Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20230 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20230 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: TRONCI ANDREA

Data Udienza: 27/02/2018

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAFFEIS CARLO nato il 05/02/1975 ad ORZINUOVI (BS)
MERCURI SERGIO nato il 06.09.1960 a MILANO
MERCURI ALESSIO nato il 14.09.1990 a PAVIA
avverso la sentenza dell’11/10/2016 della CORTE di APPELLO di MILANO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita, in PUBBLICA UDIENZA del 27/02/2018, la relazione svolta dal Consigliere ANDREA
TRONCI;
sentito il PG, in persona del Sost. GIOVANNI DE LEO, che ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità dei ricorsi;
uditi i difensori, avv. ROBERTO AFELTRA, del Foro di Milano, anche in sostituzione dell’avv.
ROBERT RANIELI, per Maffeis, ed avv. FEDERICO MARGHERITTI, del Foro di Milano, per
Mercuri Sergio, i quali hanno concluso per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi;

Cr

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 11.10.2016, la Corte d’appello di Milano riduceva ad

anni sette di reclusione la pena inflitta a Carlo MAFFEIS e revocava parzialmente
le statuizioni di confisca adottate, limitatamente all’immobile sito in Opera, alla
via Cadorna, per il resto confermando la pronuncia di primo grado emessa dal

MAFFEIS per il reato previsto e punito dall’art. 74 D.P.R. 309/90, sub A), nelle
vesti di partecipe; di condanna di Sergio MERCURI alla complessiva pena di anni
tredici, mesi nove e giorni venti di reclusione, per aver anch’egli preso parte alla
medesima consorteria criminosa di cui sopra, nonché per aver detenuto a fine di
spaccio la sostanza stupefacente di tipo cocaina, di cui ai capi B), B1), B2), D) e
G), e per aver spacciato modici quantitativi del medesimo tipo di droga, con
riferimento ai 29 episodi di cui al capo L); di condanna di Cristian DI PAOLO
PETROVIC – figlio di Dragomir PETROVIC, quest’ultimo separatamente giudicato
e condannato in via definitiva quale capo dell’associazione di cui al ricordato capo
A) della rubrica, unitamente a Goran RAKOVIC – alla pena di anni sei di
reclusione ed C 21.000,00 di multa, per concorso nella detenzione illecita della
cocaina di cui al capo B); di condanna, infine, di Alessio MERCURI, figlio di
Sergio, alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi quattro di reclusione ed C
800,00 di multa, in relazione alla detenzione a fine di spaccio di poco più di gr.
75 di hashish, con una percentuale di principio attivo pari all’1,9%, ricondotta in
seno al paradigma dell’ipotesi attenuata, ai sensi dell’art. 73 co. 5 D.P.R.
309/90; il tutto oltre statuizioni (residue) di confisca.
2.

La Corte territoriale dava atto previamente che l’iniziale ed unitaria

indagine aveva riguardato, oltre ai due assolti dal Tribunale (Janes MIGLIORE e
Maurizio BONALUMI), anche altri soggetti (Dragomir PETROVIC, Goran RAKOVIC
e Maurizio POLLINI), la cui posizione era stata poi separata per effetto della
diversa opzione processuale esercitata, significando, anzi, come, su istanza delle
difese, la definizione del giudizio d’appello fosse stata posposta alla pronuncia di
legittimità relativa all’altro troncone processuale, conclusosi, al di là
dell’annullamento con rinvio disposto per la rideterminazione del trattamento
sanzionatorio, con l’irrevocabile accertamento della sussistenza, sul piano
oggettivo, tanto del reato associativo sub A), quanto dei fatti di detenzione
illecita di cui ai capi B), B1) e G). Faceva quindi propria la ricostruzione della

Tribunale ambrosiano, di affermazione della penale responsabilità dell’anzidetto

complessiva vicenda processuale delineata dal Tribunale di Milano ed incentrata
sulla figura dell’odierno ricorrente, avv. Carlo MAFFEIS.
2.1 Segnatamente,

esponevano

giudici

i

d’appello

che

l’anzidetto

professionista, di cui non è in discussione la tossicodipendenza da cocaina – già
implicato in altre vicende giudiziarie e cancellato, sia pur solo per un contestato
inadempimento di ordine formale, dall’Albo degli avvocati presso il relativo
Consiglio dell’Ordine a decorrere dal 02.12.2012, ancorché avesse continuato a
svolgere “attività di consulenza legale, cui continuava senz’altro ad essere

processuali, quali indagati sottoposti a misure cautelari o condannati in fase di
esecuzione pena” – era all’attenzione degli inquirenti, a far tempo appunto dal
2012. Ciò per aver intrecciato affari con tal Silvio PROSPERI, soggetto tratto in
arresto su segnalazione della D.I.A. di Napoli per concussione, estorsione,
reimpiego di beni e denaro di provenienza illecita, nonché per aver acquistato
quote di partecipazione societaria di imprese in decozione, in particolare della Tir
Spagna Transport s.r.I., di cui era divenuto liquidatore nell’arco di tempo
compreso tra febbraio e luglio 2012, nel corso del quale aveva predisposto un
piano di ristrutturazione,

ex art. 182 L. Fall., “prevedendone l’assorbimento

attraverso la costituzione (nel maggio 2012) di una nuova società, la Tir Spagna
Logistica s.r.I., sebbene non emergesse alcun concreto interesse a prelevare gli
ormai irrisolti e negativi affari”.
L’impresa era stata in effetti costituita e ne era stata collocata la sede
legale in un palazzo di cui il predetto MAFFEIS aveva la disponibilità. Rilevava
peraltro la Corte che l’anzidetto piano di ristrutturazione presentava contenuti
economici radicalmente difformi rispetto alla nota integrativa al bilancio del
2010, sulla scorta della quale ultima era stata gestita l’acquisizione della società,
poiché si dava atto che i dipendenti erano stati posti in cassa integrazione
guadagni straordinaria, con previsione di una drastica riduzione nel numero, sì
da pervenire ad una più agile struttura di 20-22 autoveicoli e 18 autisti; si
specificava – a fronte della pregressa indicazione, per cui le perdite di esercizio
erano state interamente coperte con le riserve e residuavano debiti per soli
C 20.000,00 – che le passività ammontavano a poco meno di C 7.304.098,00,
con impegno al pagamento del 100% dei creditori privilegiati e del 30% dei
chirografari; si offriva a garanzia un immobile del valore di C 1.000.000,00, in
aggiunta ai mezzi ed ai crediti verso i clienti, asseritamente pari a quasi
€ 1.700.000,00 (laddove la nota integrativa quantificava detta voce in
C 22.730,00); nulla si diceva in ordine alla realizzazione dell’attivo.

