Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20156 del 20/02/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20156 Anno 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DI PAOLA SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MERCURIO ELISEO nato il 22/08/1973 a CROPANI

avverso l’ordinanza del 2/11/2017 del Tribunale di Catanzaro
sentita la relazione svolta dal Consigliere Sergio Di Paola;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi che ha
concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.
Udito il difensore Avv. Salvatore Iannone che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Catanzaro, con ordinanza in data 2/11/2017,
rigettava l’appello proposto da Eliseo Mercurio, confermando l’ordinanza del Gip
del Tribunale di Catanzaro, in data 10/8/2017, che aveva rigettato la richiesta di
revoca o modifica della misura cautelare della custodia in carcere, applicata
all’indagato in relazione ai delitti di cui agli artt. 416 bis cod. pen e 629 cod. pen.
2. Propone ricorso per cassazione la difesa dell’indagato, affidato ai seguenti
motivi: con il primo motivo di ricorso, si deduce il vizio della motivazione, perché
mancante e contraddittoria, con riferimento alla ritenuta sussistenza di gravi
indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen.; con il
secondo motivo di ricorso, si deduce analogo vizio, con riferimento alla ritenuta
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 629

Data Udienza: 20/02/2018

cod. pen.; con il terzo motivo di ricorso, si deduce il vizio di motivazione, per
mancanza e contraddittorietà della stessa, con riferimento all’omessa valutazione
della richiesta di sostituzione della misura della custodia in carcere con quella
degli arresti domiciliari, alla luce delle particolari condizioni di salute del figlio
tredicenne e del coniuge dell’indagato; con il quarto motivo di ricorso, si deduce
il vizio di carenza di motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza del
concreto pericolo di reiterazione criminosa.

1.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso (che possono valutarsi
congiuntamente, poiché entrambi diretti a contestare il giudizio espresso in
punto di gravità indiziaria) sono inammissibili in quanto generici e, comunque,
basati su censure non consentite, in difetto del necessario requisito della
prospettazione, attraverso la richiesta di modifica del regime cautelare prima, e
con l’atto di appello ex art. 310 cod. proc. pen. poi, di elementi nuovi,
preesistenti o sopravvenuti, non valutati in precedenza dal giudice della cautela.
1.2. Il Tribunale, nel rigettare l’appello proposto dal Mercurio, ha messo in
evidenza la valutazione operata dal G.i.p., in ordine “all’invarianza del quadro già
valutato dal Tribunale, in sede di riesame”, sottolineando come il contenuto
dell’atto di appello si fondasse su deduzioni difensive “meramente valutative”,
volte a proporre una diversa ricostruzione dei fatti; la motivazione esposta
presuppone logicamente l’insussistenza di elementi sopravvenuti, suscettibili di
modificare la valutazione che aveva comportato l’applicazione della custodia in
carcere. La decisione è quindi corretta, perché rispettosa del principio di diritto,
consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale «in sede di
appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di misura
cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle
condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo
che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in
ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a
modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di
esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della
natura autonoma del provvedimento impugnato (In applicazione del principio, la
S.C. ha ritenuto difettare nell’appello cautelare proposto i requisiti di novità
necessari, avendo la difesa dedotto solo motivi concernenti la sussistenza delle
condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo)» (così, da ultimo, Sez. 2, n.
18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676; in senso conforme v. Sez. 3, n.
43112 del 07/04/2015, C, Rv. 265569; Sez. 1, n. 961 del 13/02/1996, Cotugno,

