Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20229 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20229 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
MODICA FRANCESCO nato il 12/03/1976 a PALERMO
GULLO ROSALIA nato il 28/12/1963 a PALERMO
VITALE VINCENZO nato il 26/09/1963 a PALERMO

avverso la sentenza del 18/04/2017 della CORTE APPELLO di PALERMC
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LAURA SCALIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI
LEO
che ha concluso per
(14-444e…Ger~e~r l’inammissibilita’ per tutti i ricorsi.
tr111232131thSison
E’ presente l’avvocato TITO ANTONIO del foro di PALERMO in difesa di: GULLO
ROSALIA e VITALE VINCENZO.
L’avvocato Tito chiede l’accoglimento dei ricorsi.

Data Udienza: 27/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Palermo, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato
Modica Francesco, Gullo Rosalia e Vitale Vincenzo, rispettivamente, alla
pena di due anni ed otto mesi di reclusione il Modica ed a quella a quella di
due anni e quattro mesi di reclusione la Gullo ed il Vitale per il reato di
favoreggiamento personale (art. 378, primo e secondo comma, cod. pen.)
loro ascritto per più episodi, tutti aggravati dall’art. 7 del d.l. n. 152 del

Nostra’ e dopo la commissione del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Segnatamente per avere:
– Modica Francesco, quanto ai capi a) e b) della rubrica, in esecuzione di
un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, aiutato Nicchi Giovanni
Vincenzo e Suleman Paolo, latitante il primo ed indagato per partecipazione
ad associazione mafiosa, estorsione e reato in materia di armi, il secondo,
ad eludere le investigazioni dell’autorità ed a sottrarsi alle ricerche,
prestando loro assistenza consistita, quanto al Nicchi, nell’organizzazione
degli spostamenti da San Vito Lo Capo ad Amantea, dove il latitante
trascorreva con i suoi familiari un periodo di villeggiatura, e svolgendo
identica attività per il rientro da Amantea a Palermo e quanto al Suleman
previa rimozione di una microspia installata presso l’esercizio commerciale
da questi gestito;
– Gullo Rosalia e Vitale Vincenzo, in concorso tra loro, quanto al capo e)
della rubrica, aiutato il Nicchi — latitante dal 20 giugno 2006, momento di
esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi
confronti nell’ambito dell’operazione di polizia denominata ‘Gotha’ ed attinto,
in latitanza, da condanne del tribunale di Palermo del 2008 e del 2011 per
partecipazione a ‘Cosa Nostra’ ed il ruolo apicale assunto —, ad eludere le
investigazioni dell’autorità ed a sottrarsi alle ricerche fornendogli alloggio ed
assistenza presso la propria abitazione durante la latitanza.

2. La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, ha assolto Modica Francesco dal reato di cui al capo a) della
rubrica, limitatamente al frammento di condotta commesso in San Vito Lo
Capo, ed ha ridotto la pena al primo inflitta a quella di due anni e sei mesi di
reclusione, nel resto confermando le impugnate statuizioni.

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1991 perché posti in essere al fine di agevolare l’associazione mafiosa ‘Cosa

3. Ricorrono in cassazione per l’annullamento della sentenza della Corte
di appello di Palermo i difensori di fiducia degli imputati Modica Francesco,
Gullo Rosalia e Vitale Vincenzo.

4. Nell’interesse di Modica Francesco vengono articolati quattro motivi di
annullamento.
4.1. Con il primo motivo si censura la sentenza di appello per
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art.