i,3

abilitato”, nonché “quella di fornire assistenza legale in favore di soggetti

Ancora, evidenziavano i giudici d’appello non esservi “né riscontri
documentali e burocratici degli autoveicoli, che non possono essere venduti o
radiati senza la relativa procedura; né … riscontro contabile dei pagamenti
corrispondenti al (presunto) saldo delle fatture relative ai (vantati) crediti, cui
pure il MAFFEIS più volte ricorre defensionalmente per fornire una giustificazione
logica ai suoi frequenti spostamenti in giro per l’Italia, dalla Calabria a Roma,
come emergenti dalle conversazioni intercettate”.
Soprattutto, rilevavano i giudici medesimi l’assenza di tracce di sorta dei 18

personale, se si fa eccezione dell’originario coimputato Dragomir PETROVIC,
assunto appunto dalla Tir Spagna Logistica, previa autorizzazione da parte del
competente magistrato di sorveglianza, atteso il suo status di condannato in via
definitiva, all’esito della sua ammissione al regime della semilibertà, “con
provvedimento giurisdizionale del 24.10.2012, personalmente richiesto ed
interamente gestito” dal MAFFEIS, presidente del C.d.A. della società anzidetta.
Con l’ulteriore e significativa precisazione, da parte della sentenza impugnata,
che, fermo l’ovvio supporto documentale afferente alla posizione contrattuale del
PETROVIC – necessario per comprovare al magistrato di sorveglianza
“l’effettività dell’impegno all’assunzione”, prima, e “dello svolgimento del
rapporto lavorativo”, poi – per il resto, “la posizione di Dragomir è avvolta in una
totale incertezza di elementi circostanziali suscettivi di giustificare la presenza
del detenuto in seno a questa neocostituita società, a sua volta nebulosamente
priva di attività, di mezzi, di personale”, essendo anzi comprovato dalle
intercettazioni, per un verso, “la totale difettività di colloqui di Dragomir inerenti
l’attività d’impresa”, risultando anzi come lo stesso liquidi sbrigativamente
offerte di lavoro da parte di soggetti che si proponevano come autisti di
collaudata esperienza; per altro verso, come siano “frequenti, anzi esclusivi i
contatti con gli odierni coimputati, nonché con il correo RAKOVIC Goran”,
finalizzati alla definizione di rilevanti traffici di sostanza stupefacente, esplicitati
dall’inequivoco tenore delle conversazioni intercettate e comprovati
tangibilmente dal sequestro finale di otto chili di cocaina, parte del maggior
carico di dieci chili oggetto dei colloqui captati dagli inquirenti, con contestuale
arresto in flagranza dello stesso Dragomir e di Sergio MERCURI, nella cui vettura
la droga era trasportata, all’esito del controllo apparentemente occasionale
eseguito dalla G.d.F.
2.2 In definitiva, secondo la Corte ambrosiana, la società Tir Spagna Logistica,
con l’assunzione in essa di Dragomir PETROVIC, avrebbe costituito “il nucleo
primario dell’illecito associativo”, appunto attraverso la creazione di “un

dipendenti residuati dopo la programmata, drastica operazione di riduzione del

comparto operativo apparentemente lecito”, in realtà “specificamente destinato”
a consentire lo svolgimento di quelle ulteriori e ben diverse attività, illecitamente
connotate e perciò penalmente rilevanti. Donde il coinvolgimento nella
consorteria criminale – s’intende, accanto al più volte citato Dragomir PETROVIC
ed al RAKOVIC, come detto condannati entrambi in via definitiva per violazione
dell’art. 74 D.P.R. 309/90 – anche del MAFFEIS, senza la cui “predisposizione
logistica e contrattuale” lo stesso programma criminoso non avrebbe potuto
essere portato a compimento ed il cui “apporto” viene pertanto definito

di Sergio MERCURI. La figura del quale viene delineata come quella di colui che
coadiuva all’esterno il PETROVIC nei suoi rapporti con la criminalità,
rappresentandone, in ragione dei naturali limiti connaturati al regime di
semilibertà, il “supporto continuativo, stabile, affidabile”, al punto che, senza di
lui, il menzionato PETROVIC “non avrebbe potuto fare alcunché”, in tal senso
essendo sintomatico che sia proprio il predetto, grazie ai box nella sua
disponibilità, ad occuparsi del deposito della cospicua partita di cocaina, la gran
parte della quale verrà sottoposta a sequestro dagli inquirenti, al pari della
detenzione dei quantitativi oggetto delle imputazioni sub D) e G). Mentre un
ruolo del tutto marginale viene ritagliato per il figlio del MERCURI, la cui
implicazione nella detenzione del diverso stupefacente rinvenuto nella stanza da
letto del padre viene ricondotta dalla sentenza d’appello agli esiti
dell’intercettazione in atti.
3.

Avverso detta sentenza gli imputati, con la sola eccezione di Cristian DI

PAOLO PETROVIC, hanno interposto tempestiva impugnazione, a mezzo dei
propri legali di fiducia ovvero personalmente.
4.

I difensori del MAFFEIS, in particolare, formulano quattro motivi di

doglianza:
4.1 con il primo censurano il difetto assoluto di motivazione – e, per l’effetto,
anche violazione di legge, ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen., in rapporto all’art.
546 lett. e) dello stesso codice – per avere la Corte distrettuale omesso di
rispondere al motivo d’appello in tema di oggettività del reato di cui all’art. 74
D.P.R. 309/90, alla stregua della intervenuta irrevocabilità del segmento
inerente alla posizione degli imputati giudicati con rito abbreviato, giusta
sentenza n. 52545/2016 di questa Corte, in forza della quale è stata
definitivamente sancita l’esistenza dell’associazione

sub A), peraltro senza

considerare quanto esplicitato nella stessa sentenza testé richiamata, a

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“assolutamente essenziale ed insostituibile nella struttura organizzativa”, nonché

proposito della diversità dei criteri di valutazione probatoria propria dei due riti,
ordinario e contratto;
4.2 con il secondo motivo si deduce violazione di legge, “in punto di ritenuta
partecipazione del ricorrente all’associazione a delinquere”, nonché “vizio di
motivazione sotto il profilo del travisamento della prova”: tanto in ragione del
ritenuto malgoverno delle risultanze probatorie operato dalla Corte territoriale
– così come esplicitato attraverso la disamina dei singoli passaggi sui quali il
ricorso si sofferma – “a volte addirittura affermando circostanze che gli atti

