Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20204 del 15/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20204 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAIAZZA SALVATORE N. IL 24/11/1991
avverso la sentenza n. 3240/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
11/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D’ISA;

Data Udienza: 15/04/2015

FATTO E DIRITTO
CAIAZZA SALVATORE ricorre per cassazione avverso la sentenza, indicata in
epigrafe, della Corte d’appello di Napoli, che, in riforma parziale della sentenza di
condanna emessa nei suoi confronti dal GUP del locale Tribunale il 28.02.2014 in ordine
ai delitti di cui all’art. 73 d. P.R. 309/90 (detenzione di marijuana) – capo a) – e di cui
alla’rt. 337 cod. pen. – capo b) – ha ridotto la pena inflitta in primo grado.
Si denunci vizio di motivazione apparendo censurabile la qualificazione giuridica
adottata dalla Corte d’appello sulla scorta dell’erronea applicazione della norma di diritto
sostanziale richiamata, stante la carenza probatoria in ordine alla sussistenza
dell’elemento psicologico.
Il ricorso va dichiarato inammissibile oltre che per la manifesta infondatezza del
motivo anche per la sua genericità.
Invero, la manifesta infondatezza deriva dalla circostanza che nel giudizio
d’appello, in via preliminare, l’imputato ha rinunciato a tutti i motivi, con eccezione di
quelli relativi alla quantificazione della pena, posti a base del gravame di merito, e,
certamente, quello esposto, riferendosi al merito della causa, rientrava tra essi.
Inoltre, come già evidenziato, il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma
3, c.p.p., perché proposto per motivi privi del requisito della specificità, consistendo
nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla
decisione impugnata, essendosi fatto ricorso a formule di stile.
Ed il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre
le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della
decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono
alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di
individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. ex plurinnis Cass. 5, 21
aprile 1999, Macis, RV 213812; Cass. 6, 1 dicembre 1993, p.m. in c. Marongiu, RV
197180;Cass. 4, 1 aprile 2004, Distante, RV 228586).
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di C 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma all’udienza camerale del 15 aprile 2015.

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