fornita dalla difesa che avrebbe letto nei fatti contestati il diverso reato di
«procurata inosservanza di legge».
Al fine di interpretare la norma sul favoreggiamento personale sarebbe
mancata, nell’impugnata sentenza, l’identificazione del bene tutelato nella
stretta correlazione esistente, all’interno della disciplina del reato, tra norma
sul favoreggiamento e norme dirette a regolare, del processo penale,
investigazioni e ricerche, e tanto nella finalità di contenere ogni eccesso di
tutela delle seconde a scapito delle esigenze di giustizia sostanziale.
4.2. Con il secondo motivo si fa valere illogicità e contraddittorietà della
motivazione nella parte in cui la Corte territoriale avrebbe escluso la
responsabilità del Modica per il viaggio in San Vito Lo Capo per poi ritenerla,
sullo base del medesimo compendio di prova, per quello verso Amantea.
4.3. Con il terzo motivo si censura, per carenza e genericità della
motivazione, il diniego delle attenuanti generiche e la mancata riduzione
della pena; sarebbero rimasti obliterati gli aspetti della personalità del reo,
quali le condizioni di vita socio-familiari, la scarsa entità del dolo e le
modalità dell’azione, nella finalità di rendere la pena rispettosa dei principi di
ragionevolezza e della finalità rieducativa.
4.4. Con il quarto motivo si deduce che la sentenza impugnata avrebbe
apprezzato l’integrazione della contestata aggravante dell’agevolazione
mafiosa di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 con motivazione carente o
comunque generica, mancando la prova di una obiettiva finalizzazione
dell’azione all’agevolazione del consorzio mafioso. Il Modica si sarebbe
adoperato per consentire l’incontro tra il latitante ed i suoi familiari non
spingendosi oltre.

5. Il difensore di Gullo Rosalia e Vitale Vincenzo articola dieci motivi di
ricorso.
5.1. Con il primo motivo si deduce che la Corte di appello sarebbe
incorsa in violazione dell’art. 546 cod. proc. pen. ed in vizio di motivazione
3

378 cod. pen. La Corte territoriale non avrebbe vagliato l’ipotesi alternativa

errando nel ritenere regolarmente acquisito, e quindi utilizzabile, il
certificato in data 16 ottobre 2013 a firma del funzionario di cancelleria che
avrebbe attestato, in modo irrituale e generico, talune circostanze sulle
numerose e diverse iscrizioni a notizia di reato effettuate all’interno del
procedimento n. 3446/2002 R.G.N.R.
L’attestazione sarebbe stata presente agli atti del processo pur non
avendo in tal senso disposto, con ordinanza del 2 dicembre 2014, nel
giudizio di primo grado il G.u.p. del Tribunale di Palermo decidendo su

delle intercettazioni.
5.2. Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso si fa valere l’erronea
applicazione di legge penale, anche processuale, e la contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione, in relazione agli artt. 271 e 407 cod.
proc. pen. ed agli artt. 111 Cost. e 422 cod. proc. pen., nella parte in cui la
Corte aveva ritenuto utilizzabili le risultanze della intercettazione ambientale
n. 2809/09 R.I., progressivi 19426, 19427 e 19428 dei 5 dicembre 2009
eseguita, nell’indagine rubricata al n. 3446/2002 r.g.n.r., tra soggetti
presenti presso l’abitazione della madre del Nicchi, in data successiva
all’arresto del latitante.
La Procura non avrebbe depositato, nonostante la richiesta coltivata
dalla difesa, le istanze ed i provvedimenti di proroga delle indagini
preliminari relative al fascicolo, non giustificandosi altrimenti il protrarsi
delle prime dall’anno di iscrizione del procedimento a quello di effettuazione
dell’atto di indagine contestato, nella insufficienza della necessità di cattura
di un latitante di derogare alla disciplina sulle proroghe.
5.3. Con il terzo motivo violazione di legge, anche processuale, e vizio
di motivazione; i giudici di merito non avrebbero consentito alla difesa di
interloquire sugli atti di autorizzazione e proroga sostituendo questi ultimi
con il certificato di cancelleria.
5.4. Con il quarto motivo si fa valere violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione agli artt. 378 cod. pen., 7 d.l. n. 152 del 1991 e
266 e 270 cod. proc. pen. I limiti di pena previsti per il reato di
favoreggiamento personale, anche ove aggravato dall’art. 7 d.l. n. 152 del
1991, non avrebbero consentito, ai sensi dell’art. 266 cod. proc. pen.,
disporre le intercettazioni, la cui utilizzabilità sarebbe stata altresì preclusa
dalla mancata previsione dell’arresto obbligatorio in flagranza per l’indicato
titolo.
5.5. Con il quinto motivo si fa valere l’erronea applicazione della legge
penale e la manifesta illogicità della motivazione, in relazione agli artt. 270 e
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eccezioni sollevate dalla difesa in ordine alla utilizzabilità delle risultanze

414 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello ritenuto l’utilizzabilità dei
risultati delle captazioni di cui alle intercettazioni disposte all’interno del
proc. n. 3446/2002 sulla scorta della circostanza che il presente
procedimento sarebbe stato uno stralcio del primo. Nella impossibilità di
verifica della regolarità dello stralcio, il raffronto tra la data di iscrizione del
presente procedimento, il R.G.N.R. del 2012, e l’archiviazione di quello
originario del 2002, intervenuta nell’anno 2011, avrebbe rivelato
l’impossibilità della prima operazione.