processuali, onde “sarebbe stato irrimediabilmente violato il principio fondante
di ogni sentenza”, restando comunque asseritamente inesplorato quale nesso
causale vi possa essere fra la lecita costituzione di una società operata dal
MAFFEIS, con l’assunzione quale dipendente di un detenuto ammesso al regime
della semilibertà, ed il reato associativo in cui si sostiene che il medesimo
sarebbe coinvolto;
4.3 con il terzo motivo si lamenta altra violazione di legge, per via del mancato
inquadramento dei fatti, pur appositamente sollecitato, in seno alla previsione di
cui all’art. 418 cod. pen., in contrasto altresì con quanto emerge dalla stessa
sentenza qui impugnata, a proposito della occasionalità del coinvolgimento del
MAFFEIS e dei ben precisi limiti in cui circoscrivere il suo contributo, limitato alla
sola “logistica”, tenuto contro altresì della linea di demarcazione che la
giurisprudenza di legittimità ha costantemente tracciato per distinguere l’ipotesi
associativa dal favoreggiamento concretizzatosi in assistenza agli associati;
4.4 con il quarto motivo, infine, si denuncia ulteriore violazione di legge, “in
relazione alla quantificazione della pena”, stante l’asserito difetto di motivazione
in ordine alla determinazione della pena base in misura non coincidente con il
minimo edittale, pur dopo il ridimensionamento operato dal giudice d’appello,
alla luce dell’accertato stato di tossicodipendenza del MAFFEIS.
5.

Secondo la difesa di Sergio MERCURI, la sentenza della Corte ambrosiana

sarebbe innanzi tutto inficiata da vizio di motivazione, quanto alla ritenuta
partecipazione dell’imputato all’associazione di cui al capo A) della rubrica: ciò in
quanto il ragionamento giustificativo svolto dal giudice d’appello è “integralmente
incentrato sulla figura del coimputato MAFFEIS Carlo, dalla cui partecipazione
associativa la Corte pensa evidentemente di poter dedurre, sic et simpliciter ed
indipendentemente da qualsivoglia ulteriore spiegazione puntuale e specifica in
riferimento alla posizione di ogni singolo imputato, la conferma dell’ipotesi
accusatoria anche a carico del sig. MERCURI Sergio”, risultando così
immotivatamente disattese – in spregio al costante insegnamento del giudice di
6

smentiscono”, con conseguente mancata rispondenza del processo alle carte

legittimità – tutte le analitiche obiezioni svolte con i motivi d’appello, nonostante
la stessa sentenza riconosca apertamente la possibilità, in capo agli imputati, di
demandarle “un giudizio di non colpevolezza per difettività volitiva o per
estraneità al compimento delle fattispecie criminose o, in via subordinata, per
insufficiente o limitato contributo al vincolo criminoso come definitivamente
accertato”.
5.1

In relazione agli addebiti di cui ai capi B2), D) e G) della rubrica – come

detto, inerenti ad altrettanti episodi di illecita detenzione di sostanza

606 lett. c) in relazione al combinato disposto degli artt. 546 lett. c) …”

leggi:

e) – “… e 125 c.p.p.”, nonché “vizio di motivazione ex art. 606 lett. e)” dello
stesso codice di rito, stante la sostanziale mancanza di giustificazione della pur
confermata condanna del prevenuto per tali addebiti, al di là dello scarno ed
“apodittico” – tale definito – passaggio argomentativo espressamente riprodotto
nel corpo del ricorso.
5.2 Anche in ordine al trattamento sanzionatorio, da ultimo, la sentenza
impugnata non si sottrarrebbe a puntuali obiezioni di ordine logico, avendo
correttamente valorizzato, in sede di determinazione della pena a carico del
MAFFEIS, lo stato di tossicodipendenza di quest’ultimo, per contro indebitamente
non apprezzato quanto al MERCURI, nonostante si tratti di dato ampiamente e
documentalmente comprovato in atti.
6.

Duplice è la censura che Alessio MERCURI muove avverso la sentenza della

Corte milanese, con atto personalmente sottoscritto.
6.1 La prima di esse – con cui si deduce vizio di motivazione e, insieme,
violazione di legge – poggia sul sostanziale difetto di motivazione sia in ordine
alla ritenuta attribuzione a sé della droga di cui trattasi – non avendo portata
dirimente i passaggi della conversazione del 29.01.2014 già valorizzati dal
Tribunale, a fronte di una seconda parte della medesima conversazione idonea a
legittimare la diversa ricostruzione espressamente prospettata con il gravame
proposto e nondimeno del tutto ignorata – sia in ordine alla destinazione allo
spaccio, anziché ad uso personale, dello stupefacente medesimo, oggetto
unicamente di una concisa espressione di stile da parte della Corte distrettuale.
6.2 La seconda censura investe le statuizioni di confisca delle somme di
C 1.500,00 e 7.915,00, adottate dalla sentenza impugnata nella ritenuta assenza
totale di motivazione, sia quanto alla prima di esse – peraltro oggetto di
dissequestro nel corso delle indagini, in ragione dell’accertata provenienza lecita
del denaro dalla gestione familiare del bar di via Osimo, in Milano – sia quanto
alla seconda, con riferimento alla quale era stato evidenziato, al di là della
7

stupefacente del tipo cocaina – i ricorrenti difensori deducono “violazione ex art.

differente genesi ipotizzata dai giudici del Tribunale, come in nessun caso fosse
comunque possibile istituire un collegamento con l’illecito di cui al capo C) della
rubrica, che è il solo ascritto al prevenuto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Inammissibili sono i ricorsi nell’interesse del MAFFEIS e di Sergio MERCURI,

cui conseguono le statuizioni accessorie indicate in dispositivo; merita invece

accoglimento quello relativo alla posizione di Alessio MERCURI.

Ricorso MAFFEIS
2.

