Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20141 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20141 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
BRESCIA
nei confronti di:
GOISIS GIULIANO N. IL 19/04/1969
inoltre:
GOISIS GIULIANO N. IL 19/04/1969
avverso la sentenza n. 942/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
05/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO CITTERIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. eit big C
che ha concluso per \,
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Udito, per l parte civile, l’Avv

Data Udienza: 06/05/2015

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1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Giuliano Goisis è imputato dei reati ex artt. 340 e 612.2 c.p. per aver
cagionato l’interruzione di un pubblico servizio, ponendosi con la propria
autovettura davanti ad autobus di linea, impedendone così la marcia, scendendo dal
proprio veicolo e colpendo con numerosi pugni il veicolo in servizio pubblico;

“hai finito di campare, ti ammazzo”. Il fatto è del 31.7.2008 ed a Goisis è
contestata la recidiva ex art. 99.4 c.p..
Il 20.7.2010 il GUP di Bergamo lo ha condannato per entrambi i reati, con
contestuale definitiva liquidazione equitativa dei danni in favore della costituita
parte civile.
Con sentenza del 5-18.11.2014 la Corte d’appello di Brescia ha assolto
l’imputato dal reato ex art. 340 c.p. perché il fatto non sussiste; ha confermato la
condanna per il delitto di minacce rideterminando la pena e confermando le
statuizioni civili.

2. Parte pubblica ed imputato hanno proposto ricorso.

2.1 II procuratore generale enuncia motivo di violazione dell’art. 340 c.p.,
perché il riconoscimento, in sentenza, sia dei fatti come descritti dalla persona
offesa che della sussistenza di un ritardo nella successiva corsa di quel mezzo
aveva inciso sull’ordinato e regolare funzionamento del servizio, bene giuridico
anch’esso oggetto della tutela normativa, insieme con il diverso fatto
dell’interruzione. Confrontandosi con pertinente giurisprudenza di legittimità, la
parte pubblica argomenta l’erroneità dell’interpretazione del concetto di interruzione
e di turbamento del servizio (e non del singolo autista), richiamando i dati di fatto
che hanno caratterizzato la concreta fattispecie (condotta durata per due chilometri
del percorso e per dieci minuti, autista e alcuni passeggeri che al capolinea
rimangono sul mezzo per almeno quaranta minuti in attesa dell’arrivo della polizia).

2.2 L’imputato, a mezzo del difensore, enuncia due motivi:
-1. manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla
condotta ex art. 612 c.p., inoffensività della stessa e assenza di lesione al bene
giuridico tutelato; secondo il ricorrente la frase attribuitagli sarebbe stata inidonea
(ad incutere timore), posto che l’autista aveva atteso la polizia giudiziaria rendendo
poi ad essa le proprie dichiarazioni;

nonché per aver minacciato all’autista dell’autobus un male ingiusto con le parole

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-2. Violazione di legge e omessa motivazione in ordine alla mancata
esclusione dell’aggravante del capoverso dell’art. 612, argomentata in termini solo
a pod ittici.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso della procuratore generale distrettuale è fondato nei termini che
seguono.

dà origine al processo, in tutte le sue implicazioni e quindi anche nella valutazione
della sussunzione di una determinata condotta o di un certo evento in una
determinata fattispecie astratta. Spetta tuttavia alla Corte il compito del controllo
del percorso logico-giuridico che ha sorretto la deliberazione impugnata e di cui il
giudice del merito deve dar conto per giustificare l’apprezzamento di merito che gli
è riservato.
Nel nostro caso la Corte bresciana ha escluso la sussistenza anche dell’ipotesi
di turbamento della regolarità del servizio pubblico, argomentando sul punto che il
mezzo aveva raggiunto il capolinea secondo la strada ed i tempi ordinari, senza che
il turbamento dell’autista avesse impedito la prosecuzione del suo lavoro (p. 7). La
Corte d’appello, così, ha però omesso di confrontarsi con il tema – invece
pertinente – se il turbamento di un servizio pubblico di linea possa determinarsi
solo con riferimento al rispetto dei tempi di viaggio, e quindi con il discostarsi dei
tempi da quelli previsti, ovvero se abbiano rilevanza anche le condizioni nelle quali
il servizio si svolge, rispetto a quelle tipiche e fisiologiche. In particolare la Corte
distrettuale non risulta essersi confrontata espressamente con il quesito se l’avere
l’imputato seguito il mezzo pubblico per due chilometri e circa una decina di minuti,
prima tentando di bloccarlo, poi affiancandolo e minacciando il conducente, con
condotta che nel suo complesso aveva prima indotto quest’ultimo – ancora ad una
delle fermate e quindi in tempi precedenti al raggiungere il capolinea – ad allettare
il 113, poi alcuni passeggeri a rimanere nell’autobus insieme con il conducente, per
la permanente presenza dell’imputato medesimo (condotta, questa, che se
accaduta dopo la conclusione della corsa, sul piano logico andava tenuta in
considerazione per apprezzare le condizioni soggettive di conducente e passeggeri
maturate durante quei dieci minuti, in relazione all’ipotesi di fisiologico compimento
di un trasporto pubblico, con le proprie esigenze di sicurezza di personale e
passeggeri e attenzione del conducente solo alle esigenze di guida e della
circolazione) costituisse o meno, per sé, condotta idonea a determinare
“turbamento della regolarità” del servizio.

Non compete alla Corte di legittimità l’apprezzamento di merito del fatto che

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Sul punto pertanto si impone l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio:
libera nelle proprie conclusioni, ovviamente, la Corte del rinvio dovrà tuttavia
riformulare il proprio apprezzamento di merito con motivazione attenta anche ai
profili indicati.

4.

Il ricorso dell’imputato va invece dichiarato inammissibile, con la

conseguente sua condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di

Entrambi i motivi infatti si risolvono in censure di merito precluse in questa
sede di legittimità, a fronte di specifica motivazione della Corte d’appello (p. 7).

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 340 c.p. e
rinvia per nuovo giudizio sul capo ad altra sezione dellaa1l Corte d’appello di
Brescia.
Dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato, che condanna al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 6.5.2015

euro 1000, equa al caso, in favore della Cassa delle ammende.

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