270 cod. proc. pen.
5.6. Con il sesto motivo si deduce erronea applicazione della legge
penale e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in
relazione agli artt. 220, 224 e 603 cod. proc. pen., anche per mancata
assunzione di una prova decisiva in appello, la perizia fonica che accertasse
l’identità della donna intercettata presso l’abitazione della madre del
latitante, Martinelli Lucia, il 5 dicembre 2009, nella individuazione dei
colloquianti ad opera della p.g.
5.7. E’ oggetto del settimo motivo la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale per aver mancato di
accertare oltre ogni ragionevole dubbio che i due imputati fossero i soggetti
che avevano ospitato il latitante.
5.8. Erronea sarebbe stata la motivazione, si denuncia con l’ottavo
motivo, là dove si era ritenuta l’integrazione delle aggravanti di cui al
secondo comma dell’art. 378 cod. pen. e dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, in
difetto dell’oggettiva finalizzazione della condotta ad agevolare il sodalizio
criminale, non integrata da mere ragioni di amicizia con il soggetto di cui si
conosce l’appartenenza mafiosa, evidenza rilevante ai fini della diversa
aggravante di cui al secondo comma dell’art. 378 cit.
5.9. Ancora erronea, si deduce con il nono motivo di ricorso, l’
applicazione della legge penale e manifestamente illogica la sentenza
impugnata là dove essa aveva rigettato il riconoscimento del fatto di lieve
entità di cui all’art. 131-bis cod. pen., una volta esclusa l’applicazione delle
aggravanti indicate.
5.10. Con il decimo motivo si contesta violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio irrogato in punto di
determinazione della pena base, del diniego delle attenuanti generiche e
dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., tenuto conto del ruolo defilato
degli imputati e della risalenza nel tempo dei precedenti del Vitale.

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Sarebbe rimasta non verificata l’esistenza dei presupposti di cui all’art.

Irragionevole sarebbe stata l’equiparazione delle posizioni dei due
concorrenti per mancato apprezzamento dello stato di incensuratezza di
Gullo Rosalia che avrebbe dovuto condurre alla concessione della
sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di Modica Francesco è inammissibile per le ragioni di

1.1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per avere la
Corte di appello ritenuto la riconducibilità della condotta contestata
all’imputato alla fattispecie del favoreggiamento personale di cui al 378 cod.
pen. e tanto in ragione di una estesa interpretazione del termine ‘aiuto’
contenuto nella norma incriminatrice.
Si tratterebbe di una esegesi non rispettosa del dovuto bilanciamento
tra l’esigenza che l’accertamento e la repressione dei reati avvenga senza
ostacolo e quella che restino comunque soddisfatte le ragioni di giustizia
della norma sostanziale e, quindi, l’integrazione della soglia minima
necessaria alla punibilità da intendersi, nel favoreggiamento contestato,
come compimento degli atti idonei diretti in modo non equivoco ad eludere
le investigazioni. Pur nella natura di pericolo del reato di favoreggiamento
personale la condotta di aiuto deve consistere in un’attività che abbia
frapposto un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento
delle indagini.
Il motivo è inammissibile.
Il favoreggiamento, reato di pericolo ed a forma libera che si commette
ponendo in essere un’azione di per sé idonea ad aiutare taluno ad eludere le
investigazioni o a sottrarsi alle ricerche dell’autorità, si consuma
indipendentemente dal conseguimento di questo effetto e si ha il tentativo
solo allorché l’azione tipica non si compie per ragioni indipendenti dalla
volontà dell’autore (Sez. 6, n. 22523 del 23/01/2003, Picone, Rv. 225971).
Ove si assicuri ad un latitante la copertura degli spostamenti perché egli
possa far fronte alle proprie ordinarie esigenze di vita, quali sono quelle di
trascorrere un periodo dì villeggiatura con la propria famiglia, altrimenti a
rischio, si ha tentativo di favoreggiamento personale nel caso in cui l’agente
ponga in essere una serie di atti idonei e diretti in modo non equivoco a
prestare l’aiuto previsto, anche se quest’ultimo non venga raccolto.
La consumazione del reato resta infatti definita dall’essersi il soggetto
favorito avvalso dell’aiuto prestato, escluso poi ogni rilievo al conseguimento
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seguito indicate.

