Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2018 del 06/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 2018 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RANERI CARLO nato il 14/02/1968 a CALTAGIRONE

avverso la sentenza del 18/12/2015 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO
che ha concluso per

Il PracuratoTT-Gurwalw-u:mclude pe r l’inammissibilita’
“–“–“————

Udito il difensore
Il difensore presente insiste nei motivi e ne chiede l’accoglimento

Data Udienza: 06/12/2017

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 18 dicembre 2015 la Corte di appello di Catania
riformava parzialmente la sentenza dell’i ottobre 2014, con la quale il Tribunale di
Ragusa aveva condannato l’imputato Carlo Raneri alla pena di mesi uno di arresto
ed euro 600,00 di ammenda, in quanto ritenuto responsabile del reato di porto
ingiustificato fuori dalla propria abitazione di due coltelli, fatto commesso il 6 aprile
2011, e, per l’effetto, rideterminava detta pena in mese uno di arresto ed euro 60,00
di ammenda, confermando nel resto l’impugnata sentenza.

difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:
a) violazione di legge in relazione agli artt. 125 c. 3 e 586 cod. proc. pen. per
violazione del diritto di difesa in relazione agli artt. 420 ter e 484 cod. proc. pen.. La
Corte di appello non ha offerto alcuna risposta alle censure mosse con l’atto di
appello, perché non ha considerato che l’eccezione di nullità era stata sollevata in
riferimento all’udienza del 5/2/2014 e non soltanto quanto a quella dell’i/10/2014.
Si era dedotta la nullità per la mancata disamina da parte del Tribunale nel giudizio
di primo grado della richiesta di differimento presentata dal difensore di fiducia per
concomitante impegno professionale e della trattazione del processo in assenza del
legale impedito, della cui nomina non si era nemmeno preso atto se non con la
sentenza che aveva definito il primo grado di giudizio. La Corte di appello ha poi
rilevato che nessun rilievo può assegnarsi al mancato differimento dell’udienza
perché in essa non si era svolta attività istruttoria. Al contrario nella richiesta di
rinvio dell’udienza del 5/2/2014 si erano rappresentate le attività processuali da
svolgere in altra sede giudiziaria, l’impossibilità di nominare un sostituto processuale
e le ragioni dell’accordata preferenza alla partecipazione al processo davanti al
Tribunale di Gela perché fissato in data antecedente. Inoltre, la motivazione con la
quale 1’1/10/2014 era stata rigetta richiesta di differimento per quella data era
solo apparente perché conteneva il riferimento alla natura contravvenzionale del
reato ed all’impossibilità di accordare rinvii per alcuna ragione, determinazione
illegale, arbitraria e ingiustificata che non teneva conto della possibilità di
sospendere i termini di prescrizione per sessanta giorni o per un periodo minore.
Inoltre, le motivazioni esternate con la sentenza a giustificazione del diniego di
rinvio del processo sono diverse da quelle addotte alle udienze del 17/9/2014 e
dell’1/10/2014 perché si ammettono i concomitanti impegni professionali del
difensore, ma metteva in discussione la ripartizione degli incarichi dello stesso con i
propri collaboratori nonostante sussistessero tutti i presupposti previsti dalla
giurisprudenza;
b) violazione di legge in relazione dell’art. 4 I. n. 110/75 per mancanza dei
presupposti oggettivi della fattispecie e contraddittorietà con i dati oggettivi
1

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del

ricavabili dal corpo di reato; la sentenza non dà conto delle eccezioni difensive
relative alle dimensioni dei coltelli sequestrati fondate sulla discrasia tra quanto
riportato nel capo d’imputazione e quanto deducibile dal corpo di reato, ove la
lunghezza della lama risulta rispettivamente di cm. 5,5 e di cm. 6,5. Nel primo caso
le dimensioni sono tali da escludere che l’oggetto sia un’arma da punta o da taglio
perché non supera i 6 cm. ed il manico non supera gli 8 cm.. Il fatto che l’imputato
fosse impRgnato nel condurre l’auto non gli aveva consentito di fare alcun uso dei
due coltellini che non erano utilizzabili per l’offesa alla persona, non ravvisandosi un
contesto aggressivo. Anche in ordine al coltello di maggiori dimensioni, non è stato

