Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20167 del 11/04/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20167 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: BORSELLINO MARIA DANIELA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Dal Sasso Saverio , nato iI25/9/1950 a Oderzo (TV)
avverso l’ordinanza del 18 settembre 2017 della Corte di Appello di Venezia.
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Maria Daniela Borsellino;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero,nella persona del sostituto Procuratore
generale Giovanni Di Leo , il quale ha chiesto l’annullamento del provvedimento
impugnato perché emesso de plano, a fronte di un’istanza non manifestamente
infondata.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Venezia ha dichiarato
l’inammissibilità dell’istanza di ricusazione proposta ex art. 37 lett. B c.p.p. da
Dal Sasso Saverio nei confronti del giudice del Tribunale di Treviso, Cristian
Vettoruzzo, sul rilievo che quest’ultimo, assegnatario di due distinti procedimenti
a carico del predetto Dal Sasso, il primo per truffa e il secondo per insolvenza
fraudolenta, avesse espresso nella motivazione della sentenza di condanna
emessa il 21 aprile 2017 nell’ambito del primo procedimento valutazioni che ne
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Data Udienza: 11/04/2018

pregiudicavano la terzietà, affermando la sussistenza dei presupposti stessi del
reato da giudicare e in particolare la consapevolezza dell’insolvenza.
Riteneva di contro la corte che i due processi a carico dell’imputato avessero ad
oggetto fatti autonomi, commessi in danno di soggetti distinti, in tempi e luoghi
diversi e che l’eventuale valutazione delle medesime fonti di prova non poteva
costituire causa di ricusazione del giudice sotto il profilo del difetto di
imparzialità.
2.Avverso il provvedimento della corte territoriale ricorre per cassazione

-Violazione dell’articolo 41 commi 1 e 3 cod.proc.pen., poichè la corte ha
dichiarato inammissibile de plano l’istanza di ricusazione quando invece avrebbe
dovuto procedere a norma dell’articolo 127 c.p.p., non sussistendo il
presupposto della manifesta infondatezza dell’istanza stessa;
-Violazione dell’articolo 37 lett.B cod.proc.pen. e omessa motivazione, poiché la
corte nel suo provvedimento non ha adeguatamente valutato le ragioni poste a
fondamento della istanza di ricusazione, omettendo di considerare che oltre al
contesto temporale e fattuale, sarebbe identico anche il presupposto dei due
reati oggetto dei due distinti processi penali a carico del Del Sasso: lo stato di
insolvenza, la sua dissimulazione e la volontà di non far fronte all’obbligazione. A
sostegno del proprio assunto la difesa riporta stralci della motivazione della
sentenza di condanna emessa nel primo procedimento, in cui il giudice del
tribunale si pronunziava in merito alla situazione di insolvenza della impresa
dell’imputato e alla consapevolezza da parte di quest’ultimo della incapacità
dell’Oleificio da lui amministrato di far fronte alle proprie obbligazioni, così
esprimendo valutazioni

in ordine al presupposto del reato di insolvenza

fraudolenta, che il medesimo giudice avrebbe dovuto verificare nel secondo
procedimento.
Il P.G. presso questa Corte di legittimità in data 27.2.2018 ha rassegnato le
proprie conclusioni scritte ex art. 611 cod. proc. pen., chiedendo annullarsi
l’ordinanza impugnata poiché la corte di appello ha adottato la procedura

de

plano per dichiarare inammissibile l’istanza di ricusazione, che essendo fondata
sulla prospettazione di ragioni di connessione soggettiva e oggettiva tra i fatti
considerati dalla sentenza pronunziata e quelli da dimostrare nel processo in
corso, necessitava di una valutazione nel merito delle imputazioni medesime e
della motivazione della sentenza, che avrebbe dovuto

svolgersi nel

contraddittorio delle parti e non con procedura inaudita altera parte.
3.11 primo motivo di ricorso è fondato e rende superfluo l’esame del secondo.

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l’imputato tramite il suo difensore deducendo:

Il ricorrente non si duole con la detta censura del

decisum della Corte

territoriale, ma del fatto che la stessa abbia ritenuto manifestamente infondata
l’istanza di ricusazione e abbia deciso di dichiararne l’inammissibilità de plano.
Questa Corte di legittimità ha chiarito che, qualora l’implausibilità dei motivi
posti a fondamento dell’istanza di recusazione emerga ictu ocu/i, è legittima la
declaratoria di inammissibilità ex art. 41 comma 1, caratterizzata da una
sommaria delibazione che si arresta “in limine” rispetto all’ambito peculiare dello
scrutinio di merito e che consiste in una verifica esterna di corrispondenza al

La dichiarazione di manifesta infondatezza non rientra nell’ambito delle decisioni
“sul merito”, ma si limita a verificare la sussistenza delle condizioni necessarie
per la pronuncia di merito, piano nettamente distinto da quello della risoluzione
del problema di merito: per le caratteristiche coessenziali del relativo giudizio, la
sommaria delibazione di manifesta infondatezza, si arresta

alla mera

plausibilità, risultante ictu oculi, dei motivi che sorreggono l’atto, con effetti di
stretto diritto processuale e a salvaguardia del “limite invalicabile all’impiego di
moduli volti a eludere lo schema del procedimento”.
Vero è che secondo consolidata giurisprudenza “Non dà luogo ad una ipotesi di
ricusazione, ai sensi dell’art. 37 cod. proc. pen. come risultante a seguito della
parziale dichiarazione di illegittimità di cui alla sentenza n. 283 del 2000 della
Corte costituzionale, la circostanza che il magistrato abbia già preso parte a un
giudizio a carico dell’ imputato per fatti diversi, sebbene caratterizzati dalla
pretesa identità delle fonti probatorie valutate e da valutare, atteso che una
stessa fonte probatoria, considerata importante ed attendibile in un processo,
potrebbe non esserlo altrettanto in un altro. (Fattispecie nella quale è stata
dichiarata inammissibile l’istanza di ricusazione proposta nei confronti di un
componente della Corte d’Assise d’Appello, chiamato a giudicare l’imputato per
reati aggravati dalla finalità di agevolare un’associazione mafiosa, che aveva già
condannato in precedenza il medesimo soggetto per il reato di omicidio
aggravato dall’art. 7 del D.L. n. 152 del 1991, conv. in I n. 203 del 1991,
ritenendo la sua intraneità al predetto sodalizio una prova dell’aggravante).
(Sez. 5, n. 15201 del 10/02/2016 – dep. 12/04/2016, Acri, Rv. 26686601)
Ma nella prospettazione difensiva, il giudice del primo procedimento aveva
espresso nella motivazione della sentenza di condanna valutazioni sullo stato di
insolvenza dell’azienda dell’imputato e sulla consapevolezza

da parte di

quest’ultimo, che costituiscono presupposti di fatto del reato di insolvenza
fraudolenta, oggetto del secondo procedimento.
Si imponeva pertanto una valutazione di merito delle ragioni dell’istanza di
ricusazione, che non appare, ictu oculi, manifestamente infondata.
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modello legale (così Sez. 6, n. 37112 del 5/4/2012, Iannuzzi, Rv.253462).

Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio degli atti alla
Corte d’Appello di Venezia per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla
Corte d’Appello di Venezia per l’ulteriore corso.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio dell’ 11.4.2018

Il

esidente

I

Il Consigli re estensore

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