dell’obiettivo voluto, purché si realizzi una negativa alterazione del contesto
fattuale all’interno del quale le investigazioni e le ricerche sono già in corso o
si potrebbero iniziare (Sez. 6, n. 9415 del 16/02/2016, Sorrentino, Rv.
267276).
In applicazione degli indicati principi, la Corte di appello ricostruisce la
condotta di favoreggiamento del Modica individuandola nella cura prestata
dall’imputato ad organizzare il viaggio di rientro del ricercato Gianni Nicchi,
già condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., dal rifugio estivo

cattura, per occultamento delle tracce del suo ricongiungimento con i
familiari nel trascorso periodo di vacanza.
Il consentire in assoluta sicurezza una vita familiare ordinaria con la
famiglia al latitante, assolvendo questi da tutte le limitazioni connesse a tale
condizione, integra il reato di favoreggiamento personale in quanto agevola
il mantenimento della condizione di illegalità e costituisce ostacolo alle
indagini.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è aspecifico e quindi inammissibile.
La difesa contesta la contraddittorietà che inficerebbe la motivazione là
dove «con lo stesso compendio accusatorio», rectius compendio di prova, la
Corte territoriale avrebbe da un canto escluso la penale responsabilità
dell’imputato per l’organizzazione del viaggio del latitante e della sua
famiglia a San Vito Lo Capo e dall’altra riconosciuto l’ascritta condotta di
favoreggiamento quanto invece al viaggio ad Amantea.
La critica fa valere l’incompiutezza della prova, consistente nel servizio
di osservazione del 31 agosto 2008, all’esito del quale l’imputato sarebbe
stato visto nell’autovettura del fratello di Suleman Paolo, intento a scaricare
il passeggino ed altri effetti personali riconducibili al Nicchi, ma nel far ciò
non si confronta con i più ampi esiti probatori portati in sentenza a sostegno
dell’affermazione di penale responsabilità e comunque con la più articolata
motivazione resa.
La Corte di appello esclude invero la penale responsabilità del Modica
quanto all’episodio in San Vito Lo Capo ritenendo che il mero aggancio
dell’utenza mobile del primo a cella corrispondente all’indicata località valga
solo a registrarne la presenza in quel territorio, dato obiettivamente
apprezzato come compatibile con la deduzione difensiva di una permanenza
del prevenuto per un proprio fine di villeggiatura.
La Corte di merito nel dare invece diverso apprezzamento all’episodio
del viaggio ad Amantea valorizza i contatti intercorsi per sms tra il Suleman
ed il Modica, congruamente intesi come espressivi di un’attività di staffetta
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calabrese dei propri parenti sì da favorirne la latitanza ed impedirne la

in favore dell’autovettura dal primo utilizzata per scortare il latitante, lungo
la direttrice di viaggio verso Amantea e da Amantea verso Palermo per le
distinte date del 4, del 5 e del 31 agosto 2008 che della favorita
permanenza definiscono i termini di avvio e conclusione.
Gli esiti del servizio di osservazione che vedono il Modica, all’esito del
viaggio di ritorno, intento nello scarico dei bagagli del Nicchi dall’autovettura
del fratello di Suleman Paolo segnalano quindi solo uno dei momenti che
convergono a definire la prova della penale responsabilità ed a sostenere il

