Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20249 del 28/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20249 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TROISE SALVATORE N. IL 13/07/1974
avverso la sentenza n. 5865/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
11/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 28/04/2015

< J R.G. 20830/2014 Considerato che: Troise Salvatore ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 11/11/2013, che in riforma della sentenza del Tribunale di Nola del 11/11/2009, concesse le attenuanti generiche, rideterminava la pena in anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 400,00 di multa per il reato di ricettazione, chiedendone l'annullamento ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce violazione di legge nonché carenza e l'illogicità della psicologico e con riguardo al mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui all'art. 648 cpv. cod. pen. Con riferimento alla prima questione proposta, la Corte territoriale, nel confermare la sentenza di primo grado, si è adeguata al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione , è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Del resto questa Corte ha più volte affermato che la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell'imputato che dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata - o non attendibile - indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Nardino, Rv. 241458; sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265). Nella sentenza impugnata le inverosimili spiegazioni in ordine alla disponibilità disponibilità della carcassa dell'autovettura, risultata di provenienza delittuosa, sì pone come coerente e necessaria conseguenza di un acquisto illecito. Ciò con particolare riferimento alla condotta tenuta dall'imputato che aveva trasportato la suddetta carcassa presso l'azienda di rottamazione e quindi, scoperto, aveva tentato di darsi alla fuga. Con riferimento, poi, alla seconda questione, le motivazioni svolte dal giudice d'appello non risultanoLp mancanti o viziate da illogicità manifesta e forniscono esaustiva motivazione in ordine al diniego dell'attenuante di cui al secondo comma dell'art.648 cod. pen., facendosi correttamente riferimento ad motivazione con riferimento alla sussistenza dell'elemento materiale e di quello I una valutazione complessiva del fatto reato effettuata attraverso la valutazione del valore dell'auto e delle modalità operative del fatto. Le su esposte considerazioni impongono di dichiarare inammissibile il ricorso proposto. Ne consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. Roma 28 aprile 2015 PQM

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