, quella che
lamenta la sostanziale insufficienza delle indicazioni date dai collaboratori ch=criZ.r
d__,snt:SUM, risulta infondata; il Tribunale ha richiamato la valutazione di credibilità
operata dal Giudice delle indagini preliminari, che ha emesso l’ordinanza, delle
dichiarazioni dello STEFANELLI, valutazione che è stata contrastata in termini
generici ed assertivi dal ricorrente, e ha poi sottoposto quanto dichiarato alla
necessità del riscontro oggettivo, rinvenendo detto riscontro sia nell’esito di
conversazioni registrate presso l’abitazione di Nunzia D’AMICO sia in analoghe e
convergenti dichiarazioni provenienti da altri due collaboratori, Antonio
ERCOLANI e Rocco CAPASSO.
Ai dati di riscontro sopra individuati, infine, il Tribunale ha aggiunto quelli
che emergevano da intercettazioni attuate nel periodo tra l’ottobre 2015 e il
2

motivo sufficiente, allo stato, per escludere che tra il procedimento a carico dei

febbraio 2016, tutte indicative di stretti rapporti tra il DE BERNARDO e altri
componenti del gruppo “De Micco” accertati anche tramite dirette osservazioni
della Polizia giudiziaria e poi ancora la circostanza del rinvenimento di una carta
di identità intestata ad altro partecipe del gruppo ma con l’effigie del DE
BERNARDO e, nello stesso contesto, di un foglio con soprannomi e numeri di
telefono riconducibili ai personaggi eminenti del gruppo criminale in questione,
con il che si può conclusivamente affermare che il Tribunale abbia fatto piena e
corretta applicazione al caso in esame delle indicazioni di cui all’art. 192, terzo

3. Il ruolo che le fonti indiziarie attribuiscono poi al DE BERNARDO all’interno
della compagine criminale in esame non si limita, contrariamente a quanto
affermato dal ricorrente, ad una mera indicazione di semplice appartenenza priva
di più dettagliate indicazioni, ma si estende a ricomprendere le condotte indicate
nella imputazione preliminare, dato che l’indagato era stato dato presente ad
una riunione della organizzazione in cui si era decisa una azione violenta contro
un gruppo avverso (“i ragazzi del Conocal”) e al precedente sopralluogo sul
posto, a dimostrazione quindi del suo ruolo di stretta collaborazione operativa
con i vertici decisionali del clan “De Micco”.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali:
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 Disp. att.
cod. proc. pen.
Così deciso il 11 aprile 2018.
Il Consigliere est nsore
Maurizio GIANE INI

Il Presidente
A a PETR ZZELLIS

comma cod. proc. pen..

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