Vito Lo Capo.
La contestazione portata in ricorso è quindi incapace di definire una
concludente ed efficace critica rispetto ad una ben più ampia ed articolata
piattaforma probatoria definita in giudizio per un univoco e grave
convergere di più elementi indiziari.
1.3. Il terzo motivo di ricorso, con cui si fa valere il vizio di motivazione
in cui sarebbe incorsa la Corte palermitana nel denegare le generiche senza
condurre debito apprezzamento sui parametri di cui all’art. 133 cod. pen., è
inammissibile perché generico, non provvedendo ad individuare, in relazione
alla concreta fattispecie, quali specifici elementi sarebbero mancati nella
valutazione condotta dalla Corte di merito.
La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata
sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di
speciale benevolenza in favore dell’imputato, quando la relativa rizhiesta
non specifica gli elementi e le circostanze che sottoposte alla valutazione del
giudice possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza,
l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo
richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il
riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016,
Piliero, Rv. 266460).
1.4. Il quarto motivo di ricorso sul dedotto vizio di motivazione in ordine
alla ritenuta, in sentenza, integrazione dell’aggravante di cui all’art. 7 del
d.l. 152/91 per la finalità agevolatrice di un capo dì ‘Cosa Nostra’, in difetto
dell’elemento oggettivo e soggettivo dell’aggravante, è inammissibile perché
risolvendosi nella pedissequa reiterazione di quanto già dedotto in appello e
puntualmente disatteso dalla Corte di merito, si rivela apparente quanto alla
sua necessaria concludenza critica avverso la sentenza impugnata (Sez. 6,
n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
In tema di favoreggiamento personale è configurabile la circostanza
aggravante di cui all’art. 7 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. in I. 12
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divergente giudizio espresso rispetto al distinto episodio del viaggio in San

luglio 1991, n. 203, nella condotta di chi consapevolmente aiuti il capo clan
a sottrarsi alle ricerche dell’autorità, poiché essa si concretizza in un aiuto
all’associazione — la cui operatività sarebbe compromessa dall’arresto del
vertice associativo, cui l’ausilio prestato consente di svolgere il proprio ruolo
dirigenziale — e determina un rafforzamento del potere non solo del capo
mafia ma anche dell’intero sodalizio criminale (tra le altre: Sez. 2, n. 37762
del 12/05/2016, Viglianisi, Rv. 268237).
A fronte del rilievo difensivo che l’imputato non avrebbe mai prestato

criminoso, avendo piuttosto egli avuto contatti telefonici con il solo Suleman
Paolo, all’epoca dei fatti incensurato, vero è che la Corte territoriale a) da
un canto, bene individua l’apporto di agevolazione della consorteria mafiosa,
evidenziando il ruolo di ‘capo’ dal Nicchi svolto e la consapevolezza del
Modica della caratura del primo in ragione dell’intervenuta condanna per
l’art. 416-bis cod. pen. e della circostanza che dal 2006 il Ni:chi si
sottraesse ad un primo provvedimento cautelare emesso a suo carico (capo
a della rubrica); b) dall’altro provvede a ricostruire, quanto all’episodio della
bonifica da microspie del locale commerciale condotto da Suleman Paolo, i
rapporti tra il favorito ed il Modica, segnalando in modo perspicuo la
rilevanza dell’uno -quale uomo d’onore della famiglia mafiosa Pagliarelli e di
fiducia del Nicchi, nello strategico ruolo assolto dall’esercizio commerciale,
oggetto dell’attività di bonifica, all’interno del mandamento mafioso- e la
condivisione di attività ed intenti di entrambi (capo b) della rubrica).

2. Quanto alle posizioni degli imputati Gullo Rosalia e Vitale Vincenzo.
2.1. Meritano congiunta trattazione il primo, il secondo, il terzo motivo
ed il quinto motivo di ricorso per i quali vengono in considerazione profili di
formazione della prova nel processo cartolare.
I motivi sono infondati.
La scelta del giudizio abbreviato preclude all’imputato la possibilità
di eccepire l’inutilizzabilità degli atti di investigazione compiuti dopo la
scadenza dei termini delle indagini preliminari (Sez. 6, n. 4694 del
24/10/2017, dep. 2018, Picone, Rv. 272196; Id., n. 12085 del 19/12/2011,
dep. 2012, Inzitari, Rv. 252580; Id., n. 21265 del 15/12/2011, dep. 2012,
Bianco, Rv. 252853; Sez. 5, n. 38420 del 12/07/2010, La Rosa, Rv.
248506; Sez. 6, n. 16986 del 24/02/2009, Abis, Rv. 243257).
L’inutilizzabilità degli atti d’indagine prevista per il caso in cui tali atti
siano stati effettuati dopo la scadenza dei termini prescritti, non essendo
equiparabile alla inutilizzabilità delle prove vietate dalla legge (all’art. 191
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aiuto o favorito il latitante Nicchi Gianni con l’intento di agevolare il sodalizio

