Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20129 del 04/03/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20129 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAITTA VINCENZO N. IL 06/08/1940
avverso la sentenza n. 625/2012 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 03/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \A -0
Pt-t-ii-d—a0s) 9,4
che ha concluso per
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Udito, per lapaffe civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
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N-cirzg-dr-2

Data Udienza: 04/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 aprile 2014, giudicando in sede di rinvio a seguito di
sentenza di annullamento con rinvio di questa Corte del 10 luglio 2012, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Nicosia del 26 novembre 2008, la
Corte d’appello di Caltanissetta ha ridotto la pena inflitta in primo grado a Saitta
Vincenzo ad anni quattro e mesi sette di reclusione e 2.100,00 euro di multa, in
relazione a diverse contestazioni di estorsione continuata commessa in concorso

a rinunciare ad una parte dello stipendio con la minaccia del licenziamento) [di
cui ai capi A) (per i fatti commessi dopo il 21 giugno 1998), F), G), H) ed I),
essendo già stati dichiarati estinti nei precedenti gradi per intervenuta
prescrizione i reati di cui ai capi A) (per i fatti antecedenti al 21 giugno 1998),
B), C), D), E), L) ed M)] ed ha confermato nel resto l’appellata sentenza. Dopo
avere premesso che, stante la pronuncia della Suprema Corte di annullamento
con rinvio limitatamente alla determinazione della pena, non può operare la
prescrizione eventualmente maturata dopo la pronuncia della Suprema Corte, il
giudice di secondo grado ha confermato i criteri di calcolo già adottati dal giudice
d’appello ed ha, pertanto, proceduto alla rideterminazione della pena nei termini
sopra indicati, evidenziando come il divieto di reformatio in peius applicabile
anche nel giudizio di rinvio riguarda unicamente la pena complessiva e non i
singoli elementi o calcoli effettuati per giungere a tale determinazione.
2. Ricorre avverso la sentenza l’Avv. Antonio Impellizzeri, difensore di
fiducia di Saitta Vincenzo, e ne chiede l’annullamento per violazione di legge
processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 e 133 cod. pen., per
avere la Corte d’appello, per un verso, determinato in termini eccessivamente
gravosi la pena base e gli aumenti per la continuazione; per altro verso, omesso
di esplicitare i criteri tenuti in considerazione ai fini della determinazione della
pena, trascurando altresì di considerare che Saitta Vincenzo ha comunque
garantito un’occupazione lavorativa per alcuni decenni ad alcune centinaia di
operai.
Ha presentato ricorso anche il codifensore Avv. Vito Felici che chiede
l’annullamento della sentenza per i seguenti ulteriori motivi:
2.2. violazione di legge processuale in relazione all’art. 179, comma 1, cod.
proc. peli., per avere la Corte omesso di rinviare l’udienza del processo d’appello
per impedimento del difensore di fiducia, nonostante l’inoltro di una tempestiva
istanza attestante l’impossibilità a comparire dell’Avv. Felici;
2.3.

intervenuta prescrizione del reato di cui al capo F), in quanto

contestato come commesso sino al 1998;
2

con altri in danno di dipendenti delle società al medesimo riferibili, costringendoli

2.4. violazione di legge in riferimento agli artt. 81 e 133 cod., pen, e 623 e
627 cod., proc. pen. in punto di determinazione della pena, per avere la Corte
mantenuto inalterata la pena base sebbene essa sia stata determinata dalla
Corte d’appello nella sentenza annullata dalla Cassazione in relazione al capo A),
per il quale è intervenuta la parziale declaratoria di estinzione per prescrizione,
mentre la Corte in sede di giudizio di rinvio ha commisurato la pena base in
relazione al reato sub capo F), meno grave di quello sub capo A).
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia “:27

ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in ordine a tutte le deduzioni mosse.
2. Inammissibile per manifesta infondatezza è l’eccezione in rito con la quale
il ricorrente ha eccepito la nullità della sentenza per omesso rinvio dell’udienza di
celebrazione del giudizio di rinvio d’appello per impedimento dell’Avv. Felici.

2.1. Giova premettere come, dalla lettura dei verbali di udienza – sia del
primo giudizio d’appello sfociato nella sentenza annullata parzialmente con rinvio
da questa Corte, sia del giudizio di rinvio che si è concluso con la sentenza
oggetto del presente giudizio d’impugnazione -, emerga un susseguirsi di
richieste di rinvio per legittimo impedimento per concomitante impegno
professionale presentate ora dal primo difensore di Saitta Avv. Impellizzeri
(segnatamente la prima udienza del 4 dicembre 2012 per coevo impegno
professionale), ora dal secondo difensore del medesimo Avv. Felici
(segnatamente le successive udienze del 10 gennaio 2013, del 21 marzo 2013 e
dell’Il luglio 2013, quest’ultima rinviata anche per l’astensione proclamata dalla
O.U.A.), nonché da dichiarazioni di entrambi i patrocinanti di adesione
all’astensione dalle udienze deliberata dalla O.U.A. (segnatamente la successiva
udienza del 12 dicembre 2013), rinvii che, per quanto sopra dato atto, hanno
determinato una significativa procrastinazione della celebrazione del processo.
All’udienza del 3 aprile 2013 – che qui viene in rilievo -, nonostante l’Avv.
Felici avesse effettivamente depositato formale richiesta di rinvio dell’udienza per
concomitante impegno professionale, la Corte ha rigettato la richiesta di rinvio,
evidenziando che Saitta è difeso da due legali e che uno solo di essi – l’Avv. Felici
– ha documentato l’impedimento per concomitante impegno professionale, ed ha
pertanto invitato le parti – in particolare, l’Avv. Impellizzeri “anche in sostituzione
dell’Avv. Felici” – a concludere.