manovale, come la moglie, il che ha offerto un giustificato motivo per il porto di tali
strumenti.
c) Violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine al diniego delle
circostanze attenuanti generiche; la richiesta contenuta nell’atto di appello non era
per nulla generica, ma fondata sulla scarsa offensività dei coltellini, non affilati e k
detenuti per svolgere il proprio mestiere, mentre la motivazione incentrata sulla
mancata resipiscenza e sulla mancata collaborazione per accertare i fatti è
chiaramente ed evidentemente illogica, trattandosi di parametri non previsti dall’art.
62 bis cod. pen..

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.
1.Con riferimento alle doglianze espresse col primo motivo di ricorso, la
sentenza in esame ha osservato che soltanto all’udienza dell’1/10/2014 nel giudizio
di primo grado, per il quale erano state avanzate reiterate istanze di differimento
del processo, era stata compiuta concreta attività dibattimentale, sicchè non
assume rilievo che su tali istanze riferite ad udienze precedenti non si fosse
provveduto nel senso sollecitato dalla difesa. In ordine a tale giustificazione il
ricorso, che pure affronta diffusamente i relativi temi, non oppone alcuna smentita
per allegare il compimento in un momento antecedente all’1/10/2014 di
adempimenti istruttori o di altra natura e la loro influenza sulla decisione assunta.
Tanto equivale a rilevare l’aspecificità della censura mossa col primo motivo in
relazione al diniego di differimento delle udienze antecedenti 1’1/10/2014, che,
secondo la più analitica esposizione contenuta nella sentenza di primo grado, non
erano state contraddistinte da effettiva attività rilevante sul giudizio di
responsabilità e sulla commisurazione della relativa sanzione. Infatti, quella del
5/2/2014 aveva comportato il rinvio per assumere i testi indicati dalle parti; nella
successiva del 2/7/2014 si era disposto il rinvio per informare l’imputato della
celebrazione del giudizio innanzi alla sede centrale del Tribunale di Ragusa;
all’udienza del 17/9/2014, nell’assenza dell’imputato che aveva ricevuto a mani

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considerato che il Raneri all’epoca svolgeva attività di bracciante agricolo e di

proprie la notificazione della ordinanza assunta all’udienza precedente, era stata
respinta l’eccezione del comparso difensore, avv.to Bellino, che aveva contestato la
nullità del decreto di citazione per mancata indicazione di luogo e data del fatto di
reato. Soltanto all’udienza dell’1/10/2014 si era svolta l’istruttoria, nonostante la
richiesta difensiva di differimento per altro impegno professionale del patrocinatore
dell’imputato.
1.1Sotto tale primo profilo la decisione assunta non contrasta con il parametro
normativo di riferimento, poiché alcun concreto pregiudizio per i diritti di difesa è
stato allegato e dimostrato. Al riguardo si è già affermato da parte di questa Corte