cod. proc. pen.), non è rilevabile d’ufficio ma solo su eccezione di parte,
sicché essa non opera nel giudizio abbreviato.
La scelta negoziale delle parti di tipo abdicativo attribuisce dignità di
prova gli atti di indagine compiuti senza il rispetto del termine di cui all’art.
407, comma 3, cod. proc. pen.
In adesione alle conclusioni raggiunte da questa Corte già con la
sentenza a Sezioni Unite Tammaro, dalle cui icastiche affermazioni di
principio non si ha qui ragione di discostarsi, nel giudizio abbreviato,

della regiudicata alla stregua degli atti di indagine già acquisiti, non rilevano
l’inutilizzabilità cosiddetta fisiologica della prova, cioè quella coessenziale ai
peculiari connotati del processo accusatorio, in quanto in tal caso il viziosanzione dell’atto probatorio è neutralizzato dalla scelta negoziale delle
parti, di tipo abdicativo, ne’ le ipotesi di inutilizzabilità “relativa” stabilite
dalla legge in via esclusiva con riferimento alla fase dibattimentale.
Va invece attribuita piena rilevanza alla categoria sanzionatoria
dell’inutilizzabilità cosiddetta “patologica”, inerente, cioè, agli atti probatori
assunti contra legem, la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto e quindi,
anche, nella fase delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare (Sez.
U, n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216246).
2.1.1. Né la qualificazione operata in ricorso per il quinto proposto
motivo circa una «inutilizzabilità patologica», che, ai sensi dell’art. 270 cod.
proc. pen., precluderebbe l’utilizzo dell’atto investigativo vale a mutare la
prospettiva di giudizio.
La dedotta impossibilità che il presente procedimento, rubricato al
R.G.N.R. del 2012, costituisca stralcio del primo all’interno del quale
vennero disposte le censurate intercettazioni (ambientale n. 2809/09 R.I.,
progress. 19426, 19427, 19428 del 6/12/09) – in quanto iscritto nel 2002 ed
archiviato nel 2011 -, non vale infatti a dare conto di una radicale patologia
come tale sottratta alla volontà dispositivo-abdicativa della parte che abbia
richiesto accesso al rito abbreviato.
La dedotta ricostruzione della formazione degli atti costituisce
allegazione non sostenuta da elementi idonei a fondare l’elemento
costitutivo della pretesa inutilizzabilità.
2.2. Il quarto motivo di ricorso introduce una questione non fondata.
La fattispecie di cui all’art. 378 cod. pen. una volta applicata
l’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 (per la
pena di anni quattro di reclusione con incremento da un terzo alla metà per
l’applicazione dell’aggravante) realizza invero il pieno rispetto del limite di
10

patteggiamento negoziale sul rito con cui le parti accettano la definizione

pena segnato dall’art. 266, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., superiore nel
massimo a cinque anni, con conseguente ammissibilità delle intercettazioni.
2.3. Il sesto motivo di ricorso con il quale si denuncia la mancata
assunzione di prova decisiva consistente nella perizia fonica diretta ad
identificare nella Gullo la donna che parla nel corso dell’ambientale del 6
dicembre 2009, con Martinelli Lucia, madre del latitante, una volta che il
Nicchi è stato arrestato), è inammissibile per plurimi profili.
La deduzione è manifestamente infondata o comunque introduttiva di

