Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20135 del 11/04/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20135 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: COSCIONI GIUSEPPE

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DI DIO LIDIA nato il 09/04/1966 a CAMPAGNA
MARCANTUONO ANTONELLA nato il 26/01/1985 a OLIVETO CITRA

avverso la sentenza del 26/05/2017 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore STEFANO TOCCI
che ha concluso per
Udito il difensore Avv. Angelo DI PERNA, anche in sostituzione dell’Avv.
TRINGARI, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

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Data Udienza: 11/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. I difensori di Di Dio Lidia e Marcantuono Antonella ricorrono per
cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno in data
26/05/2017, che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato
estinto per prescrizione il reato di cui all’art. 416 cod.pen. e rideterminato la pena
per il reato di cui all’art. 648 ter cod.pen., in esso assorbita l’imputaziOne per
quello di cui all’art. 12 quinquies 1.366/92 in anni due, mesi otto di reclusione ed
C 3.000,00 di multa per Di Dio Lidia e in anni due, mesi cinque di reclusione ed C

1.1 Al riguardo i difensori lamentano che la sentenza della Corte di appello
non aveva precisato in che momento del 2008 era cessata l’attività associativa e
quindi quella dell’impiego, che pure risultava per tabulas (e già nell’imputazione),
così come non aveva precisato il momento iniziale della realtà associativa e
dell’impiego al fine di collocare storicamente la partecipazione di ciascuna delle
ricorrenti a tale realtà.
1.2 Per quanto riguardava Marcantuono Antonella i difensori eccepiscono la
violazione del principio tra imputazione e sentenza: l’imputazione conteneva una
sorta di premessa in cui evidenziava tutti i fatti/reato contestati e le Condotte di
tutti i singoli imputati al fine di rappresentare tutte le possibili violazioni
commesse; nel fissare la condotta della Marcantuono, l’imputazione faceva
riferimento solo ad una condotta rientrante nell’art. 12 quinquies e non nell’art.
648 ter cod.pen.
1.3 I difensori osservano inoltre che la Corte di appello aveva ritenuto che
l’associazione si fosse sciolta per raggiungimento dello scopo dell’impiego del
denaro nel 2008 ed aveva pertanto dichiarato il reato associativo estinto per
prescrizione, ma non aveva risolto il problema dell’appartenenza o meno della
Marcantuono a questa associazione; era agevole fissare la data della cessazione
dell’associazione al 23 giugno 2008, data in cui la s.r.l. Di & Di Costruzioni e
Vendita Immobiliari aveva acquisito tutti i beni immobili acquistati in precedenza
da Prisco e Di Leo; la conseguenza era che Marcantuono, come recitava il capo
A), “a far data dal 3.12.2008” non poteva aderire ad alcuna associazione e
andava assolta da questa imputazione ed anche da quella dì cui all’art. 648 ter
cod.pen. perché la sua condotta di acquisizione delle quote era un post factum
non punibile, in quanto il reato era già consumato al 23 giugno 2008; per quanto
poi riguardava l’acquisto del terreno in Campagna del 2007, si era già chiarito
che era stato un grossolano errore della P.G. nell’individuazione del bene e non
era mai stato accertato che il denaro necessario per l’acquisto provenisse dal
padre Marcantuono Liberato e della sue attività illecite.
2.1 Per la posizione di Di Dio Lidia, i difensori osservano che, come era
evidente dall’imputazione, dal 2002 fino a fine 2007/inizio 2008 (periodo di
acquisto dei beni immobili da Prisco e Di Leo) , la Di Dio era sconosciuta alla

3.000,00 di multa per Marcantuono Antonella.

vicenda processuale e quindi: a) la condotta del 25.10.2000 (ovvero il prelievo
della somma da un conto corrente a lei intestato, ma riconducibile al marito
Macantuono Liberato, e il trasferimento della somma in Romania) era nella
direzione della fattispecie di cui all’art. 648 bis cod.pen. e si era esaurita nel
2000; la circostanza dell’impiego di tale denaro negli anni 2007/2008 era un
postulato indimostrato; b) le stesse considerazioni valevano per la condotta del
2002 (trasformazione del denaro giacente su un conto intestato a Marcantuono
Liberato in assegni circolari intestati a Di Dio Lidia), mancando inoltre ogni
riscontro che l’importo di quegli assegni circolari fosse stato trasferito in