con orientamento condiviso dal Collegio che “Quando una violazione processuale
non determina, in concreto, alcun pregiudizio ai diritti di difesa, deve escludersi che
la eventuale nullità possa estendersi anche agli atti successivi, ai sensi dell’art. 185
cod. proc. pen., in quanto tale effetto si produce solo quando sia stato
effettivamente condizionato il compimento degli atti che sono conseguenza
necessaria ed imprescindibile di quello nullo e non degli atti che si pongono
semplicemente in obbligata sequenza temporale con quest’ultimo (Nella specie, la
S.C. ha ritenuto che l’omessa pronuncia su una istanza di rinvio dell’udienza per
legittimo impedimento del difensore di fiducia non avesse determinato alcuna nullità
della udienza non rinviata e di una seguente, atteso che nelle udienze svoltesi senza
la presenza del difensore di fiducia non si era svolta alcuna attività processuale,
mentre egli aveva, poi, regolarmente preso parte alle successive udienze
esercitando appieno il suo ruolo difensivo)” (sez. 6, n. 33261 del 03/06/2016,
Lombardo, rv. 267670; sez. 1, n. 479 del 17/11/2015, Iero, rv. 265854; sez. 3, n.
30466 del 13/05/2015, Calvaruso, rv. 264158).
L’orientamento citato, che si condivide, afferma dunque che la presentazione
della richiesta di rinvio comporta per il giudice l’obbligo di sottoporla alla propria
disamina e di esprimere una esplicita determinazione al riguardo, da giustificare in
relazione al caso concreto, pena la nullità assoluta degli atti; tale principio è stato
ritenuto applicabile soltanto nei casi in cui all’udienza, cui il difensore non possa
partecipare per legittimo impedimento, sia stata compiuta attività processuale
rilevante ed incidente sulla decisione finale. Qualora, al contrario, l’udienza si sia
esaurita nel mero rinvio del processo, non sarebbe riscontrabile alcuna
menomazione del diritto di difesa ed il difetto di assistenza dell’imputato, altrimenti
causa di nullità assoluta degli atti e della sentenza ai sensi dell’art. 178
cod.proc.pen., comma 1, lett. e) e dell’art. 179 cod.proc.pen., comma 1, resta
escluso anche per la presenza di un legale designato d’ufficio a rappresentarlo ed
assisterlo (Cass. sez. 3, n. 30466 del 13/05/2015, Calvaruso, rv. 264158).
Concludendo sul punto, non si vuole certamente sostenere che la presenza del
difensore di fiducia dell’imputato sia facoltativa o persino superflua; va condiviso
come logico e giuridicamente corretto il rilievo per cui la sua assenza compromette
la legittimità degli atti processuali compiuti soltanto in caso di concreta lesività. La

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pretesa nullità non va, infatti, valutata in astratto, ma in relazione alla effettiva
situazione processuale verificatasi. E’ lo stesso sistema processuale a legittimare
una interpretazione delle nullità non strettamente legata all’aspetto formale, inteso
quale mera constatazione della violazione della disposizione di legge, in questo caso
posta Oresidio del diritto di assistenza dell’imputato, tanto da avere previsto la
possibilità di sanatoria “per conseguimento dello scopo” proprio dell’atto nullo e da
richiedere l’interesse, da riscontrarsi in termini di concretezza ed attualità, ad
eccepire la nullità mediante l’impugnazione e la sua estensione agli atti processuali
successivi. Le garanzie che la comminazione della sanzione della nullità assicura

fondamentali e le cui finalità non subiscono pregiudizio per effetto di nullità priva di
conseguenze reali e della capacità di riflettersi sugli atti compiuti in momento
successivo. Il che è tanto più vero in quanto tra le istanze, che il giusto processo
tutela, vi sono anche quelle della funzionalità e della ragionevole durata del
processo, che resterebbero frustrate da un’interpretazione formalistica della nullità,
foriera della necessità di ripetizione di atti nulli in casi in cui alcuna effettiva lesione
la parte possa lamentare con dispendio di tempo e di attività in assenza di un
risultato processualmente utile.
1.2 In ordine poi alla decisione assunta all’udienza dell’1/10/2014 di trattare il
processo nonostante la richiesta difensiva di rinvio, il Tribunale non aveva omesso di
pronunciarsi, ma, per come riportato nel ricorso, aveva richiamato l’ordinanza del
17/9/2014 ed evidenziato la natura contravvenzionale del reato. Nella sentenza lo
stesso giudice aveva espresso ulteriori motivate perplessità circa: a) l’attività
processuale che avrebbe dovuto impegnare almeno due sostituti dell’avv.to Bellino,
che aveva all’uopo indicato tali collaboratori col numero plurale, perché entrambi
avrebbero dovuto comparire davanti allo stesso Tribunale di sorveglianza; b) la
necessità per l’avv.to Bellino di partecipare alla trattazione di due procedimenti in
località distanti tra loro, Siracusa e Caltagirone; c) la mancata specificazione delle
ragioni di preminenza dell’impegno professionale da svolgere davanti alla
magistratura di sorveglianza. La Corte di appello, investita della questione, ha
mostrato di condividere la valutazione espressa dal Tribunale sull’insussistenza di un
legittimo impedimento, perché ha rilevato la contraddittorietà dell’istanza con la
quale si era rappresentato che i sostituti possibili erano impegnati presso un’unica
diversa sede giudiziaria, ossia il Tribunale di sorveglianza di Catania, e la mancata
specificazione dei criteri di assegnata preferenza a tale impegno a fronte di un dato
oggettivo, costituito dalla brevità del termine di prescrizione del reato ascritto al
Raneri.
1.2.1 Ebbene, se non è contestabile che il termine di prescrizione del reato
addebitato al ricorrente è breve, perché pari a cinque anni e che la sua scadenza
non era remota rispetto al momento di conclusione del processo di primo grado,
deve tenersi conto che la possibilità della sospensione del corso della prescrizion e è 4
4