comma 1, lett. d) cod. proc. pen.).
La mancata assunzione di una prova decisiva può costituire motivo di
ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606 lett. d) cod. proc. pen., solo
quando si tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo la pronuncia di primo
grado, che avrebbero dovuto essere ammesse, secondo il disposto dell’art.
603, comma 2, sui presupposti stabiliti al primo comma dell’art. 495 del
codice di rito (Sez. 6, n. 26713 del 30/04/2003, Gervasi, Rv. 227706; in
termini: Sez. 1, n. 3972 del 28/11/2013, dep. 2014, Inguì, Rv. 259136).
Negli altri casi la decisione istruttoria del giudice di appello è
censurabile, ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., sotto il solo profilo
della mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza, come
risultante dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 26713 cit.).
Negato quindi ingresso alla censura della mancata assunzione di una
prova decisiva, resta il profilo, di squisito rilievo motivatorio, che, riportato
nella titolazione del motivo per espresso richiamo alla lettera e) del comma
1 dell’art. 606 cod. proc. pen., si rivela inammissibile per genericità.
Lo stesso non è infatti sostenuto dalla deduzione di mancanze

o

contraddizioni della motivazione sul punto resa dalla Corte palermitana che
previo articolato raccordo e contestualizzazione dei contenuti di quella
conversazione con quelli di altre e precedenti (pp. 48, 49, 56 sentenza),
opera un pieno riscontro degli ambienti, descritti, della latitanza del Nicchi
con la rilevata consistenza della proprietà degli imputati Gullo e Vitale
2.4. Il settimo motivo è inammissibile perché si traduce in una generica
contestazione, per violazione di legge e vizio di motivazione, del giudizio di
penale responsabilità contenuto nell’impugnata sentenza che in alcun modo
dialoga con la motivazione.
Di quest’ultima il ricorso segnala, del tutto fugacemente e quindi in
modo inconcludente, una inosservanza dei criteri di scrutinio della prova, nel
sintetico richiamo, sul punto operato, alla natura di elementi che si
vorrebbero meramente induttivi e non di prova.
11

critica non consentita nella improprietà del mezzo utilizzato (art. 606,

2.5. Non è fondato il motivo di ricorso con cui si denuncia l’erronea
applicazione delle aggravanti di cui all’art. 378, secondo comma, cod. pen.
ed all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, avendo la Corte territoriale ampiamente ed
in modo ineccepibile motivato sì da ricondurre l’aiuto prestato dagli imputati
al latitante ed alla sua famiglia ad una conosciuta e condivisa agevolazione
dell’operatività mafiosa del Nicchi nel mandamento di Pagliarelli, centrale
nella vita dell’associazione.
La proposizione in ricorso sul punto dei generali principi affermati da

invero con la motivazione impugnata e con i passaggi della stessa di cui la
prima non riesce, quindi, ad individuare efficacemente le dedotte
illegittimità.
2.6. Il nono motivo di ricorso sulla mancata applicazione della
fattispecie di cui all’art. 131-bis cod. pen. fermo il giudizio sulle aggravanti,
non efficacemente censurato, resta poi assorbito, per i raggiunti limiti di
pena (pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni).
2.7. Il decimo motivo di ricorso sul diniego della sospensione
condizionale della pena, delle attenuanti generiche e dell’ipotesi di cui all’art.
114 cod. pen. e sul trattamento sanzionatorio che, in eguale misura
determinato per i due imputati, non avrebbe tenuto conto della
incensuratezza della Gullo, resta infondatamente introdotto.
Si tratta invero di una reiterazione di censure che rinvengono debito
scrutinio e congrua motivazione nella sentenza impugnata, per un
trattamento sanzionatorio definito dal richiamato rilievo attribuito
all’elemento soggettivo della condotta di aiuto fornito al latitante, nella pure
riportata disciplina delle attenuanti generiche, che vede come insufficiente il
mero stato di incensuratezza dell’imputato al fine del loro riconoscimènto, in
una definizione di marginalità dell’apporto causale del concorrente nel reato,
segnata dalla corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte
sull’art. 114 cod. pen.

3. I ricorsi Gullo e Vitale vanno conclusivamente rigettati con condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed il ricorso Modica va
dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese processuali
ed alla somma che si determina in via equitativa in euro duemila, in ragione
dei profili di colpa che connotano la ritenuta inammissibilità, in favore della
cassa delle ammende.

12

questa Corte a definizione dei contenuti delle aggravanti non si correla

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi proposti da Gullo Rosalia e Vitale Vincenzo che
condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto da Modica Francesco che
condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
duemila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 27/02/2018

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