Immobiliari con acquisizione del 23.06.2008 dei beni in precedenza acquistati da
Di Leo e Prisco si era proceduto ad una semplice gestione in forma societaria
dell’impiego già avvenuto, per cui la partecipazione alla società della Di Dio
costituiva un post factum non punibile; la circostanza che si parlasse della Di Dio
nelle conversazioni non comportava una automatica partecipazione ai fatti di
impiego
2.2 I difensori eccepiscono infine che la Corte di appello non aveva
considerato che alle attività del 2000 i coimputati erano estranei, per cui le
attività svolte dalla Di Dio nel 2000 e nel 2002 erano circoscritte ad un rapporto
tra lei e il marito e quindi mancavano i requisiti del reato associativo; le attività
contestate come illecite si concentravano tutte nel fine 2007/inizio 2008, allorchè
avvenivano i trasferimenti di denaro dall’Italia alla Romania, ai quali la Di Dio era
estranea, visto che il suo ingresso nelle Di&Di s.r.l. coincideva con la costituzione
(avvenuta il 21.04.2008) con la confluenza dei beni nella società, ma questa era
la fase della gestione dell’impiego (avvenuto in precedenza), allorchè la realtà
associativa era da ritenersi esaurita per raggiungimento dello scopo
(trasferimento del denaro ed impiego dello stesso); la Corte, pertanto,avrebbe
dovuto assolvere la Di Dio dal reato associativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 ricorsi devono essere dichiarato inammissibili.
2.1 Occorre rammentare come le ricorrenti siano imputate del delitto di cui
all’art. 648 ter cod.pen. che, secondo la testuale dizione, punisce chiunque
“impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità
provenienti da delitto…”: la suddetta fattispecie criminosa è delitto a forma
libera, e che può quindi realizzarsi secondo le più diverse condotte, pur
richiedendosi che dette condotte siano caratterizzate da un tipico effetto
dissimulatorio, avendo l’obbiettivo di ostacolare l’accertamento o l’astratta
individuabilità dell’origine delittuosa del denaro ovvero degli altri beni od utilità
che si intendono occultare (Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, Rv. 251194).
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Romania; c) con la costituzione della S.r.l. Di&Di Costruzioni e Vendite

Chiamata a dettare i criteri distintivi tra le diverse ipotesi, questa Corte ha
stabilito che premesso che presupposto comune di tutte e tre le fattispecie
incriminatrici previste dagli artt. 648, 648 bis e 648 ter cod. pen. è quello
costituito dalla provenienza da delitto del denaro e dell’altra utilità di cui l’agente
è venuto a disporre: le stesse si distinguono, sotto il profilo soggettivo, per il
fatto che la prima di esse richiede, oltre alla consapevolezza della suindicata
provenienza, necessaria anche per le altre, solo una generica finalità di profitto,
mentre la seconda e la terza richiedono la specifica finalità di far perdere le tracce
dell’origine illecita, con l’ulteriore peculiarità, quanto alla terza, che detta finalità

