Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20167 del 19/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 20167 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ubertini Simone, nato a Fabriano il 02/02/1974

avverso la ordinanza del Tribunale di Ancona, in data 02/07/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Mario Pinelli, che ha concluso per l’inammissibilità;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 2 luglio 2014 pronunciata nel corso del dibattimento nei
confronti di Ubertini Simone e altri, imputati per i reati di cui agli artt. 73 del
d.P.R. n. 309 del 1990, 314, 479, 368 e 606 cod.pen., il Tribunale di Ancona
rigettava l’ eccezione svolte dalla difesa del ricorrente in relazione all’assunzione
della testimonianza di Eutizi Dario, per violazione degli «artt. 197, 197 bis e 210
cod.proc.pen. e l’istanza di acquisizione della richiesta di archiviazione e del
relativo decreto di archiviazione del procedimento nei confronti del predetto

Data Udienza: 19/04/2016

Eutizi. Argomenta il Tribunale che, essendo intervenuto decreto di archiviazione
nei confronti di Eutizi Dario, indagato per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, il medesimo era stato sentito nel dibattimento come
testimone, non applicandosi al medesimo la disciplina degli artt. 197,197 bis e
210 cod.proc.pen. e che parimenti corretta era stata la sospensione della
testimonianza, ai sensi dell’art. 63 cod.proc.pen., per essere emersi indizi di

2. Ha proposto ricorso Ubertini Simone, a mezzo del difensore di fiducia,
impugnando per abnormità la suddetta ordinanza.
Il ricorrente premette, in fatto, che, all’udienza dibattimentale del 14 novembre
2014, Eutizi Dario era stato sentito in qualità di testimone e che a fronte
dell’eccezione difensiva sulla nullità della testimonianza, per violazione degli artt.
197 e 197 bis e 210 cod.proc.pen. per essere l’Eutizi indagato di reato connesso
(del reato di ricettazione di sostanza stupefacente, provento del delitto di
peculato, reato questo contestato – tra gli altri – al ricorrente), il Tribunale
respingeva l’eccezione, senza peraltro acquisire copia della richiesta di
archiviazione e decreto di archiviazione del G.I.P. con riferimento alla posizione
dell’Eutizi. Ciò posto in fatto, sostiene il ricorrente l’immediata ricorribilità per
cassazione dell’ordinanza dibattimentale de quo in quanto atto abnorme.
Deduce il ricorrente che nel caso in esame «appare ictu ocu/i la prospettabilità
della abnormità dell’ordinanza impugnata, atteso che, se detta ordinanza non
fosse impugnata, quanto deciso con la stessa dal Tribunale di Ancona
inciderebbe senza possibilità di rimedio sull’ulteriore sviluppo dibattimentale,
permettendo che lo stesso proseguisse con la palese violazione del principio
cardine della civiltà giuridica secondo cui nessuno può essere obbligato ad
autoaccusarsi>>.
Sotto un secondo profilo, il ricorrente deduce la violazione di legge perché
l’ordinanza dibattimentale sarebbe fondata su circostanze fattuali ;
sarebbe poi contraddittoria perché ometterebbe di affrontare il tema centrale
ovvero sulla questione dell’applicabilità dell’art. 197, 197 bis cod.proc.pen.

3.

Il Procuratore ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto

l’inammissibilità del ricorso.

2

reato di cui all’art. 648 cod.pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile perché proposto fuori dai casi previsti dalla legge,
posto che, non potendo il provvedimento ritenersi caratterizzato da abnormità, lo
stesso, impugnato autonomamente, non era suscettibile di ricorso per
cassazione.
Come è noto la categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla dottrina e dalla