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CONSIDERATO IN DIRITTO

Rv. 204696; Sez. 2, n. 1134 del 22/02/1995, Martucci, Rv. 201863). Il
Tribunale, comunque, ha dato conto della valutazione degli elementi indicati
dall’appellante (alcune conversazioni intercettate) e della loro rilevanza nel
contesto valutativo degli indizi che gravano sull’indagato; il che conferma
l’infondatezza della denuncia di assenza o contraddittorietà della motivazione, in
relazione ai profili concernenti la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza.
2. Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile: la doglianza del
ricorrente, per avere il Tribunale omesso di motivare sulla rilevanza delle

la sostituzione della misura cautelare, non ha ragion d’esser poiché il Tribunale,
a fronte di una deduzione difensiva manifestamente infondata (mancando i
presupposti per l’operatività della deroga al regime esclusivo della custodia in
carcere, in relazione al delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., in ragione dell’età
del figlio e dell’insussistenza di condizioni tali da far ritenere pregiudicata
l’assistenza al figlio minore da parte del coniuge del Mercurio, come peraltro
riconosciuto dallo stesso ricorrente), legittimamente non ha valutato il motivo di
impugnazione, ritenendolo “assorbito” (atteso che in sede di legittimità, non è
censurabile il provvedimento per il suo silenzio su una specifica deduzione
prospettata con il motivo di impugnazione, quando risulti che la stessa sia stata
disattesa dalla motivazione del provvedimento complessivamente considerata:
Sez. 1, sent. n. 27825 del 22/05/2013, Caniello, Rv. 256340).
Va, infatti, ricordato che il consolidato orientamento di legittimità ha più
volte ribadito il carattere di norma eccezionale del divieto di disporre la custodia
cautelare in carcere, previsto dall’art. 275, 4 comma cod. proc. pen., non
applicabile estensivamente ad altre ipotesi (v. già Sez. 4, n. 42516 del
16/07/2009 – dep. 05/11/2009, Sanchez Savedra, Rv. 245779; più di recente
Sez. 5, n. 31226 del 13/03/2013, A., Rv. 256589, che ha escluso la possibilità di
estendere in via interpretativa, al caso di figlio disabile di età superiore
all’indicato limite, il divieto di applicazione dal custodia in carcere), trattandosi di
previsione che mira a tutelare un specifico ambito di situazioni soggettive,
caratterizzate dalla particolare condizione dei figli minori ritenuti bisognevoli di
un sostegno materiale e psicologico indispensabile per lo sviluppo della persona,
condizione che il legislatore ha ritenuto di delimitare sino al raggiungimento
dell’età scolare (mostrando di preoccuparsi non di un’assistenza genericamente
intesa, ma di quell’assistenza che, nella situazione concreta, può essere
garantita esclusivamente dal genitore, sicché ciò che rileva «è dunque una
carenza che riguardi non l’assistenza per la quale il genitore è sostituibile, ma
quella particolare e più ampia assistenza, nei suoi aspetti anche psicologici ed
affettivi, propria del rapporto fra il genitore ed il figlio in tenera età, alla quale

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condizioni di salute dei familiari dell’indagato, quale motivo idoneo a legittimare

non può integralmente sopperirsi ad opera di altri soggetti (Sez. 5, n. 8636 del
15/02/2008, Esposto Surnadele, Rv. 239042)» (così Sez. 5, n. 31226 del
13/03/2013, A., Rv. 256589).
3. Infine, anche il quarto motivo di ricorso è inammissibile, perché del tutto
generico e, comunque, manifestamente infondato; il ricorrente lamenta la
mancata valutazione della concretezza del pericolo di reiterazione, ignorando la
motivazione del Tribunale che, in modo sintetico ma puntuale, ha rilevato che
per la natura della contestazione provvisoria, in relazione all’ipotesi di cui all’art.

presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, presunzione che il
ricorrente non ha in alcun modo contrastato allegando dati obiettivi, idonei ad
escludere la sussistenza di esigenze cautelari (cfr. Sez. 2, n. 19283 del
3/2/2017, Cocciolo, Rv. 270062).
4. All’ inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati
i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si
ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.
Copia del presente provvedimento deve essere trasmesso al direttore
dell’istituto penitenziario, affinché provveda a quanto previsto dall’art. 94,
comma 1 ter, disp. att. c.p.p.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter,
disp. att. c.p.p.
Così deciso il 20/2/2018.

Il Consiglier

stensore

SergfjPaola

Il Presidente

416 bis cod. pen., la norma dell’art. 275, 3 comma cod. proc. pen. prevede una

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