Iniziando la disamina delle impugnazioni proposte da quella concernente il

MAFFEIS, il primo motivo di ricorso – come detto, avente ad oggetto l’omesso
pronuncia sulle censure inerenti alla stessa oggettività dell’ipotizzato reato
associativo – si palesa inficiato da manifesta infondatezza.
A tal proposito osserva il Collegio che può senza meno convenirsi circa
l’erroneità dell’affermazione della Corte distrettuale, per cui l’intervenuta
condanna definitiva di Dragomir PETROVIC e del RAKOVIC comporterebbe
l’intangibilità dell’affermazione circa la sussistenza della contestata consorteria di
cui all’art. 74 D.P.R. 309/90, fermo il sindacato in ordine all’effettivo
coinvolgimento del MAFFEIS, laddove ogni giudice lo è della totalità del fatto
sottoposto alla sua cognizione.
Ciò posto in linea generale, occorre tuttavia considerare che l’atto di
appello, a suo tempo formalizzato nell’interesse dell’anzidetto imputato, risulta
incentrato, per la quasi totalità degli ampi motivi posti a suo fondamento, sulla
ritenuta estraneità al vincolo associativo del professionista, inconsapevolmente
coinvolto – secondo la tesi sostenuta e qui nuovamente ribadita – in traffici di cui
era totalmente ignaro, asseritamente orditi dal solo PETROVIC dietro il paravento
della società del MAFFEIS medesimo. Di talché le doglianze che investono la
stessa sussistenza sul piano oggettivo della societas sceleris risultano confinate
nelle sole pagine da 52 a 54 dell’atto di appello – che sono, in effetti, le sole
correttamente richiamate nel motivo del ricorso in esame – alla stregua delle
quali il venir meno della consorteria è fatto dipendere, in primo luogo, dal già
citato, erroneo coinvolgimento del MAFFEIS – che travolgerebbe il numero
minimo di partecipi richiesto dalla legge – e, secondariamente, dal ritenuto
carattere meramente concorsuale dei traffici organizzati da Dragomir PETROVIC,
in ragione dei forti limiti che ne condizionavano l’agire per via del regime di
semilibertà cui era sottoposto, nonché alla luce della ritenuta assenza di
“strutture” e “mezzi dell’associazione, quali per esempio le autovetture per il

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kto

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trasporto, i telefoni cellulari, i luoghi per l’occultamento”, e della diversità degli
accordi di volta in volta raggiunti dal citato PETROVIC con fornitori sempre
diversi, peraltro mai conclusi positivamente.
Tanto premesso, è agevole rilevare che la prima delle anzidette circostanze
è stata senza meno presa in esame ed ampiamente confutata dal giudice del
gravame, oltre ad essere intrinsecamente errata, perché basata sulla premessa
assiomatica per cui i componenti dell’associazione sarebbero stati solamente
Dragomir PETROVIC, Sergio MERCURI ed il MAFFEIS, così ignorando – senza che

del RAKOVIC, di cui, all’atto della proposizione dell’appello, era già nota la
condanna quale partecipe della consorteria criminosa, decretata dalla Corte
d’appello di Milano che l’aveva giudicato, con sentenza del 3 novembre 2015. Ed
altrettanto dicasi, al di là della sostanziale genericità che lo connota, con
riguardo al secondo profilo di contestazione della materialità dell’associazione, la
cui obiettiva trattazione ad opera della Corte ambrosiana emerge con chiarezza
dalla sintesi precedentemente compiuta, al paragrafo 2. del precedente
RITENUTO IN FATTO.
Logico corollario delle considerazioni svolte è che il rilievo di ordine
formale, di cui consta (esclusivamente) il motivo di ricorso di cui trattasi, non ha
alcuna ragion d’essere, atteso che la Corte territoriale, al di là della già rilevata,
non corretta enunciazione in diritto, ha comunque affrontato il punto sollevato
con l’atto di appello.
3.

Venendo quindi al secondo motivo di doglianza, occorre preliminarmente

porre l’accento sulla duplice premessa cui il ricorrente ancora la propria censura:
ossia che l’operatività dell’associazione andava valutata – diversamente da
quanto fatto dalla Corte territoriale, che ha valorizzato anche l’epoca
antecedente a quella di cui subito infra – per il solo periodo compreso fra luglio
2013 a gennaio 2014, poiché a tale arco di tempo l’avrebbe circoscritta il primo
giudice, pur a fronte del carattere aperto della contestazione contenuta nel capo
d’accusa; e, ancora, che il contestato contributo ad essa asseritamente fornito
dal MAFFEIS sarebbe consistito nel solo “apporto logistico” fornito dal prevenuto,
attraverso la più volte ricordata società ed il successivo spostamento della sua
sede, avendo “la sentenza di appello … escluso ogni riferimento di condotta
criminosa del MAFFEIS al recupero crediti ed al sostegno finanziario”, valorizzati,
per contro, dalla pronuncia del Tribunale.
Entrambe tali premesse vanno disattese, perché manifestamente
infondate.

abbia rilievo che se ne dimentichi anche il Tribunale – il ruolo di stabile fornitore

3.1

Per ciò che riguarda la prima di esse, rileva il Collegio che il Tribunale ha

condannato il MAFFEIS, al pari del MERCURI, per la loro partecipazione
all’associazione di cui trattasi, in conformità alla contestazione cristallizzata nel
capo d’accusa, ossia “dal novembre 2012 tutt’ora permanente”. E, se è vero che,
nell’incipit della propria motivazione, il Tribunale parla in effetti di stabile
dedizione dell’associazione “all’attività illecita di procacciamento di sostanza
stupefacente quanto meno tra luglio 2013 e gennaio 2014” (sottolineatura di
questo estensore), è di tutta evidenza che tale assunto va riferito alla concreta

delle risultanze delle intercettazioni in atti, che abbracciano giusto il periodo di
tempo compreso fra i mesi dianzi indicati.
Discende da quanto precede che, se può attribuirsi certamente rilievo
all’estremo finale dell’arco di tempo testé specificato, atteso che il 22 gennaio
2014 coincide con il flagrante arresto di Dragomir PETROVIC e di Sergio
MERCURI in relazione alla detenzione degli otto chili di cocaina di cui al capo B1)
della rubrica, data che segna lo smembramento dell’associazione, essendo
comunque del tutto assente in atti – giusta la rappresentazione dei fatti
risultante dalle concordi sentenze di merito – la prova di un’ultrattività del
gruppo delinquenziale, non altrettanto può dirsi con riferimento all’estremo
iniziale del medesimo segmento temporale. Ciò innanzi tutto perché l’effettività
dell’agire dell’associazione, pur fornendo d’ordinario gli elementi fattuali
attraverso cui viene raggiunta la prova dell’esistenza della consorteria criminosa,
è e rimane dato ontologicamente non coincidente con la costituzione del pactum

sceleris, che, notoriamente ed al di là delle problematiche sul piano probatorio, è
fatto diverso, dotato di una sua distinta obiettività, che prescinde dalla concreta
attività dell’associazione. E, ancora, perché la motivazione del Tribunale, nel suo
sviluppo immediatamente successivo, è esplicita nel significare che il progetto
sfociato nella creazione della Tir Spagna Logistica, pur senza dubbio formalmente
espressione di un’operazione lecita, si presta nondimeno ad un’altra chiave di
lettura, che è quella in effetti ed in modo argomentato privilegiata dallo stesso
Tribunale: ossia che la società in questione consentì “lo svolgersi di una parallela
attività illecita in relazione alla quale Dragomir, assunto come dipendente,
teneva i contatti e incontrava persone dedite al commercio di stupefacenti”, a tal
fine rilevandosi “che la società era stata costituita prima che Dragomir usufruisse
del regime di semilibertà e aveva rappresentato l’occasione, per MAFFEIS, di
proporre un programma di lavoro per l’imputato”, a significare, cioè, che la
società, ove mai inizialmente creata per scopi legittimi, “era poi divenuta, se non
lo strumento, l’involucro o l’occasione con la quale (I’)organizzazione illecita,