all’imputato sono legate all’attuazione del giusto processo, i cui caratteri

limitata al periodo di sessanta giorni. La decisione contestata ha correttamente
tenuto conto di tale profilo, mentre la possibilità di contenere il rinvio entro il
termine di sessanta giorni non può affermarsi come automatica soluzione che è,
invece, subordinata alla composizione dei già formati ruoli delle udienze successive
ed all’urgenza dei relativi incombenti.
1.2.2 Non pare poi potersi riconoscere la denunciata nullità in riferimento allo
osservazioni critiche in ordine alla scelta di destinare dei sostituti processuali in
numero di due a partecipare allo stesso procedimento innanzi al Tribunale di
sorveglianza di Catania: sul punto il ricorso rivendica correttamente la facoltà

omette di replicare al rilievo operato nelle due conformi sentenze di merito circa il
contenuto dell’istanza, redatta con il riferimento ritenuto dai giudici. Non giova
quindi interpretare a posteriori le giustificazioni fornite e specificare che i due
sostituti sarebbero stati inviati, uno a Catania, l’altro a Caltagirone, perché in tali
termini non si era espressa l’istanza rivolta al giudice ragusano. In ogni caso, si
assume in ricorso che la fissazione delle udienze innanzi alla Corte di assise di
Siracusa ed al Tribunale di Caltagirone era avvenuta precedentemente a quella
dell’udienza dell’1/10/2014: resta però da obiettare che se, come afferma il
difensore, costui era già a conoscenza di tali impegni, avrebbe dovuto rappresentarli
al Tribunale di Ragusa all’udienza del 17/9/2014, alla quale l’avv.to Bellino, pur
presente, non aveva sollevato obiezioni circa il rinvio all’1/10/2014, salvo poi inviare
cinque giorni dopo la richiesta di differimento, il che costituisce una condotta
processuale non leale e collaborativa e non assolve nemmeno all’onere di formulare
tempestivamente la richiesta e di documentare l’impedimento.
1.2.3 Infine, sebbene sia incongruo e non pertinente il rilievo operato in
sentenza circa la priorità della trattazione del presente processo rispetto a quello
pendente presso il Tribunale di sorveglianza perché il reato è soggetto a termine di
prescrizione più breve, dal momento che in questo secondo caso non vi è un reato
da accertare, le altre ragioni esposte dalla Corte di appello sono congrue e
rispettose dei criteri di valutazione dettati dalla giurisprudenza di legittimità,
secondo la quale “l’impegno professionale del difensore in altro procedimento
costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a
comparire, ai sensi dell’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen., a condizione
che il difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la
contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che
rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c)
rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa
validamente difendere l’imputato; d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un
sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende
partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio” (Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014,
dep. 02/02/2015, Torchio, rv. 262912).