impugnazione. Da qui l’esigenza di consentire un rimedio impugnatorio, pur
formalmente non previsto, allorquando l’atto esorbiti dal modello legale e sia
affetto da anomalie genetiche o funzionali, al fine di assicurare comunque il
controllo sulla legalità del procedere della giurisdizione. In altri termini, nel
categoria della abnormità sono stati ricondotti tutti quegli atti connotati da
evenienze patologiche di macroscopica consistenza, tali da non essere
inquadrabili negli schemi tipici normativi.
Le stesse Sezioni Unite di questa Corte hanno recepito siffatti enunciati,
giungendo ad affermare che deve ritenersi abnorme non solo il provvedimento
che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero
ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo, in linea di
principio, manifestazione di legittimo potere, si esplichi, tuttavia, al di fuori dei
casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite.
Si è così affermato che l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il
profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del
sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando
esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e
l’impossibilità di proseguirlo (cfr. Sez. U. n. 17/98 del 10/12/1997, Di Battista,
Rv. 209603; Sez. U., n. 26/00 del 24/11/1999, Magnani, Rv. 215094).
Purtuttavia, sempre le Sezioni Unite di questa Corte (n. 25957 del 26/03/2009,
P.M. in proc. Toni ed altro, Rv. 243590) sono giunte a circoscrivere, da un lato,
l’abnormità strutturale al caso di esercizio, da parte del giudice, di un potere non
attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero
di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo del modello legale
nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una
situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge
(carenza di potere in concreto) e, dall’altro, l’abnormità funzionale al caso di
stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo.
5. Premesso quanto sopra, nella specie non appaiono ricorrere né l’abnormità
strutturale né quella funzionale.
3

giurisprudenza in correlazione con il principio della tassatività dei mezzi di

E’ evidente che l’ordinanza impugnata, emessa nel corso del dibattimento, non
può essere ritenuta affetta da abnormità strutturale essendo, in generale,
previsto dall’art.495 comma 4 cod.proc.pen., che il giudice pronunci ordinanza
per risolvere tutte le questioni sorte nel dibattimento e rispondere alle eccezioni.
L’ordinanza in esame rientra nello schema legale tipico e dunque non può
prospettarsi l’abnormità strutturale.
Neppure ha determinato alcuna stasi del procedimento ovvero alcuna

proseguito) e dunque non è configurabile l’abnormità funzionale.
Non presentando i requisiti dell’abnormità l’ordinanza dibattimentale è soggetta
agli ordinari mezzi impugnatori potendo essere impugnata unicamente e
congiuntamente alla sentenza ai sensi dell’articolo 568 c.p.
Peraltro, le Sezioni Unite, n. 25957 del 2009 cit., hanno evidenziato che la
circostanza che un provvedimento possa essere ritenuto illegittimo non giustifica,
di per sé, la sua impugnabilità in cassazione in nome della categoria
dell’abnormità, diversamente argomentando si finirebbe per eludere il principio
di tassatività dei mezzi di impugnazione di cui all’art. 568 cod.proc.pen.
Ora, non vi è dubbio che spettava al Tribunale decidere se Eutizi Dario dovesse
essere sentito o meno come testimone assistito fin dall’inizio ovvero se
l’assunzione della qualità di indiziato di altro reato, doveva fargli assumere la
qualità di testimone assistito per essere indagato di reato connesso, ma stabilire
la legittimità o meno – come deduce il ricorrente- dell’ordinanza medesima non
fa assumere il carattere dell’abnormità del provvedimento, alla luce di principi
giurisprudenziali sopra riportati, che potrà essere impugnato unitamente alla
sentenza ai sensi del disposto di cui all’art. 568 cod.proc.pen.
In conclusione esclusa l’abnormità dell’ordinanza impugnata costituendo, da un
lato, e sotto il profilo strutturale, esercizio legittimo del potere decisorio
interlocutorio nel corso del dibattimento, e non esorbitando dal sistema organico
della legge processuale, e, dall’altro, non determinando alcuna stasi del
procedimento, ed esclusa l’incidenza sul piano della categoria dell’abnormità la
valutazione della fondatezza delle argomentazioni svolte dal Tribunale, il ricorso
di Ubertini Simone deve ritenersi proposto al di fuori dei casi consentiti dalla
legge.

6. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile in quanto proposto nei casi

non consentiti dalla legge e il ricorrente deve essere condannato al pagamento
delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto
della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e

regressione del procedimento indebita ( essendo il procedimento regolarmente

considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato
senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si
dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro
1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di € 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso, i1 ,42/04/2016

P.Q.M.

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