dimostrazione dell’operatività dell’associazione medesima, tratta sulla scorta

rappresentata da pochi ma fidati collaboratori, svolgeva la sua attività di
intermediazione nel commercio di stupefacenti proprio attraverso Dragomir”.
3.2 Altrettanto ed anzi più agevole, è la dimostrazione dell’inconsistenza della
seconda premessa di cui sopra: qui il legale ricorrente pretende di attribuire una
sorta di (indebita) valenza costitutiva alla circostanza che il giudice d’appello,
attenendosi alle doglianze formulate con il gravame, abbia concentrato la propria
attenzione su ciò che integra senza meno – in seno alla costruzione della vicenda
patrocinata da entrambe le sentenze di merito – il nucleo primario ed essenziale

caso, la messa a disposizione del Dragomir della Tir Spagna Logistica, così da
permettere allo stesso, grazie alle sue conoscenze ed al carisma delinquenziale
in grado di garantirne l’affidabilità, di organizzare, unitamente al RAKOVIC,
traffici

di

stupefacenti

per quantità

rilevanti,

poi

gestiti

attraverso

l’imprescindibile supporto del MERCURI ed il contributo di ulteriori soggetti, vale
a dire lo stesso figlio del PETROVIC – condannato in via definitiva, nell’ambito del
presente processo, per la detenzione illecita dei due chili di cocaina di cui al capo
B) della rubrica, quota parte della più ampia partita di dieci chili acquisita
dall’associazione – nonché i già citati 3anes MIGLIORE e Maurizio BONALUMI,
l’attività di collaborazione dei quali tutti alle singole operazioni illecite è stata
reputata non “colorata” dalla necessaria affectio societatis e perciò tale da non
fare assurgere le persone coinvolte al rango di partecipi del gruppo
delinquenziale.
Non è inutile ricordare, inoltre – come già si è avuto modo di evidenziare,
in sede di sintesi della sentenza impugnata – che la Corte distrettuale, onde dare
contezza della funzione illecita da essa riconosciuta alla creazione della Tir
Spagna Logistica, sottolinea l’assenza di “riscontro contabile dei pagamenti
corrispondenti al (presunto) saldo delle fatture relative ai (vantati) crediti, cui
pure il MAFFEIS più volte ricorre defensionalmente per fornire una giustificazione
logica ai suoi frequenti spostamenti in giro per l’Italia, dalla Calabria a Roma,
come emergenti dalle conversazioni intercettate”. Il che vale a dare atto di ciò
che già il Tribunale aveva rimarcato, ossia dell’esistenza di un’attività di recupero
crediti da parte del MAFFEIS, di cui non v’è prova tuttavia che siano confluiti
nella contabilità della succitata Tir Spagna Logistica, risultando, per contro, come
il prevenuto ne desse conto al MERCURI ed a Dragomir PETROVIC, che pure a tal
proposito, all’apparenza, non dovevano avere alcuna voce in capitolo.
4.

Fermo quanto sopra, per il resto il motivo in esame si configura come non

consentito, consistendo nella estrapolazione di singole intercettazioni e nella
confutazione di specifici passaggi del discorso giustificativo alla base della
11

del contributo causale offerto dal MAFFEIS, ossia appunto la creazione e, in ogni

declaratoria di colpevolezza del MAFFEIS, senza la doverosa valutazione della
totalità degli elementi probatori confluiti in atti ed a tal fine valorizzati: in ultima
analisi, nella prospettazione di una lettura alternativa, per di più compiuta in
assenza di un reale confronto con il complessivo costrutto motivazionale dei
giudici di merito, essendo appena il caso di ribadire, in proposito, che le sentenze
di primo e secondo grado, connotate dalla identità del materiale probatorio preso
in esame e del percorso giustificativo seguito, costituiscono un corpo unico,
segnalandosi – quella del Tribunale – per la peculiare ampiezza ed esaustività

In ogni caso, per scrupolo di completezza, osserva il Collegio:
– che i pretesi travisamenti della prova, in cui sarebbe incorsa la Corte
ambrosiana, al di là dei profili inerenti all’assolvimento del relativo onere
dimostrativo, attengono a circostanze di cui non solo non è stata comprovata
la decisività rispetto all’iter che ha condotto alla pronuncia di colpevolezza,
ma che anzi non hanno affatto tale determinante rilievo, come risulta – a
titolo esemplificativo – in ordine alle vicende che hanno condotto alla
cancellazione del MAFFEIS dall’Albo degli Avvocati del Foro di Milano ed alla
conseguente legittimità, o meno, dell’esercizio dell’attività forense da parte
del professionista; ovvero alla contestata effettività di interessenze di affari
con tal PROSPERI, posto che la circostanza è stata rappresentata unicamente
per dare conto delle ragioni per cui gli inquirenti avevano posto sotto
osservazione la condotta del legale, già prima dei fatti per cui è processo;
ovvero ancora con riferimento alla mancata conoscenza pregressa con il
PETROVIC, in epoca antecedente alla costituzione della società Tir Spagna
Logistica – affermazione non risultante dalle sentenze – nonché all’omesso
svolgimento di attività di sorta nell’interesse di Dragomir PETROVIC, da parte
del ricorrente, “sino alla data della scarcerazione avvenuta il 21 novembre
2012 a seguito della concessione della libertà il 24.10.2012 e lettera di
assunzione del 29.11.2012”, assunto peraltro contrastato dal riconoscimento
di aver “rilasciato una richiesta di lavoro al detenuto”, a nulla rilevando la
formale legittimità di tale atto;

che la “distanza temporale tra la data di costituzione ed inizio dell’attività
lecita della Tir Spagna Logistica (maggio 2012) e quella dell’associazione a
delinquere (luglio 2013)” non è indicativa di alcuna incompatibilità logica,
essendosi già rimarcata la distinzione fra insorgenza dell’associazione ed
effettiva operatività della stessa: del che proprio il ricorso risulta offrire la
dimostrazione, ove si voglia dare credito al pur indimostrato assunto ivi
svolto, secondo cui il PETROVIC, pur ammesso alta semilibertà, sarebbe stato

della propria trattazione.

