Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20157 del 10/04/2018


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Penale Ord. Sez. 2 Num. 20157 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FRISINA DAVIDE nato il 23/03/1982 a BORDIGHERA

avverso la sentenza del 09/10/2017 del GIP TRIBUNALE di IMPERIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere SANDRA RECCHIONE;

Data Udienza: 10/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Imperia applicava all’imputato la pena dallo stesso concordata
con il pubblico ministero in relazione a due rapine aggravate.

2.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore

dell’imputato che deduceva vizio di motivazione

1.11 ricorso è inammissibile.
1.1. Come la Corte di legittimità ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis
Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare
natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, ovvero implicitamente di aver proceduto alla delibazione
degli elementi positivi richiesti e di quelli negativi, ovvero che non debba essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc.pen.
(Cass. Sez. 4, n. 34494 13/07/2006; Cass. sez. 1, n. 3980\94 Magliulo, rv
199479).
In particolare, il giudizio sintetico sulla congruità della pena offerto nella sentenza
impugnata offre un sostegno motivazionale coerente con i parametri di legge
tenuto conto della particolare natura del rito che vede il giudice procedere ad una
ratifica ad un accordo tra le parti che comporta una rinuncia allo sviluppo del
processo con le forme ordinarie, con conseguente riduzione degli oneri
motivazionali che si ritengono assolti anche attraverso il ricorso a formule
sintetiche.
Sotto altro profilo, si rileva che la adesione a tale accordo, nella misura in cui la
pena proposto sia legale, elide l’interesse della parte al ricorso per cassazione
che deve, anche in relazione a tale aspetto, essere dichiarato inammissibile.
Invero, l’interesse ad impugnare richiamato dall’art. 568 cod. proc.pen., comma 4
cod. proc. pen. quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve
essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e
sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un
provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per
l’impugnante rispetto a quella esistente.
Dunque sussiste un interesse concreto solo ove dalla denunciata violazione sia
derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa
ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche
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CONSIDERATO IN DIRITTO

praticamente favorevole (cfr. Cass. S.U. n. 42 del 13.12.95, dep. 29.12.95; Cass.
n. 6301/97; Cass. n. 514/98; Cass. Sez. 2, n. 15715 del 28.5.2004, dep.
8.6.2004; Cass. Sez. 1, n. 47496 del 17.10.2003, dep. 11.12.2003, nonché
numerose altre analoghe). In altre parole, l’interesse ad impugnare non è
costituito dalla mera aspirazione della parte all’esattezza tecnico-giuridica della
motivazione del provvedimento, ma dall’interesse a conseguire – dalla riforma o
dall’annullamento del provvedimento impugnato – un concreto vantaggio (Cass.

Sez. 2, n. 31048 del 13/06/2013, Rv. 257066).

motivazione di accoglimento di una sua esplicita richiesta di patteggiamento.

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si
determina equitativamente in C 3000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 3000.00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 10 aprile 2018

L’estensore

Il Presidente

Nel caso di specie non si rinviene l’interesse del ricorrente che si duole della

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