finanziarie.
L’art. 648 ter è quindi in rapporto di specialità con l’art. 648 bis e questo lo
è, a sua volta, con l’art. 648 (Cass. Sez. 4, n. 6534 del 23/03/2000, Rv.
216733); carattere specifico della condotta dell’art. 648 ter è quindi la
circostanza che l’effetto dissimulatorio deve essere ricercato attraverso l’impiego
del denaro o degli altri beni in attività economiche o finanziarie con la
consapevolezza della illiceità della suddetta provenienza e della volontà di
ottenere l’effetto di occultamento; e se con la previsione sanzionatoria
dell’articolo 648 ter c.p. si vuole reprimere il reimpiego in attività economiche e
finanziarie dei proventi illeciti, deve subito ammettersi che la condotta delle
imputate integri la contestata ipotesi in quanto con la previsione sanzionatoria
dell’art. 648 ter c.p., si vuole reprimere il reimpiego in attività economiche e
finanziarie dei proventi illeciti.
Non vi è infatti alcun dubbio che l’attività delle imputate (e neppure le
ricorrenti lo contestano in maniera specifica) ha permesso il repimpiego delle
somme illecitamente acquisite da Marcantuono Liberato (vedi pag.17 e 18
sentenza impugnata) ed il delitto di reimpiego punisce proprio le condotte aventi
ad oggetto beni o denaro di provenienza illecita, necessariamente successive alla
acquisizione illecita delle somme; del tutto inappropriato è, pertanto, parlare di
“post factum” non punibile, posto che qualsiasi condotta tesa all’impiego delle
somme realizza proprio la fattispecie prevista dall’art 648 ter cod.pen.
1.2 II primo motivo di ricorso relativo a Marcantuono Antonella è privo del
requisito della specificità, in quanto non si confronta con la motivazione della
Corte di appello contenuta alle pag.16 e 17, che evidenzia come l’imputazione
descriva chiaramente la condotta contestata alle imputate
1.3 Analogamente, il secondo motivo neppure prende in considerazione
quanto affermato dalla Corte territoriale a pag.16, e cioè che la permanenza del
reato associativo è cessata nel momento in cui è iniziata la fase di gestione delle
attività economiche, e quindi è durata “fino all’anno 2008” (pag.16 sentenza
impugnata), con ciò non potendosi che intendere che l’attività associativa è
durata fino alla fine del 2008; l’attribuzione delle quote della Di&Di s.r.l. alla
Marcantuono dei 3.12.2008, utilizzata per reimpiegare il denaro illecitamente

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deve essere perseguita mediante l’impiego delle risorse in attività economiche o

acquisito, rientra quindi nell’attività associativa perché funzionale allo scopo
dell’associazione ed è da quel momento che inizia l’attività di gestione; quanto
alla vicenda del terreno di Campagna, la sentenza di primo grado, a pag.31 dà
atto di questo acquisto, e pag.35 evidenzia come la Marcantuono non aveva
redditi nel 2007, anno dell’acquisto, per cui non si comprende come possa avere
acquistato la proprietà di un terreno (indipendentemente dall’errore commesso
nella individuazione dell’oggetto dell’acquisto).
2.1 Per quanto riguarda la posizione della Di Dio, valgono le considerazioni
sopra espresse, con la precisazione che già nella sentenza di primo grado era

conversazioni intercettate, nelle quali più volte si fa riferimento al fatto che sia la
Di Dio che la Marcantonio portavano somme all’estero (pag. 20, conv. del
4/10/2011 tra Di Leo Angelo e Di Dio Lidia ; pag.21 conv. del 14 novembre 2011
tra Marcantuono Liberato e Prisco Giovanni; pag.31, conv. del 16/10/2011: “a
me li ha dati Liberato Marcantuono i soldi…li ha portati Di Dio Lidia…”; pag. 21,
conv. Del 10 dicembre 2011 tra Di Leo Angelo e Criscuolo Remo: “ma la moglie è
accondiscendente ai suoi giri?.., ha portato aventi la situazione l’ha gestita”:
pag.25 conv. del 16 ottobre 2011 tra Di Leo Angelo e Lardo Albino, chiaramente
riferita a Marcantuono, “quello fa pigliare i soldi dalla figlia e se li fa portare
qua”); quanto alla sua partecipazione alla associazione, alla luce di quanto
affermato dalla Corte di appello rientrano sicuramente sia i fatti del 2000 e del
2002 che la costituzione della Di&Di s.r.I., avvenuta nell’aprile 2008.
3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento
a favore della Cassa delle ammende della somma di C 2.000,00 così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di C 2.000,00 ciascuna alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 11/04/2018
Il consigliere estensore
Giuseppe Coscioni

Il Presidente
PiercariJllo Davigo

stato evidenziato che il trasferimento delle somme trovava riscontro nelle

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