ricoverato “sino al maggio 2013 compreso per gravissimi interventi al cuore e
non ha mai espletato l’attività lavorativa”;
che l’operatività della Tir Spagna Logistica – con il solo Dragomir PETROVIC
alle dipendenze, impegnato in ben altri affari – è affermazione meramente
assertiva, a fronte degli argomentati rilievi della Corte distrettuale circa la
totale “nebulosità” che l’avvolge, da leggersi doverosamente in uno con le
altrettante argomentate considerazioni in ordine alle “anomalie” che ne
contraddistinguono la genesi;

oggetto lo svolgimento di traffici di stupefacente è argomento cui la Corte
distrettuale risulta aver già fornito appagante risposta, nel momento in cui ha
puntualizzato che altro era il ruolo affidato al prevenuto nell’economia
dell’organizzazione, che prevedeva una ben precisa distribuzione di compiti: il
che non vale affatto a significare l’estraneità del prevenuto a tale ambito
delinquenziale, non solo perché quella testé enunciata è semplicemente la
spiegazione alternativa interessatamente proposta dalla difesa, ma – di più perché essa è resistita per tabulas dalla conversazione sintetizzata a pag. 14
della sentenza di primo grado, là dove gli interlocutori si raccomandano di
non mettere a parte il MAFFEIS di un’operazione illecita in corso
semplicemente per la sua inaffidabilità – “perché fa riferimenti espliciti
parlando al telefono”, come si legge in proposito nella pronuncia – dunque
non certo perché detti traffici siano estranei al novero dei suoi interessi.
5.

Manifestamente infondata, per l’effetto, è la reiterata insistenza difensiva,

ancorché in via di subordine, circa l’inquadramento della condotta ascritta
all’odierno ricorrente in seno alla previsione di cui all’art. 418 cod. pen.,
comunque qualificandola come favoreggiamento nei riguardi del PETROVIC: ciò
in quanto la sussistenza del concorso nel reato associativo vale automaticamente
a porre la condotta posta in essere dal MAFFEIS al di fuori di qualsivoglia ipotesi
favoreggiatrice.
6.

Infine, senza meno non consentita è la censura finale, in tema di

trattamento sanzionatorio, atteso che la sentenza impugnata, ancorché in
termini sintetici, offre indicazione esaustiva – come tale, non censurabile nella
presente sede di legittimità – delle ragioni che l’hanno determinata all’esercizio
della propria discrezionalità in materia, ravvisate nella gravità dei fatti, giusta
l’inequivocabile riferimento alla “compiuta, criminosa macchina organizzativa” ed
alla “callidità degli autori”, sintomatica della peculiare intensità del dolo, nonché

che il mancato coinvolgimento del MAFFEIS nelle conversazioni aventi come

nella negativa personalità dell’imputato, fatta discendere dal “comportamento
processuale, connotato da improntitudine e difetto di resipiscenza”.
Ricorso MERCURI S.
7.

Giusta quanto illustrato, i primi due motivi di detto ricorso denunciano il

vuoto motivazionale che caratterizzerebbe la sentenza impugnata, a fronte delle
censure mosse con l’atto di appello, riguardo, rispettivamente, tanto
all’inserimento del prevenuto nel contesto associativo, quanto alla commissione

episodi di cessione di cocaina in favore del MAFFEIS, tutti raggruppati in seno
all’imputazione di cui al capo L) della rubrica. Ne consegue che il corretto
apprezzamento di tali motivi non può prescindere dalla previa disamina
dell’effettivo tenore delle censure a monte, che ne costituiscono l’imprescindibile
premessa, da valutarsi altresì alla luce della portata delle argomentazioni spese
in proposito dal primo giudice.
8.

Ciò posto, per ciò che inerisce al reato sub A), oggetto del primo motivo, il

gravame a suo tempo proposto poneva in discussione la ritenuta partecipazione
del MERCURI al sodalizio criminoso attraverso una duplice argomentazione: la
prima – finalizzata all’esplicito scopo di dimostrare l’insussistenza del numero
legale, lo stesso primo giudice avendo focalizzato la propria attenzione solo su
tre partecipi, senza tenere in considerazione la veste di stabile fornitore propria
del RAKOVIC – è incentrata sul “ruolo del presunto sodale e coimputato MAFFEIS
Carlo”, ritenuto ingiustamente coinvolto nei fatti per via dello “errore di essersi
reso disponibile ad assumere presso la propria società … il sig. Dragomir
PETROVIC e di aver gestito la propria professione in maniera discutibile”; la
seconda attiene invece direttamente al MERCURI, di cui, per un verso, si rimarca
la ritenuta anomalia di fornitore di cocaina al dettaglio del MAFFEIS, nel mentre
entrambi erano partecipi della medesima associazione finalizzata giusto al
traffico di sostanze stupefacenti, e, per altro verso, si stigmatizza il carattere
“fumoso” e “generico” delle conversazioni che vedono il coinvolgimento
personale del MERCURI e che non si sono sintomaticamente tradotte nella
formalizzazione di alcun addebito, la vicenda sfociata nel suo arresto essendo
semmai emblematica, unicamente ed “al limite”, della sua “volizione diretta ed
esclusiva rispetto alle proprie necessità economiche e di consumatore di
cocaina”.
8.1 Tale essendo lo scarno ed asciutto tenore dell’atto di appello, va
debitamente rilevato:

da parte sua dei reati fine, con la sola eccezione della non contestata pluralità di

>

che, al di là del già rimarcato errore circa il numero complessivo dei partecipi
della consorteria capeggiata dal PETROVIC, in ogni caso nessuna perplessità
può ricorrere circa la sussistenza di ampia ed adeguata risposta da parte
della Corte distrettuale, con specifico riferimento alla posizione del MAFFEIS,
atteso che è lo stesso ricorso a dare atto di come la sentenza impugnata
abbia giusto nella valutazione del ruolo del detto coimputato il fulcro della
propria motivazione;

>

che, relativamente alle cessioni di cocaina effettuate dal MERCURI a beneficio

tossicodipendenza” del ricorrente in esame vale a dar conto proprio di tali
“personali modesti traffici”, significando altresì come detta attività sia
funzionale a garantire “la coesione del gruppo”, così consentendogli di
“consolida(re) la sua posizione di affidabilità”;
>

che, quanto alla pretesa irrilevanza delle conversazioni che vedono il
MERCURI pienamente implicato in discussioni aventi ad oggetto il traffico di
stupefacenti, ancorché il motivo di gravame si presti ad un indubbio rilievo di
radicale genericità, nondimeno gli eloquenti passaggi dei molteplici colloqui
elencati alle pagg. 27 e 28 della sentenza impugnata sono indice inequivoco
del sicuro coinvolgimento del prevenuto negli allarmanti traffici predisposti
dal PETROVIC, a nulla valendo, nell’ottica associativa, che essi non si siano
tradotti in specifiche contestazioni di reati fine, ragionevolmente da ricondursi
alla mancata acquisizione di elementi ulteriori, che valessero a circostanziare
esattamente gli episodi nello spazio e nel tempo;