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discrezionale di distribuzione degli incarichi ai legali designati propri sostituti, ma

2. Non ha pregio il secondo motivo perché genericamente formulato. La
sentenza impugnata ha richiamato gli esiti del controllo condotto nei confronti
dell’imputato, il quale era risultato avere detenuto i due coltelli a serramanico in
sequestro nelle tasche dei pantaloni. Le dimensioni dei due strumenti sono state
dedotte dal verbale di sequestro e dalla documentazione fotografica in atti e si è
confermata la lunghezza in 7 e 8 cm. delle rispettive lame. Il ricorrente oppone
l’errata considerazione della lunghezza del coltellino più piccolo, ma omette di
specificare da quali dati sia possibile ricavare il riscontro probatorio del proprio
assunto. L’aver invocato “la empirica verifica di quanto sostenuto” (per come

di reato) 4 costituisce deduzione non valutabile, perchè la riproduzione fotografica del
corpo di reato con accanto una scala centimetrica, disegnata manualmente, non
offre elementi certi di valutazione, tanto più necessari in quanto la lamentata
differenza nella misurazione si risolve in poco più di un centimetro. Al contrario, per
far risaltare tale differente dimensione la difesa avrebbe dovuto pretendere
l’esibizione in udienza dei due strumenti in sequestro e la loro misurazione nel
contraddittorio con l’accusa. Non è, pertanto, consentito a questa Corte di
apprezzare il vizio denunciato nell’impossibilità di valutare direttamente gli atti
processuali e di escludere che lo strumento di minori dimensioni sia qualificabile
come da punta o da taglio secondo i criteri dettati dall’art. 80 del T.U.P.L.S..
Con apprezzamento di fatto correttamente argomentato e motivato, quindi
insuscettibile di diversa valutazione in sede di legittimità, la Corte di appello ha
osservato che per le loro intrinseche caratteristiche i due coltelli erano in grado di
cagionare serie conseguenze pregiudizievoli, se rivolti contro la persona in azione
aggressivq; tanto è sufficiente per ritenere integrata la fattispecie penale
contestata, a nulla rilevando che al momento del controllo l’imputato stesse
viaggiando con la moglie a bordo di un’autovettura e non fosse impegnato in una
qualche attività implicante l’uso della violenza. Rileva piuttosto l’assenza di una
plausibile giustificazione per la condotta accertata, consistita nel portare al di fuori
dell’abitazione i due coltelli sulla sua persona in un momento ed in un luogo in cui
egli, ma nemmeno la moglie, erano impegnati in attività lavorativa. Appartiene,
infatti, al costante insegnamento di questa Corte l’affermazione per cui “il
“giustificato motivo” del porto degli oggetti di cui all’art. 4, comma secondo, L. 18
aprile 1975 n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano
perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite, relazionate alla
natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive
del portatore, ai luoghi dell’accadimento, alla normale funzione dell’oggetto” (Cass.
sez. 1, n. 4498 del 14/01/2008, Genepro, rv. 238946; sez. 1, n. 41098 del
23/9/2004, Caruso, rv. 230630; sez. 1, n. 580 del 5/12/1995, Paterni, rv. 203466).

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accertabile dall’apprezzamento della copia fotostatica e dalle indicazioni dell’uff.corpi

Tali condizioni nel caso di specie non sono emerse e correttamente si è
pronunciato il giudizio di responsabilità nei termini contenuti nelle sentenze di
merito.
3. Infine, non hanno pregio nemmeno le censure mosse col terzo motivo:
entrambe le sentenze di merito hanno negato le attenuanti generiche a ragione dei
precedenti dell’imputato, due specifici, e del mancato chiarimento dei fatti accertati
soltanto all’esito del controllo di polizia, mentre la Corte di appello ha correttamente
ricondotto entro l’ambito legale la pena inflitta in relazione agli estremi edittali
vigenti al momento della perpetrazione del fatto di reato e , in dissenso rispetto alle

condizionale della pena. Si tratta di valutazioni, almeno la prima, connotate da
pertinenza, logicità e frutto dell’uso dei poteri discrezionali del giudice di merito,
che, siccome giustificate in modo non manifestamente illogico, superano il sindacato
conducibile in sede di legittimità, mentre in ordine alla sospensione dell’esecuzione
non può emettersi alcuna pronuncia per mancata proposizione di impugnazione da
parte dell’accusa.
Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente infondato in tutte le sue
deduzioni, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del proponente
al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella
proposizione di siffatta impugnazione, al versamento della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2017.

determinazioni del Tribunale, ha accordato il beneficio della sospensione

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