3

rigettato. L’Avv. Vito Felici per Saitta Vincenzo ha insistito per l’accoglimento del

2.2. Tanto premesso, ineccepibile si appalesa la decisione con la quale la
Corte territoriale ha rigettato la richiesta di rinvio all’udienza del 3 aprile 2014.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, nessun provvedimento
di sospensione o di rinvio del dibattimento deve essere adottato dal giudice
allorquando l’imputato risulti assistito da due difensori ed uno solo di essi abbia
addotto un impedimento legittimo alla comparizione all’udienza, ciò anche
quando il legale non presentatosi in udienza sia sostituito con un difensore di
ufficio (Cass. Sez. 2, n. 10064 del 19/12/2012 – dep. 04/03/2013, Berlich, Rv.

Il principio è stato, di recente, ribadito anche dalle Sezioni Unite di questa
Corte, laddove hanno chiarito che l’impegno professionale del difensore in altro
procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta
impossibilità a comparire ai sensi dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., a
condizione che il difensore prospetti l’impedimento appena conosciuta la
contemporaneità dei diversi impegni, indichi specificamente le ragioni che
rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo e
rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro condifensore che possa
validamente difendere l’imputato, nonché l’impossibilità di avvalersi di un
sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende
partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (Cass. Sez. U 17/12/2014, n.
4909). Da che discende che nessun rinvio di udienza deve essere disposto
allorquando – come appunto nel caso di specie – l’imputato sia assistito da altro
condifensore che possa validamente difenderlo.
2.3. Alla stregua dei principi sopra delineati, del tutto correttamente la
Corte territoriale ha rigettato la richiesta di rinvio dell’udienza del 3 aprile,
avendo semmai errato nell’accordare il rinvio nelle precedenti occasioni nelle
quali il legittimo impedimento per concomitante impedimento professionale
riguardava uno solo dei due legali.
3. Palesemente destituiti di fondamento sono i motivi con i quali il ricorrente
contesta la correttezza del calcolo della pena base e degli aumenti per la
continuazione.
Nel procedere alla determinazione della pena a seguito di annullamento con
rinvio da parte di questa Corte, il giudice a quo ha mantenuto invariati i criteri di
calcolo salvo fissare la pena base (in anni sei di reclusione e 1800 euro di multa)
in relazione al reato di cui al capo F) e non più con riguardo al capo A), essendo
parte delle condotte lì contestate stata dichiarata prescritta e non potendo
pertanto detto reato più ritenersi il più grave fra quelli ascritti, compiendo una
valutazione del tutto congrua in quanto rispondente a logica e diritto e, pertanto,
non sindacabile in questa Sede. La Corte d’appello ha, quindi, ridotto di un terzo
4

254875) Sez. 6, n. 21344 del 03/04/2007, Novali e altri, Rv. 236875).

la pena in forza delle circostanze attenuanti generiche (ad anni quattro e 1200
euro di multa), come già nella prima sentenza cassata, ed ha proceduto agli
aumenti di pena per la continuazione negli stessi termini del primo giudice
d’appello; ha poi determinato in modo autonomo l’aumento ex art. 81 cpv cod.
pen. per il reato sub capo A) (per il quale v’era stata dichiarazione parziale di
estinzione per prescrizione), applicando la metà della pena detentiva irrogata per
gli aumenti in relazione agli altri episodi estorsivi (mesi uno anziché due mesi),
dunque in termini ancora una volta del tutto conformi a ragionevolezza ed

Nel caso in oggetto non v’è, d’altra parte, materia per l’invocata violazione
del principio del divieto di reformatio in peius. Come hanno di recente chiarito le
Sezioni Unite di questa Corte, non viola il divieto di reformatio in peius previsto
dall’art. 597 cod. proc. pen. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la
struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa
quella più grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per
uno dei fatti unificati dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore
rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena
complessivamente maggiore (Cass. Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014 – dep.
14/04/2014, C, Rv. 258653).
4. Infine, manifestamente infondata è anche l’argomentazione secondo la
quale il giudice d’appello avrebbe dovuto ulteriormente ridurre la pena irrogata al
Saitta in considerazione del fatto che egli aveva mantenuto inalterato il livello
occupazionale.
La determinazione della pena entro il minimo e il massimo edittale rientra
infatti tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è pertanto insindacabile
nella sede di legittimità allorchè sia sostenuta da una motivazione adeguata.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, la graduazione della pena
rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per
fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod.
pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione,
miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione
non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da
sufficiente motivazione (Cass. Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrario Rv.
259142).
5. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma a
favore della Cassa della Ammende, che si ritiene congruo fissare nella misura di
2000 euro.

5

incensurabili nella sede di legittimità.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000 in favore della Cassa delle

Così deciso in Roma il 4 marzo 2015

Il consigliere estensore

Il Presidente

Ammende.

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