>

che, alla stregua di quanto sopra, si deve ritenere superata – implicitamente,
ma non per questo meno chiaramente – anche l’obiezione difensiva circa il
riduttivo e disinvolto significato, davvero azzardato (per usare un
eufemismo), attribuito al non contestabile concorso del MERCURI
nell’acquisizione di ben dieci chili di cocaina.
In definitiva, non pare contestabile la valutazione d’inammissibilità, in parte

qua, del ricorso del MERCURI, a maggior ragione alla luce dell’analiticità che
connota la sentenza di primo grado, anche con riferimento alla posizione
specifica del prevenuto, che – meglio esplicitando quanto già rappresentato nel
paragrafo 2.2 del precedente RITENUTO IN FATTO – il Tribunale definisce come
colui “che si occupava stabilmente della vendita della cocaina, teneva i contatti
con i compratori e si recava a ritirare lo stupefacente presso i fornitori (si vedano
le conversazioni con POLLINI Maurizio e con DOTA Florin, nonché quelle relative
alla fornitura di dei 10 chili di cocaina)”, proseguendo, quindi, nei seguenti

15

del MAFFEIS, la Corte distrettuale osserva che il “ventilato stato di

termini, scanditi dalla indicazione delle conversazioni che forniscono supporto
documentale alle relative affermazioni e del tutto ignorati dal ricorso:
“Egli aveva i contatti con TOMA Tony, al quale riferiva le informazioni importanti
(gli arresti, il quantitativo) e si affiancava sempre a Dragomir con il quale
spartiva i guadagni. Il suo bar era poi un punto di incontro per coloro che erano
interessati a ricevere una parte dello stupefacente. MERCURI si prestava a
veicolare i messaggi … e concordare gli appuntamenti tra il fornitore Goran e
Dragomir … e ad avvisare i fornitori degli arresti di persone vicine a loro …

l’ultima partita di cocaina che era stata sequestrata. Inoltre si occupava di tenere
le fila dei contatti laddove (rectius: là dove) Dragomir non era in grado a causa
della sua limitata condizione di libertà o anche accompagnava in auto Dragomir o
si incontrava con alcuni soggetti per fini illeciti per conto di Dragomir … Egli era
soprattutto l’uomo di fiducia di Dragomir, con il quale condivideva ogni
problematica relativa agli stupefacenti, sia riferita alla distribuzione, sia riferita al
prezzo di vendita e al guadagno …” (ivi, pag. 5 – 6; adde anche pagg. 317 e ss.,
ove, all’esito dell’esposizione delle dichiarazioni rese a propria discolpa dal
MERCURI, si evidenzia l’incapacità dello stesso di “fornire un’adeguata
spiegazione alternativa a quanto sostenuto dall’accusa”, del resto comprovata
anche dalle numerose “amnesie” palesate a seguito della contestazione di
specifiche conversazioni).
9.

Ad eguale conclusione deve pervenirsi anche con riferimento al secondo

motivo del ricorso, afferente ai reati fine di cui ai capi B2), D) e G).
9.1

Relativamente all’illecito sub B2), l’atto d’appello, di fronte all’incontestabile

dato oggettivo del sequestro (ulteriore), a carico del MERCURI, di poco meno di
12 grammi di cocaina, pone l’accento sul fatto che il superamento del limite
tabellare non vale di per sé a comprovare la destinazione allo spaccio della
sostanza stupefacente detenuta, a maggior ragione alla luce della
tossicodipendenza dell’imputato. Mentre, quanto al fatto di reato sub D), che
trova la propria ragion d’essere nella conversazione intercorsa il giorno
successivo all’arresto del prevenuto e del PETROVIC, fra la moglie di quest’ultimo
e tale Domenico BATTAGLIA, innanzi al bar gestito dalla famiglia del MERCURI, si
assume l’insufficienza del dato a dar conto della sussistenza dell’illecito, stante il
difetto “di altri criteri probatori oltre che di riscontri oggettivi certi, che devono
necessariamente essere posti a supporto dell’evidenza della prova, trattandosi di
cd <>”. Analogamente, infine, con riferimento all’imputazione
sub G), l’appello obietta l’assenza di elementi di riscontro, in grado di avvalorare
le risultanze dell’intercettazione, ove si parla di “un etto”.
16

/*1-

MERCURI aveva messo a disposizione i propri garage ove aveva stoccato anche

9.2 Tanto premesso, l’affermazione della Corte distrettuale, che contrappone
alla pretesa “inadeguatezza probatoria” della “droga parlata” la piena affidabilità
delle inequivoche risultanze delle captazioni, sottolineando lo “ineludibile
riscontro fattuale” che, nel contesto di una “programmazione meticolosa e
gerarchica” quale quella propria dell’associazione in esame, deve logicamente
connotare le dichiarazioni degli interlocutori, pena la gratuita messa a
repentaglio di “tutti gli equilibri interni, le distinte posizioni inter-relazionali e
l’osservanza pedissequa dei propri ruoli”, non costituisce affatto una forma di

reato oggetto delle imputazioni sub D) e G).
E ciò per un duplice ordine di ragioni, da rapportarsi all’illustrato tenore
dell’atto di appello, che si palesa erroneo in diritto, nella parte in cui propugna in
termini di assolutezza la necessità di riscontri in ordine a fatti genericamente
definiti di “droga parlata” – laddove la questione va affrontata e risolta in
concreto, sul piano dell’apparato probatorio esistente, onde il supporto di
elementi ulteriori trova la propria ragion d’essere solo in presenza di dati di
significato incerto o inaffidabili – e del tutto generico in fatto, nella parte in cui
nega apoditticamente la valenza delle conversazioni di cui trattasi. Con la
connessa puntualizzazione, a tale ultimo riguardo, che il colloquio valorizzato ai
fini della declaratoria di colpevolezza per il reato di cui al capo D) della rubrica, in
relazione al quale il Tribunale sottolinea esplicitamente il non contestato
riferimento al termine “nascondiglio”, con cui il BATTAGLIA definisce il “box” che
aveva insieme al MERCURI, nel medesimo immobile in cui vi era l’altro utilizzato
per il deposito della partita di cocaina sequestrata, significando che lì

“ne

abbiamo un altro po’ “, non si presta ad interpretazioni diverse da quella fatta
propria dal primo giudice e chiaramente tenuta ferma dalla Corte territoriale; allo
stesso modo in cui, venendo all’altro fatto di reato,

sub G), riesce di difficile

comprensione la richiesta difensiva di riscontri, a fronte di captazioni – che sono
addirittura riprodotte quasi integralmente nel contesto del capo d’accusa – di cui
si fa fatica anche solo ad ipotizzare un significato diverso da quello patrocinato
dall’accusa e recepito dai giudici di merito, posto che in esse il MERCURI,
appreso da Dragomir PETROVIC, su propria ed apposita domanda, che certo
“Alfio” gli ha portato indietro “un etto”, che il predetto “non ha venduto perché
questo qui non fa più niente”, chiede al proprio interlocutore cosa debba farne.
Quanto, poi, al fatto di reato sub B2), può senz’altro reputarsi sufficiente il
rinvio alla sentenza di primo grado, posto che la comprovata, sistematica
dedizione al traffico di stupefacenti da parte del MERCURI – tanto alla

Z-

movimentazione di consistenti partite di cocaina, di concerto con il PETROVIC,

elusione del doveroso obbligo motivazionale, con peculiare riferimento ai fatti di

quanto allo spaccio in propria di modeste quantità, giusta la non contestata
imputazione di cui al capo L) – vale di per sé a fornire appagante risposta sia
all’irrilevante, nonché ovvio rilievo dell’insufficienza del superamento dei limiti
tabellari, ai fini della prova della destinazione allo spaccio della droga detenuta;
sia al riferito stato di tossicodipendenza del MERCURI, perfettamente compatibile
con l’attività di spaccio posta in essere, segnalando anzi la Corte distrettuale
quanto già in precedenza rilevato: vale a dire, lo stretto nesso esistente fra i due
termini, nel senso della funzionalità dell’uno – che si rimarca non emergere dalle

con riservatezza dal prevenuto, a differenza del MAFFEIS – a “giustificare
personali modesti traffici”.
9.3 Necessitato corollario di quanto precede è che il denunciato vizio di difetto
di motivazione, anche in relazione agli anzidetti reati fine tenuti fermi dalla Corte
distrettuale, non ha alcuna ragione d’essere, riproducendo semmai la radicale
genericità già propria dei motivi d’appello, caratterizzati dall’assenza di un reale
confronto con l’analitica motivazione che supporta la pronuncia del Tribunale.
10. Non consentito è il motivo residuo, in punto di pena, incentrato unicamente
sulla denunciata contraddittorietà interna alla statuizione adottata dalla Corte
distrettuale, per via della mancata riduzione connessa allo stato di
tossicodipendenza del MERCURI, diversamente dalla valutazione compiuta per il
MAFFEIS.
Il profilo comparativo valorizzato in proposito dal ricorrente vale di per sé
ad escludere la reale sussistenza di profili di intrinseca incongruenza, venendo
semmai in rilievo una differenza di trattamento, che comunque non assurge
certo al livello della manifesta irragionevolezza, sì da legittimare un intervento
censorio del Collegio. Ciò tanto più, ove si consideri che la valorizzazione della
veste di “assuntore quotidiano di cocaina”, riconosciuta dalla Corte territoriale in
capo al MAFFEIS, non pare certo automaticamente comparabile con la
documentazione dello stato di tossicodipendenza da tale droga, di cui si parla nel
ricorso con riferimento al MERCURI: in tal senso è inoltre significativo il già
ricordato passaggio, con cui i giudici d’appello hanno inteso evidenziare la
mancata emergenza di detto status dell’imputato de quo dalle captazioni versate
in atti, diversamente dal citato MAFFEIS, la marcata dipendenza del quale da
detta sostanza è stata dedotta dalla sentenza impugnata giusto alla stregua di
una conversazione intercorsa fra il PETROVIC ed il MERCURI, quasi a sottolineare
la differenza fra i due.

18

conversazioni intercettate, a significare ragionevolmente come esso fosse gestito

Ricorso MERCURI A.
11.

A ben diversa conclusione deve pervenirsi – come già anticipato – con

riferimento al ricorso presentato nell’interesse di Alessio MERCURI.
12.

Il motivo posto a base del proposto ricorso, quale sopra illustrato,

riproduce la medesima censura che figura nell’atto di appello, rimasta senza
risposta da parte della Corte distrettuale e neppure desumibile, per altro verso,
dalla pronuncia di primo grado, che riproduce integralmente la conversazione

dice sulla seconda parte del colloquio, che introduce i passaggi apparentemente
distonici posti in evidenza già con il gravame e, come tali, bisognevoli di
valutazione da parte del giudice d’appello, che ha invece omesso di soffermarsi
sul punto, concernente l’esatta individuazione del soggetto avente la disponibilità
della droga oggetto dell’imputazione di cui al capo C) della rubrica.
A tanto dovrà pertanto provvedere, nella libertà del suo apprezzamento, il
giudice del rinvio, il quale, ove ritenga di confermare l’appartenenza della
sostanza stupefacente all’imputato di cui trattasi, dovrà pure dare contezza della
sua destinazione a terzi, anche tale profilo, ab origine posto in discussione dalla
difesa, essendo rimasto inesplorato.
Resta conseguentemente assorbita l’ulteriore profilo di critica, in tema di
confisca, relativamente al quale non può tuttavia non rilevarsi fin d’ora come,
per un verso, la sentenza del primo giudice abbia ravvisato la ragion d’essere nel
provvedimento ablatorio adottato nella pretesa provenienza della somma di
C 1.500,00 da una non meglio precisata attività di spaccio, da intendersi
ragionevolmente dedotta dalla già citata conversazione ivi riprodotta, estranea
nondimeno all’ambito della contestazione a carico dell’imputato e comunque
richiedente adeguata dimostrazione, in funzione di un eventuale rifiuto di
restituzione per illiceità della causa, ai sensi dell’art. 1343 cod. civ. (argomenta

ex Sez. 6, sent. n. 35320 del 02.05.2013, Rv. 256938); per altro verso, nulla
abbia detto la pronuncia della Corte distrettuale, a proposito della deduzione
difensiva incentrata sull’esistenza di un pregresso provvedimento di
dissequestro, poi superato dalla statuizione di confisca adottata.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, in ordine alla posizione di MERCURI Alessio, e
rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di
Milano.

19C

telefonica a tal fine valorizzata, intercorsa fra MERCURI padre e figlio, ma nulla

Dichiara inammissibili i ricorsi proposti da MAFFEIS Carlo e MERCURI Sergio, che
condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00
ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27.02.2018

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